Dai nostri assaggi viene chiaramente fuori che il Primitivo, il vitigno più conosciuto della Puglia mostra contemporaneamente(come ormai da alcuni anni) entrambe le facce della stessa medaglia. Da una parte una produzione che continua imperterrita ad interpretate questo vino spingendo, alcune volte esasperando,le caratteristiche peculiare del vitigno quali la rotondità (espressa attraversa la naturale dolcezza del frutto ed elevato tasso alcolico) con esecuzioni decisamente retrò. Dall’altra aziende che interpretano il vitigno in chiave più moderna, usando alcune volte la barrique come mezzo taumaturgico, ma comunque sempre molto attente alla maturazione delle uve e a processi di vinificazione che puntano ad una definizione ed ad una pulizia esecutiva senza per questo tradire lo spirito originario del vitigno.
La diversità dei terreni delle zone viticole (sabbia, terre rosse e terre nere) potrebbe in futuro giocare un ruolo decisivo per una definizione più puntuale ed originale del vitigno. Esempi già ce ne sono, si tratta di perseguire una strada meno facile e banale ma sicuramente strategicamente più soddisfacente.
Questo vale soprattutto per il Primitivo di Manduria, mentre per quello di Gioia del Colle, ormai uscito definitivamente dal ruolo di “outsider” la situazione è un po’ diversa. Le più elevate quote (350-500 m) in cui si svolge la coltivazione prevalentemente a controspalliera, danno vini meno opulenti, meno masticabili, con note floreali che vanno ad aggiungersi a quelle tipiche del vitigno e con sensazioni minerali e sapide che ne completano un quadro di gradevole complessità. Tutte rose e fiori quindi? Anche qui come è già avvenuto per il territorio di Manduria, il successo commerciale ottenuto da alcuni , ha sicuramente messo in moto un meccanismo di emulazione e di espansione non sempre con risultati positivi. Una espansione che fortunatamente trova un limite nella ridotta superficie della DOC che non supera i 250 ettari, anche se questo non può ovviamente impedire di aggirare l’ostacolo attraverso il ricorso alle IGT.
Per il Primitivo nel suo complesso il quadro è ancora in evoluzione ma con segni di netto miglioramento rispetto a qualche anno fa: questo vale anche per i Primitivi del Salento per i quali va fatto un discorso a parte. Le terre rosse salentine conferiscono al primitivo una particolare finezza dovuta ad un buon equilibrio acido ed anche ad una minore esuberanza alcolica. Sovente usato come migliorativo nelle IGT, quando è spalla del Negroamaro apporta carnosità, dolcezza ed intensità di colore, creando blend di assoluta piacevolezza.
Abbiamo lasciato fuori dalle nostre degustazioni la tipologia dei Primitivi di Manduria dolci naturali che ha superato tutte le fasi burocratiche per l’ottenimento della DOCG e che prenderemo in esame appena il suo iter si concluderà e dispiegherà i suoi effetti a partire dalle prossime vendemmie. Continuiamo però a non capire perché la richiesta della DOCG non sia stata estesa alla tipologia “normale” e nonostante i nostri solleciti l’interrogativo resta al momento ancora senza risposta.