Negramaro: un rosso che cambia2 min read

Decenni di storia di vini stilisticamente ossidati e con aromi “cavallereschi” hanno creato preconcetti su un vitigno ostico, difficile da coltivare, difficile da gestire in cantina e difficile da interpretare: un passato da vino da taglio con poche bottiglie prodotte, molto spesso in condizioni igieniche non ottimali hanno inciso sulla memoria collettiva.

Probabilmente il negroamaro è ancora alla ricerca di una identità specifica, ancora alla scoperta delle capacità e dei  limiti evolutivi: il panorama, ampio e diversificato, offre tanta varietà  ma non una linea guida, un punto di riferimento preciso dopo decenni di certezze interpretative purtroppo non sempre favorevoli.

Comunque a livello qualitativo sono diversi anni che il negroamaro è in controtendenza. Più aziende e  miglior qualità viticola ed enologica, consentono di avere in degustazione un ampio numero di etichette di ottimo livello. Un guadagno tecnologico enorme che forse impoverisce il trasporto emozionale che le migliori interpretazioni del passato erano in grado di offrire. Le degustazioni di quest’anno infatti confermano questa nuova tendenza sebbene rimangono presenti le tre anime di questo vitigno: un maggior numero di vini ben fatti, moderni, apprezzabilissimi ma senza punte di straordinaria eccellenza, un numero limitato di etichette old fashion ma corrette, di cui alcune più coinvolgenti, appassionanti per ricchezza ed emozioni e, deo gratias, poche con ancora i vecchi retaggi stilistici dominanti.

Fortunatamente i legni, che nel recente passato si ergevano a protagonisti, ora ricoprono ruoli comprimari a vantaggio delle espressioni vinose nella maggior parte dei vini.

La lettura dei risultati fa emergere una prevalente affidabilità dei negroamaro della Doc  Salice Salentino che, nelle diverse tipologie, ha dato delle risposte convincenti. Un territorio naturalmente vocato, un negroamaro più elegante e ricco. Rilevante è l’assoluta apprezzabilità di vini con una breve maturazione che, nella espressione più fresca e giovanile, si rendono accattivanti e di facile beva.

Chiudo con una speranza: mi piacerebbe, in linea generale, ritornare a vedere il bel colore del negroamaro, mai così intenso come spesso si manifesta, specie per le annate più vetuste che sfoggiano delle vesti dai colori molto intensi. Mi piacerebbe ritrovare quel coinvolgimento emotivo che i grandi vini del passato, anche recente, non hanno saputo riproporre, in questa degustazione, al livello più elevato.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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