Anteprima Brunello 2010: un’annata dallo stile antico3 min read

Di solito quando trovi un cartello con su scritto “lavori in corso” ti aspetti come minimo dei disagi e invece  nel bellissimo complesso di Sant’Agostino, location scelta ormai da tempo per il Benvenuto Brunello, pur essendoci lavori di ampliamento e restauro, anno dopo anno la possibilità di degustare migliora e gli spazi a disposizione aumentano.

 

In questi spazi e in particolare nel chiostro abbiamo potuto assaggiare la tanto decantata annata 2010 del Brunello di Montalcino.

 

Quasi 140 etichette (personalmente mi sono fermato ad una settantina) per avere un quadro più che esauriente su una vendemmia che sulla carta si presenta con le carte in regola per miracol mostrare.

 

Al termine degli assaggi e dopo averne parlato con diversi colleghi (di Winesurf e di altre testate) devo purtroppo dire che, pur essendo di fronte ad una buona annata, non siamo certamente di fronte ad una grande vendemmia e, tanto per fare un esempio, la 2006 (a cui era stata paragonata) le è superiore non di poco.

 

Ma scendiamo nel dettaglio: si sapeva  di essere di fronte ad un’annata fresca ed in effetti questa caratteristica la riscontriamo subito in due caratteristiche primarie dei vini: un’acidità sempre viva e dei tannini pungenti e non proprio maturi. Rispetto al 2009 c’è sicuramente più polpa e concretezza tannica ma quest’ultima non è quasi mai dolce e armonica.

Intendiamoci: il sangiovese è un vitigno che deve mostrare in giovinezza una certa rusticità ed è quindi con gioia che accetto tantissimi vini chiaramente marcati da questa grande uva, però devo anche constatare come questi tannini non abbiano né l’ampiezza, né il calore, né la potenza di un 2006.

Quindi oggi, al momento dell’uscita in commercio, una bella fetta di vini mostrano un discreto disequilibrio tra una tannicità potente ma non matura e un’acidità che vuole dire (giustamente) la sua, mentre sul fronte aromatico continuiamo a constatare una diminuzione dell’uso invasivo del legno piccolo,  anche se alcune cantine stanno pagando l’azzardo di aver cambiato il parco botti tutto assieme.

La fanno comunque quasi da padrone note balsamiche con innesti di frutto rosso, il tutto con una buona intensità aromatica che il tempo non potrà che migliorare.

 

Mano a mano che andavo avanti nella degustazione mi sembrava invece di andare indietro nel tempo. Infatti tutte queste caratteristiche, unite ad una tonalità di colore sempre più sul rubino brillante ma non intenso e magari  con unghia leggermente aranciata, mi facevano venire in mente alcune annate degli anni ottanta e inizio novanta. Questo mi ha portato a definire la 2010 come  un’annata all’antica, quando ancora non si era passati attraverso le moderne forche caudine del voler a tutti i costi arrotondare, ispessire, dare tonalità di colore molto scure. Se dovessi fare dei nomi (pardon dei numeri) la paragonerei al  1987 o, ancora meglio,  al 1991 o  al 1994.

 

Annata comunque di buon livello , che avrà bisogno di più tempo del normale per “sedare” questo naturale contrapposizione acido-tannica e sarà ben godibile almeno tra 6-8 anni. Da questo deriva anche un notevole pregio, la possibilità, secondo me, che le migliori etichette possano invecchiare benissimo per periodi di tempo indefinito, raggiungendo un’eleganza degna dei migliori sangiovese di Montalcino.

 

Veniamo ai voti all’annata, che dovranno comunque essere confermati dagli assaggi che tradizionalmente faremo dopo l’estate. Per adesso crediamo si possa dare un 7.5 per potenza e concentrazione, 7 per complessità aromatica, 6.5 per attuale eleganza e 8.5 per possibilità di invecchiamento.

 

Due parole in chiusura sul Rosso di Montalcino 2013 di cui abbiamo assaggiato qualche campione (una ventina) giusto per fare un confronto con i cugini della stessa annata in Chianti Classico. Li ho trovati più giocati sul frutto e l’immediatezza, con un corpo leggermente superiore ma meno complessi e freschi dei cugini chiantigiani. A settembre saremo più precisi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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