Oramai sembra accertato che la vendemmia 2013 sia di alto livello per i bianchi. Dai nostri primi assaggi (Orvieto già pubblicato e Verdicchio, Friuli, Prosecco che pubblicheremo tra poco) questo dato spicca piuttosto chiaro. Se l’azienda non ha avuto problemi in un annata comunque piovosa e difficile in più momenti, i vini finali hanno approfittato dell’annata fresca e della tarda maturazione per esprimersi con acidità netta e vivace e spesso con sapidità e corpi di livello più che ragguardevole.
La Vernaccia di San Gimignano non fa eccezione a questo bel trend, presentandosi con forse il miglior risultato da quando assaggiamo questi vini.
Prima di parlare di come è stata l’annata voglio tornare su un tema a me caro e cioè il solco qualitativo che si sta creando tra la Vernaccia d’annata con le varie selezioni (di solito della stessa vendemmia ma non è sempre detto) e la Riserva. Solco qualitativo ad esclusivo vantaggio dei vini base, che continuano in una crescita costante anno dopo anno.
Crescita dovuta credo in buona parte ad un miglioramento del lavoro in vigna e che porta sempre più a vini base, profumati, puliti e spesso di buona struttura ed a selezioni ampie e gradevoli, che hanno bisogno di tempo per dare il loro meglio.
Quando poi l’annata regala freschezza e generale “croccantezza” il divario tra questi e la Riserva risulta ancora più marcato. Quest’ultima infatti è quasi sempre punteggiata da un uso del legno coprente e comunque non perfetto, e da strutture buone non certo esaltanti per la tipologia. Se ci mettiamo anche il fatto che i prezzi dei vini base e di molte selezioni sono molto spesso estremamente convenienti, non si riesce a capire quale potrà essere il futuro della Riserva, a cui forse un “compromesso storico” con le selezioni porterebbe molto più appeal e mercato.
Per questo credo sia arrivato il momento di “ufficializzare” le selezioni, che attualmente vivono in un limbo legislativo-disciplinare che non gli permette di avere un preciso riconoscimento e quindi una conseguente connotazione sul mercato.
Ma torniamo a questo miglioramento “democratico”, proveniente cioè dalla base della denominazione: oltre ad essere ancor più democraticamente spalmato tra basi (comunque in maggioranza relativa) e selezioni è un dato oramai certo e dovrebbe interessare moltissimo il consumatore finale. Lo stesso che trovandosi davanti ad una Vernaccia di San Gimignano 2013 può facilmente bere un vino finemente profumato, fresco, elegante, di buona lunghezza e ad un prezzo molto abbordabile. E sempre lo stesso consumatore può essere certo che questi vini miglioreranno se gustati tra sei, dodici o diciotto mesi.
Veniamo ai numeri dei nostri assaggi che parlano chiaro: un vino a 4 stelle (del 2012) e ben 10 a 3.5 significano che quasi il 20% dei vini degustati è di altissimo livello. A questi aggiungiamo 14 vini con 3 stelle e 18 con 2.5, che portano il totale dei vini di comunque buon livello a 43 su 60 assaggi: percentualmente stiamo parlando di oltre il 71% dei vini degustati…se vi sembra poco. Unico dato negativo in controtendenza, ben sei vini esclusi dagli assaggi per problemi vari, solo in un caso attribuibili al tappo: in un momento di crescita generale questa “anomalia” speriamo sia l’eccezione che conferma la regola.
Se proprio si deve spezzare una lancia in favore delle riserve ( provenienti da annate sicuramente più difficili come 2012 e 2011) possiamo dire che, se si esclude il legno, sono buoni vini e forse hanno solo bisogno di molto tempo per dare il meglio di sé. Se riuscisse a passare il messaggio che anche i vini base sono meglio dopo due anni, le riserve potrebbero maturare con tutto il tempo a disposizione per entrare in commercio solo al momento giusto e ottenere così maggiori consensi.