Verdicchio 2013: buoni adesso e meglio dopo!5 min read

Certe volte il successo lo si misura anche dalle piccole cose. Per la prima volta quest’anno  ben tre collaboratori di Winesurf hanno chiesto di venire con me a Jesi ad assaggiare  Verdicchio. In passato era tanto se riuscivo ad trovare un redattore disposto a “sacrificarsi”.

 

Sarà stato il titolo di vino bianco più premiato d’Italia conquistato lo scorso anno  , sarà stato che a forza di predicare pro-Verdicchio qualcosa si è mosso, fatto sta che L’Istituto  Marchigiano di Tutela vini quest’anno con noi ha fatto gli straordinari, ospitando ed organizzando l’assaggio per ben quattro persone. Un grazie sentito a loro che, assieme naturalmente ai produttori,  stanno cominciando a raccogliere i frutti di tutto quello che è stato seminato negli ultimi 10-15 anni.

 

Per fortuna il successo non ha dato alla testa a nessuno, prova ne siano i tantissimi vini che nella scheda di degustazione portano il simbolo di buon rapporto qualità-prezzo. Il Verdicchio è però da anni l’emblema dell’ottimo vino bianco che costa poco e quindi sembra che niente di nuovo ci sia sotto il sole tranne il non trascurabile fatto che finalmente la cosa sembra diventata di dominio pubblico.

 

E nel 2013 cosa è successo? L’annata fresca, di tarda maturazione e spesso anche difficile per andamento climatico (peronospora a maggio-giugno, piogge nel periodo di vendemmia) quali problemi ha creato al “bianco più premiato d’Italia”? Prima di addentrarci nei vini una premessa: quest’anno i nostri assaggi sono stati anticipati almeno di un mese:  per un vino come il Verdicchio, che ha bisogno di tempo per digerire l’imbottigliamento ed esprimere i  suoi fini profumi, è handicap non da poco.

 

Detto questo partiamo dai Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico, il vino base che più base non si può, visto che in enoteca costa da 5 a 8-9 euro. In generale sono più esili delle ultime due annate ma hanno sicuramente un’acidità, un nerbo che gli permetterà di durare molto più a lungo. Capisco che ad un vino che costa 6-7 euro non si deve chiedere di durare nel tempo, ma una vendemmia come la 2013 ha bisogno di più tempo per esprimersi. Nonostante questo quasi il 77% dei vini degustati ha ottenuto un punteggio di almeno 2.5 stelle, che pone di diritto la tipologia al top di quello che potremmo chiamare il “vino quotidiano”.

 

Se non avessi paura di sminuirli metterei anche i Classico Superiore in quest’ultima categoria. Del resto sono vini che si vendono in un range dagli 8-9 ai 15-16 euro e quindi potrebbero anche starci. Ma la loro qualità  è talmente alta che mi sembrerebbe di sminuirli agli occhi dei tanti bianchi italiani di alto livello. Del resto non solo la percentuale di vini con almeno 2.5 stelle sale all’86% (siamo a medie quasi “bulgare”) ma sia le 4 che le 3.5 stelle sono molte e solo la nostra proverbiale tirchieria ci ha frenato un po’.  I Superiori 2013 sono l’esatta traslazione dei Classico ma  almeno 2 gradini più in alto. L’annata 2013 ha un po’ cambiato faccia a questi vini: sono un po’ meno piacioni e ampi, più austeri, senza però perdere le grandi caratteristiche di base. A proposito….noto con piacere che la moda di “Neozelandizzare” il verdicchio si è pacata, o almeno quel sistema di vinificazione viene usato con più grano salis.

 

Viste le caratteristiche generali dei superiori varrà veramente la pena di tenerli in cantina per almeno un anno prima di berli. Sapidità e acidità (mai esagerata ma sempre ben presente) permetteranno ai verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore di durare nel tempo….. se qualcuno non è d’accordo siamo pronti a riparlarne tra 7-8 anni. Questo non vuol dire che non possano essere bevuti adesso! La generale freschezza permette di goderseli anche da giovani, ma il nostro consiglio è quello di aspettare almeno la fine dell’estate o sei mesi dall’imbottigliamento.

 

 

Da tempo non avevamo così tanti Verdicchio di Matelica nei nostri assaggi e, pur trovandoli di ottimo livello siamo rimasti un po’ spiazzati perché molti 2013 sono più cicciuti e strutturati dei cugini di Jesi. Normalmente era il contrario, con i Matelica che spiccavano per finezza e austera acidità. Un solo assaggio non può bastare per dare un giudizio definitivo ma ci sembra che le differenze tra le due zone  stiano diminuendo, in particolare che il Verdicchio di Matelica si stia avvicinando tipologicamente (troppo??) al Verdicchio dei Castelli di Jesi. Ne riparleremo, intanto dobbiamo solo constatare un’alta qualità media  anche in questi vini.

 

Chiudiamo con i Castelli di Jesi Verdicchio Riserva, che grazie alla DOCG hanno messo il nome del territorio davanti a quello del vitigno. Non ci sembra una mossa rivoluzionaria ma staremo a vedere. Intanto dobbiamo constatare che le grandi potenzialità di invecchiamento del Verdicchio perdonano molto (ma non tutto!), anche un uso piuttosto grossolano del legno.  Ma chi il legno lo sa usare o non lo usa per niente ci ha proposto vini di assoluto valore mondiale, che non sfigurerebbero accanto a blasonatissime denominazioni estere. Anche qui la media  è alta, anche se le annate prese in considerazioni non sono state certo facili, come la 2012 e la 2011. Grassezza e concentrazione spiccano, ma l’acidità riesce sempre a venire fuori, caratterizzando e garantendo il futuro di molti di questi vini.

 

Due parole sulle poche bollicine di verdicchio assaggiate, che troverete tra Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico: le solite conferme sui metodo classico, ma purtroppo la sensazione che usando il metodo charmat la “sana rusticità” del vitigno porti a vini di scarsa finezza e complessità.

 

Che dire alla fine? Da grandi appassionati di Verdicchio, sia di Jesi che di Matelica, non possiamo che essere felici per questi risultati e soprattutto per come il territorio sembra reagire (con compostezza contadina ci verrebbe da dire) ad un successo che mai è stato più meritato.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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