Sagrantino 2006 e Montefalco Rosso2007: la potenza è nulla senza controllo?3 min read

Durante l’assaggio fatto al consorzio di Tutela che ci ha visto testare soprattutto Montefalco Sagrantino 2006 (ma anche alcuni 2005 e 2004) e Montefalco Rosso 2007 (con l’aggiunta di qualche 2006, anche Riserva) ad un certo punto mi è venuta in mente la vecchia pubblicità della Pirelli che  recitava “La potenza è nulla senza controllo”. Questo sembra un po’ il motto dei Sagrantino 2006 e forse in generale la linea di sviluppo che questo vino sta seguendo. Infatti sono quasi scomparsi i Sagrantino dotati di tannini selvaggi che, rafforzati da dosi di alcol non indifferenti, rischiavano (eufemismo) di sfoderarti il palato. Sia i 2006 assaggiati sia i 2005 hanno mostrato invece una vera e propria “rotondizzazione” in atto. 

Devo però ancora capire bene se questo cambiamento comporti più vantaggi o svantaggi. Da una parte il Sagrantino diverrà sicuramente un vino sempre più “ben fatto” e piacevole alla stragrande maggioranza dei palati, dall’altra però (nonostante un migliorato uso del legno) rischia di perdere alcuni caratteri di riconoscibilità e quindi di smarrirsi nel mare magno  dei vini rossi importanti che il mondo produce. Dico mondo non a caso: i dati  forniteci dal Consorzio di Tutela parlano di incrementi vitati  che dal 2000 al 2005 sono stati nell’ordine di quasi il 400% (dai 122 he. di Sagrantino del 2000 siamo arrivati ai 552 del 2005). Lo stesso dicasi per le bottiglie prodotte che dalle 666.267 del 2002 sono arrivate con la vendemmia 2006 a 2.588.025 (con, per la verità, una lieve diminuzione nelle previsioni 2007-2008). Con questi numeri, a cui si aggiungono quelli del Montefalco Rosso, che portano sul mercato altri 2 milioni e mezzo di bottiglie,  il mercato per i vini di Montefalco non può non essere che l’universo mondo.

Cosa succederà? Non siamo dotati di sfera di cristallo per prevederlo ma, vista la congiuntura internazionale, forse un vino più riconoscibile e ricordabile (ovviamente in positivo) ha maggiori possibilità di cavalcare il mercato. Comunque è lo stesso aumento delle superfici vitate che porta con se un problema di identità. Un vino importante, di grande potenza, che da il meglio di se dopo alcuni (o diversi) anni di invecchiamento, avrà le stesse caratteristiche future anche se frutto di vigne giovani e con l’ingresso sul mercato di molte (giovani anch’esse) aziende? Tutte domande che è giusto porsi e che crediamo si stiano ponendo per primi i produttori di questa piccola DOCG umbra.

Ma veniamo ai vini assaggiati che hanno mostrato sicuramente un miglioramento generale e oseremmo dire “generazionale” dal punto di vista della tecnica enologica. Questo dato di fatto si accompagna anche ad un migliorato uso del legno (piccolo o grande) portando la media della degustazione a livelli piuttosto elevati (2.56 stelle). Inoltre ci è sembrato che l’annata 2006 a Montefalco sia stata più equilibrata rispetto ad altre zone, prova ne sia la quasi assenza di quel ”vuoto a centro bocca” riscontrato in tanti altri vini della stessa annata. Fino a qui arrivano i pregi. Sul lato difetti non possiamo che tornare a bomba sulla  “china internazionalista” che il Sagrantino sta prendendo. Maggiore rotondità va pure bene ma in alcuni casi si rischia veramente di snaturare il vitigno. Per assurdo sembravano più tannici alcuni Montefalco Rosso Riserva assaggiati!

Visto che abbiamo citato l’altra denominazione in rosso del territorio prendiamo la palla al balzo: ci sembra che il Montefalco Rosso stia prendendo la giusta strada. Finalmente non ci si vergogna di produrre “semplicemente”  vini profumati e piacevoli. Il corpo è comunque garantito ma la rotondità e l’armonia non erano fino ad ora nelle corde di questo vino. Ne prendiamo atto con piacere sperando che tutto il “rotondismo imperante” si sfoghi sul Montefalco Rosso, lasciando incolume il Sagrantino.

Se “la potenza è nulla senza controllo” il troppo controllo rischia di soffocare la potenza e, alla fine dei salmi, farti andare a 50 all’ora con la Ferrari. Cui prodest??

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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