«Aumento incontrollato della produzione e del commercio di bevande adulterate che venivano chiamate vino, mancanza di una definizione comune di vino che consentisse un contrasto unificato delle frodi, colpevolizzazione del vino durante il decennio del proibizionismo e mancanza di un organismo internazionale di confronto e di studio delle varie problematiche tecnico-scientifiche della filiera vitivinicola». Questi argomenti nel 1924 spinsero Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia a far nascere l’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (OIV).
Oggi OIV è una organizzazione intergovernativa a carattere tecnico-scientifico che comprende 50 Stati membri e rappresenta l’87% della produzione mondiale di vino e il 71% del consumo mondiale.
100 anni fa la fillossera spinse gli Stati a guardarsi negli occhi non per questioni economiche politiche bensì patologiche.
Non diverso da quello che è successo nel 2020 quando un altro nemico comune, il Covid19 ha fatto nuovamente sfoderare la volontà di unire conoscenze e strumenti.

Il 23 aprile all’Accademia dei Georgofili, l’OIV e Accademia Italiana della Vite e del Vino hanno ripercorso le tappe di 100 anni di attività dell’OIV, lanciando anche i dovuti moniti per continuare a parlare di vino nei prossimi 100.
All’indomani del 56° edizione di Vinitaly i temi del consumo e dei suoi trend non potevano mancare, affiancati da cambiamento climatico e sostenibilità già toccati nell’intervento del presidente OIV Luigi Moio nel 2023 sempre presso i Georgofili.
La cultura del vino
Sempre più spesso la parola ‘cultura’ e ‘vino’ abitano la stessa frase, promuovendo la ‘campagna elettorale’ di difesa di questo prodotto e in primis il comparto economico produttivo e l’indotto correlato. La presenza di diversi rappresentanti del Governo italiano, dalla premier Meloni al Ministro Lollobrigida al 56° Vinitaly, non è passata sotto silenzio, sigillando l’asset economico che il nettare di Bacco si è conquistato in Italia e non solo, e il suo potere di driver su altri settori come gastronomia e turismo, assi nella manica della nostra penisola.
L’altra parola che sempre più spesso affianca ‘vino’, è ‘giovani’, o meglio ‘giovani consumatori’. Eppure nella prestigiosa sala della secolare Accademia fiorentina l’età media era molto alta. Dove non ci sono giovani l’estinzione è dietro l’angolo, lo dice la biologia e la storia.
Perciò prima di condividere ulteriori spunti emersi dai dati OIV, accendiamo una luce in fondo al tunnel parlando di borse di studio. Si perchè OIV offre agli under 35 delle borse di studio per sviluppare la ricerca del settore (ad esempio su biodiversità, gestione sostenibile e adattamento al cambiamento climatico, nuovi materiali nella trasformazione e nell’imballaggio dell’uva e del vino, gestione integrale della catena del valore per migliorare la resilienza sistemica del settore vitivinicolo mondiale, consumo, nutrizione e salute).
L’opportunità non è rivolta solo ad enologi e agronomi e, udite udite, (o meglio vorrei che la signora Boralevi udisse…) par condicio per l’accesso, perché a livello intergovernativo questa è conditio sine qua non. Le donne nel mondo del vino a livello mondiale sono pari agli uomini. O perlomeno si sta ‘seminando’ affinché sia così.
Cliccando qui potrete consultare la sezione dedicata del sito OIV. Merito all’azienda italiana Masi che quest’anno entra tra coloro che sostengono il progetto.
Sulla grande assenza dei giovani si fanno le più disparate ipotesi: c’è chi crede che il vino smart abbia più opportunità (per comunicazione o packaging come ad esempio la lattina) ma negli scorsi mesi un centinaio di diciottenni, diplomandi in istituti turistici o alberghieri, di fronte a tale affermazione hanno smentito me e la collega Nadia Fondelli. La “smentita” è avvenuta durante alcune lezioni sul vino che stavamo facendo come Donne del Vino: semplicemente il vino non entra nei radar di interesse dei giovani. E una delle ragioni tra le più plausibili me l’ha “accesa” un piccolo commerciante fiorentino: i padri, le madri (Boralevi se ne faccia una ragione) non condividono il gesto della tavola e del calice di vino con i figli, pertanto non ne trasmettono valore, passione, desiderio di conoscerlo e degustarlo.

