Teroldego e Marzemino trentino: certezze e “roulette russa”3 min read

Con i primi freschi  abbiamo ripreso in mano la “pratica Trentino”, dove erano rimasti in sospeso i due vitigni a bacca rossa autoctoni per antonomasia: Marzemino e Teroldego. Una cinquantina di campioni (trenta per il Teroldego, una ventina per il Marzemino) che non rappresentano certo l’intera produzione trentina (specie per il Marzemino) ma che sono  comunque numericamente un bel passo in avanti rispetto allo scorso anno.

E rispetto allo scorso anno, per quanto riguarda il Teroldego,  le cose sono cambiate ben poco. Abbiamo avuto la conferma che quest’uva risulta adatta sia per vini giovani e profumati che per prodotti importanti e da invecchiamento. Nel primo caso la notevole resa per ettaro consentita dal disciplinare (170 q.li) permette comunque di ottenere  vini con discrete caratteristiche varietali e con una struttura adeguata alla tipologia, senza considerare che all’interno di questa categoria esistono vere e proprie chicche di piacevolezza che non disdegnano qualche anno di invecchiamento. “Stranamente” sono vini che non vedono legno.

Dico questo perché l’interpretazione data da alcuni del Teroldego da invecchiamento rischia di portare verso un Teroldegone più che verso un grande Teroldego. Lasciamo da parte i legni, in alcuni casi veramente eccessivi (in un momento poi in cui un ridimensionamento nell’uso di botti o barriques è quasi generalizzato) per parlare di rischi più grossi, come la perdita delle caratteristiche varietali e dell’eleganza che hanno sempre contraddistinto le migliori espressioni di questo vitigno. I profumi ed tannini del Teroldego, se non si lavora con grande cautela rischiano di essere sopraffatti dalla voglia di concentrazione  e dal legno, ottenendo così vinoni di scarso appeal adesso e con molti punti interrogativi sulla tenuta futura.

Questo non deve però farci perdere di vista il buon risultato medio complessivo della denominazione, in cui inserisco di diritto anche i Teroldego prodotti fuori dalla Piana Rotaliana. Se solo 6 vini su 30 sono rimasti sotto alle due stelle vuol dire che oramai sia il Teroldego Rotaliano sia i cugini IGT sono una certezza di qualità. Da vecchio estimatore del vitigno non posso che essere felice di ciò, come sarei stato felice se i risultati dei Marzemino fossero stati equivalenti a quelli del Teroldego.

Anche se abbiamo trovato diversi vini piacevoli, immediati ed anche con corpo adeguato, purtroppo sono mancati i picchi. C’è da dire che il Marzemino, dal punto di vista aromatico, è una vera roulette russa. Può cambiare velocemente caratteristiche ed avere delle riduzioni difficili da togliere, specie in bottiglia. Questo è successo con alcuni vini, mentre ad altri sembrava mancasse un qualcosa per esprimersi al meglio; e sto parlando sia di “base” sia di Superiori.  Pensavamo che assaggiando dopo l’estate questi problemi si sarebbero azzerati ma purtroppo ce li siamo ritrovati davanti. Ripeto che, mediamente, i risultati non sono stati male (più della metà dei vini sopra le due stelle) ma ci aspettavamo qualcosa di più, anche se l’annata 2009 non è certo stata eccellente.

Però, da innamorato del Marzemino non voglio chiudere con note negative ma con una verità che è anche un augurio. Quando ti capita di assaggiare un bel Marzemino ti rendi conto del significato della parola piacevolezza.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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