Lambrusco 2012: quando il gioco si fa duro…3 min read

L’ appuntamento annuale presso l’Enoteca Regionale di Dozza (che ringraziamo) per la degustazione della nuova annata di Lambrusco è partito con un dato abbastanza sconfortante. Dai 98 campioni dello scorso anno siamo passati ai 64 di quest’anno e la cosa non ci ha certo fatto piacere. Mettiamo che lo scorso anno ci fosse stato il boom dopo un primo anno “di prova”ma ritrovarsi con un terzo di campioni in meno non ti fa certo venire molta voglia di continuare ad assaggiare  lambrusco.

Detto questo concentriamoci sui vini e su una vendemmia che certamente non ha voluto bene ai produttori. Non voglio rischiare di essere frainteso ma questo dato potrebbe essere visto quasi come una fortuna. Mi spiego: da molte parti si continua a pensare che il lambrusco sia comunque un vino “di cantina”, dove la tecnonologia riesce sempre a sopperire ad una eventuale scarsa qualità delle uve.

La vendemmia 2012, con il suo caldo tremendo, è la dimostrazione lampante di quanto sia falsa questa idea: infatti solo in pochissimi casi abbiamo trovato la struttura, l’equilibrio, la freschezza di altri anni. Inoltre la mancanza di acidità è stata in diversi casi risolta con dosi di acido tartarico che purtroppo non si può non sentire.

Ma un vecchio detto recita “quando il gioco si fa duro i duri entrano in gioco” e proprio in un annata difficile come questa abbiamo toccato con mano quanto il lambrusco non sia (in parte) più quel vino “facile” che molti continuano ad immaginare, ma si sia di fronte ad un prodotto che, seguendo l’andamento della stagione, riesce comunque a mettere sul mercato buoni prodotti.

Anche se abbiamo trovato profumi di frutta meno intensi, bocche meno strutturate, eleganze ancora da sistemare, ci siamo resi conto quest’anno come non mai  che il mondo del lambrusco di qualità sta crescendo e pure dove si trovano prezzi veramente bassi (attorno ai 4 euro in negozio) c’è possibilità di bere un lambrusco onesto e ben fatto.

Ma scendiamo un po’ nei particolari. Anche se i campioni arrivati erano veramente pochi i Lambrusco di Sorbara , con la loro sapida finezza, hanno come sempre giocato un ruolo top nell’assaggio. L’unico 4 stelle ed uno dei tre che ne hanno raggiunte 3.5 provengono infatti da questa denominazione; senza scordarci che anche altri vini hanno ottenuto buoni punteggi (3 stelle) posizionando i Sorbara al solito livello di eccellenza che mi piacerebbe veder premiato dal mercato.

Mediamente non sono andati male i Grasparossa, forse i più penalizzati dall’annata ma anche quelli che hanno mostrato capacità di adattamento di ottimo livello. Mentre un passo avanti, specie in pulizia ed eleganza l’anno fatto i lambrusco della zona di Mantova che, pur mostrando la solita lieve carenza in struttura, si sono mostrati più piacevoli e immediati.

Tra Modena e Reggiano troviamo la conferma che più che la denominazione vale il marchio: infatti le aziende di livello, pur abbassando leggermente i picchi, sono riusciti a dare un’interpretazione valida della vendemmia.

E validi, o almeno migliorati, mi sono sembrati il gruppo dei “non secchi”, con alcuni campioni di buon livello e, stranezza delle stranezze, addirittura meno dolci di tanti denominati “secchi”….ma l’analisi degli zuccheri non dovrebbe essere obbligatoria per stabilire la tipologia???

Chiudo con il dato con cui di solito inizio, la media stelle. Quest’anno, nonostante l’annata molto difficile e forse grazie anche alla diminuzione dei vini (che porta sempre ad una lieve “concentrazione” del punteggio), siamo arrivati a 2.51, la più alta di sempre. Come dicevamo, quando il gioco si fa duro….

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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