E se crediamo che sia una questione di alcool, ci sbagliamo.
Questo vale anche per il cibo: i giovani non sanno più riconoscere il cibo di qualità, con danni alla salute in primis, perché i genitori non cucinano e i figli non ereditano manualità, sensibilità e competenza. Lo dimostra il primo corso italiano di educazione alimentare destinato alle scuole superiori fiorentine, promosso dalla Città Metropolitana di Firenze e curato da EduAli.
Perché i consumi di vino sono rallentati
Diverse ipotesi si stanno avanzando da tempo: l’offerta ha superato la domanda, i prezzi sono saliti a causa dell’aumento delle materie prime e dei due conflitti in corso in Ucraina e Striscia di Gaza, il potere d’acquisto è diminuito (motivo contingente ai suddetti), i consumatori abituali stanno scomparendo, letteralmente, per età e vita che fanno il loro corso. L’allarmismo sulla concorrenza della produzione cinese è stata invece smentita dai dati OIV: il 90% delle uve cinesi sono da tavola.
L’Europa detiene il 48% dei consumi mondiali di vino (sono 199 i paesi che lo bevono in tutto il mondo). Nel 2023 il consumo globale si è ridotto del 2,6% rispetto al 2022 (221 milioni di hl nel 2023). Eppure il 45% del vino bevuto nel mondo è importato, conferma della sua anima globalizzata. Interessante affiancare il dato della produzione dello stesso periodo: 237 milioni di hl nel 2023. Più di quello consumato.
Tornando al mancato passaggio generazionale dei consumi, la nostra analisi si accoda a un dato fornito da OIV durante il convegno: la ‘trasformazione’ delle famiglie produttrici. Ma questo dato credo sia il più scomodo di tutti: nessuna multinazionale o industria può creare una famiglia tradizionalmente produttrice di vino.

L’uva del futuro
L’OIV è stata chiara, prima di parlare di vino è necessario parlare di uva: questa deve essere piantata dove il territorio è vocato, diversamente i pesticidi sono indispensabili per fronteggiare il moltiplicarsi delle variabili patologiche e climatiche; valorizzare le uve autoctone in virtù della loro resistenza a clima e patologie; inoltre tutta la filiera deve essere sostenibile, packaging incluso (nelle borse di studio OIV ce n’è una dedicata al tema).
Inutile ignorare che i consumi sono cambiati: l’OIV ha lanciato anche la proposta di convertire la coltivazione di uva da vino in uva di tavola (se il territorio lo consente).
Non è allarmismo, è lettura dei dati: una ricerca pubblicata sulla rivista Nature rileva che il 50-70% delle zone che oggi producono vino, rischiano di diventare non idonee, e spostare i vitigni in alto non è risolutivo, anche se OIV sta facendo ricerche anche in questo senso come ha spiegato Enrico Battiston, capo Unità Viticoltura di OIV, che ha dichiarato: «Più di 20 fa, l’OIV avviò un percorso di riflessione che ha portato all’elaborazione di diverse risoluzioni, a partire dalla definizione di sostenibilità fino all’analisi degli aspetti ambientali, sociali, economici e culturali associati ai principi generali della sostenibilità […] un percorso normativo e di armonizzazione realizzato anche grazie alla creazione di un gruppo di esperti dedicato, il gruppo Clima poi divenuto Enviro ed infine Sustain». Gruppo che sta valutando 3 bozze di risoluzione: sulla definizione della viticoltura di montagna e in forte pendenza, la definizione dei principi dell’agroecologia e la più complessa definizione di resilienza per il settore vitivinicolo.
In questo quadro analitico gravoso, la bottiglia celebrativa non poteva mancare, anche lei con una storia importante quanto il suo ‘committente’: un Pinot Nero coltivato accanto alla vigna dove Louis Pasteur applicò le sue ricerche. Questa insieme a bicchiere e spilla celebrativa OIV sono state consegnate dal presidente Moio al Presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino Rosario Di Lorenzo, al Presidente dell’Accademia dei Georgofili Massimo Vincenzini e al Presidente di Masi Sandro Boscaini, in qualità di Accademico di AIVV e sostenitore del programma di borse di studio per la formazione dei giovani professionisti del settore.
Riassumendo, nei prossimi 99 anni e 8 mesi del mondo del vino le parole chiave saranno agroecologia, sostenibilità della filiera, cultura, tradizione e resilienza.