Vernaccia di San Gimignano 2013: ha fatto 13!3 min read

Oramai sembra accertato che la vendemmia 2013 sia di alto livello per i bianchi. Dai nostri primi assaggi (Orvieto già pubblicato e Verdicchio, Friuli, Prosecco che pubblicheremo tra poco) questo dato spicca piuttosto chiaro. Se l’azienda non ha avuto problemi in un annata comunque piovosa e difficile in più momenti, i vini finali hanno approfittato dell’annata fresca e della tarda maturazione per esprimersi con acidità netta e vivace e spesso  con sapidità e corpi di livello più che ragguardevole.

 

La Vernaccia di San Gimignano non fa eccezione a questo bel trend, presentandosi con forse il miglior risultato da quando assaggiamo questi vini.

 

Prima di parlare di come è stata l’annata voglio tornare su un tema a me caro e cioè il solco qualitativo che si sta creando tra la Vernaccia d’annata con le varie selezioni (di solito della stessa vendemmia ma non è sempre detto) e la Riserva. Solco qualitativo ad esclusivo vantaggio dei vini base, che continuano in una crescita costante anno dopo anno.

Crescita dovuta credo in buona parte ad un miglioramento del lavoro in vigna e che porta sempre più a vini base, profumati, puliti e spesso di buona struttura ed a selezioni ampie e gradevoli, che hanno bisogno di tempo per dare il loro meglio.

Quando poi l’annata regala freschezza e generale “croccantezza” il divario tra questi e la Riserva risulta ancora più marcato. Quest’ultima infatti è quasi sempre punteggiata da un uso del legno coprente e comunque non perfetto, e da strutture buone  non certo esaltanti per la tipologia.  Se ci mettiamo anche il fatto che i prezzi  dei vini base e di molte selezioni sono molto spesso estremamente convenienti, non si riesce a capire quale potrà essere il futuro della Riserva, a cui forse un “compromesso storico” con le selezioni porterebbe molto più appeal e mercato.

Per questo credo sia arrivato il momento di “ufficializzare”  le selezioni, che attualmente vivono in un limbo legislativo-disciplinare che non gli permette di  avere un preciso riconoscimento e quindi una conseguente connotazione sul mercato.

 

Ma torniamo a questo miglioramento “democratico”, proveniente cioè dalla base della denominazione: oltre ad essere ancor più democraticamente spalmato tra  basi (comunque in maggioranza relativa)  e selezioni  è un dato oramai certo e dovrebbe interessare moltissimo  il consumatore finale. Lo stesso che trovandosi davanti ad una Vernaccia di San Gimignano 2013 può facilmente bere un vino finemente profumato, fresco, elegante, di buona lunghezza e ad un prezzo molto abbordabile. E sempre lo stesso consumatore può essere  certo che questi vini miglioreranno se gustati  tra sei, dodici o diciotto mesi.

 

Veniamo ai numeri dei nostri assaggi che parlano chiaro: un vino a 4 stelle (del 2012) e ben 10 a 3.5 significano che quasi il 20% dei vini degustati è di altissimo livello. A questi aggiungiamo 14 vini con 3 stelle e 18 con 2.5, che portano il totale dei vini di comunque buon livello a 43 su 60 assaggi: percentualmente stiamo parlando di oltre il 71% dei vini degustati…se vi sembra poco.  Unico dato negativo in controtendenza, ben sei vini esclusi dagli assaggi per problemi vari, solo in un caso attribuibili al tappo: in un momento di crescita generale questa “anomalia” speriamo sia l’eccezione che conferma la regola.

 

Se proprio si deve spezzare una lancia in favore delle riserve ( provenienti  da annate sicuramente più difficili come 2012 e 2011) possiamo dire che, se si esclude il legno, sono buoni vini e forse hanno solo bisogno di molto tempo per dare il meglio di sé.  Se riuscisse a passare il messaggio che anche i vini base sono meglio dopo due anni, le riserve potrebbero maturare con tutto il tempo a disposizione per entrare in commercio solo al momento giusto e ottenere così maggiori consensi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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