Morellino di Scansano: diversità e belle sorprese.4 min read

Trovare la nebbia a Scansano, in piena Maremma, non è certo usuale. Così domando in giro quante volte succede in un anno e mi sento dire che quella non è nebbia ma “Aerosol naturale”. Deriva dalla particolare posizione del paese, arroccato su una specie di scoglio  e circondato da piccoli fiumi che, qualche volta durante l’anno, “dispensano” questo mega-aerosol gratuito. Me lo spiega una gentile signora in maniera abbastanza ironica ed autoironica, salvo pregarmi di non contraddire e di prendere la cosa sul serio se a spiegarmela fossero alcuni anziani del paese. Questi infatti credono fortemente nel loro aerosol naturale e sono pronti anche a venire alle mani una volta contraddetti.
Questo per darvi un’idea sul carattere dei maremmani…..buoni e cari ma attento a prenderli per il verso giusto. Devo dire però che nel mio giro in Maremma e durante gli assaggi che ho fatto grazie alla  Strada del Vino e dei Sapori di Maremma  ho trovato persone gentili ed affabili, a cui mi sono però ben guardato di chiedere notizie sull’aerosol di Scansano….
A parte gli scherzi: il resoconto degli assaggi lo troverete nella sezione Degustazioni tra qualche giorno, mentre queste righe vogliono essere di riflessione per una terra (la Maremma) ed un vino (Il Morellino di Scansano) che continua a sorprendermi. In primo luogo per l’assoluta diversità del territorio: dirlo così sembra scontato ma state attenti. In due giorni, per visitare 5 aziende ho fatto più di 250 chilometri! Delle cantine distano più di un’ora d’auto l’una dall’altra e durante questo peregrinare il panorama ed i suoli cambiano continuamente: dall’argilla si passa alla sabbia, al limo, alle scisti. Si va da terreni dove l’acqua è un miraggio a suoli quasi irrigui, dove c’è gente che vende acqua dei propri pozzi. Ho conosciuto giovani produttori che stanno piantando Pinot Nero ad oltre 500 metri di altezza ed ho passeggiato in vigneti a meno di 100 metri s.l.m. da dove si vedono quasi le cabine sulla spiaggia. In un territorio così vasto e diverso avere una tipologia ben riconoscibile di vino è difficilissimo, se poi ci mettiamo anche il fatto che si può ricorrere ad un 15% dei soliti internazionali per “supportare” il Sangiovese, la faccenda non migliora di certo. Non per niente i Morellino assaggiati sono molto diversi l’uno dall’altro: senza scomodare le tipologie di “moderno” e “tradizionale”, sono diversi e basta. Oramai quelli ruvidi e sgraziati non esistono quasi più perché l’enologia è arrivata in forza anche qui. Fior di cantine sono nate negli ultimi dieci anni e al gotha dell’enologia non costa più fatica fare chilometri per venir in zona. Ma non penso che queste diversità, se il Consorzio e gli organi preposti vigileranno attentamente, saranno un problema nel futuro. Si tratta solo di farle conoscere ed apprezzare, in una parola “somatizzarle positivamente”. 
Grandi e logiche diversità quindi, nel momento in cui i produttori non sembrano scaldarsi molto per l’arrivo della DOCG, che dovrà quantomeno sancire una certa omogeneità d’ immagine. Questa poca voglia di DOCG forse nasce dal non riuscire ancora a vedere bene a cosa potrà servire, dato che comunque il vino viene venduto quasi tutto senza problemi, anche se alcuni imbottigliatori rampanti fanno un gioco al ribasso che porta, con un prezzo medio franco cantina  fra 5 e 6€, a far uscire bottiglie a meno di 1.50€  f.c.
Ma la vera sorpresa di questa visita e degli assaggi sono stati i giovani produttori. Giovani sia d’età che di “presenza” sul mercato. Hanno idee chiare, non sono appesantiti da tradizioni da rispettare ma hanno rispetto per la tradizione, hanno coraggio, voglia di lavorare, passione. Hanno investito in vigna ed in cantina con oculatezza ed i risultati si cominciano a vedere. Per ora siamo a poche migliaia di bottiglie prodotte ma tra 2-3 anni si sentirà parlare di questa “nouvelle vague” maremmana dove, sono sicuro, spiccheranno nomi come Celestina Fè, Roccapesta e Poggio Assiolo.
In conclusione una denominazione in pieno fermento, da cui mi aspetto ottime (e diverse) cose.

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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