Gran Selezione e Supertuscan: a volte ritornano4 min read

Dopo avervi presentato le nuove annate di Chianti Classico e Chianti Classico Riserva (vedi qui) eccoci a parlare di due “piatti forti” come la nuova Gran Selezione e i supertuscan chiantigiani.

 

Per la Gran Selezione un minimo di introduzione serve e per fortuna possiamo pescare in casa, per la precisione dall’articolo scritto in occasione dell’ultima anteprima del Chianti Classico a febbraio: “…la Gran Selezione è un Chianti Classico che è possibile fare solo con uve aziendali (il disciplinare è comunque lo stesso) e deve maturare per almeno 30 mesi. Il vino che secondo molti dovrebbe piano piano soppiantare i Supertuscan a base sangiovese nell’immaginario collettivo e non solo. Una specie di Superchianticlassico che però alla prima presentazione, almeno dal punto di vista della chiarezza mediatica, non ci è sembrato il massimo.”

Nei primi assaggi fatti a febbraio ci eravamo trovati di fronte a “ottime strutture , prodotti molto ben lavorati, dove il legno è spesso importante e il tannino è solido e molto ben levigato. Un vino tendenzialmente modernista, molto vicino all’idea di Supertuscan,  ben fatto ma per adesso senza quella connotazione territoriale che dovrebbe invece essere il suo biglietto da visita.”

 

Questa volta ne abbiamo assaggiati quasi 40, del 2010 e 2011 soprattutto, e le nostre impressioni sono state praticamente le stesse. L’operazione (che ci dicono sembra avere successo commerciale) Gran Selezione propone vini anche buoni e sicuramente ben fatti, ma molto “Old Supertuscan”, con concentrazioni , legni importanti e imperanti che ci riportano indietro di diversi anni. Vini spesso monolitici, che avranno bisogno di tanto tempo per dare il meglio di se ma che non hanno quelle differenze territorial-aziendali che dovrebbero essere alla base della tipologia.

 

E’ mai possibile infatti che una Gran Selezione di  Castelnuovo Berardenga da vigne attorno ai 150-200 metri, sia molto simile ad una di Castellina o di Gaiole prodotta in terreni diversi e a diverse altezze? Più che il terroir viene fuori un’idea di vino da ripetersi più o meno uguale nel territorio e questo non ci sembra molto positivo.

 

Di positivo ci sono comunque due cose, anche se la prima riguarda solo i produttori:  il prezzo  ( in alcuni casi veramente alto, superiore ai Supertuscan aziendali) a cui vengono vendute e l’aver privilegiato l’utilizzo del sangiovese.

Infatti, proseguendo nella nostra “inchiesta spannometrica ma nemmeno tanto” iniziata con in Chianti Classico e le Riserve abbiamo visto che la quota di uve alloctone nelle Gran Selezioni diminuisce, passando dal 37-38%  al 30%. Di questo non possiamo che essere felici, anche se siamo convinti che fare il Sangiovese in purezza non sia così semplice come “uvaggiarlo” con Cabernet e Merlot..ed i risultati non certo esaltanti degli assaggi stanno a dimostrarlo.

 

 

A proposito di Cabernet e Merlot…..propongo un nuovo nome per i Supertuscan : “la Riserva…Indiana”. Infatti oramai la stragrande maggioranza delle uve alloctone piantate in Chianti vengono utilizzate per questi vini. Pensate che se la media nei vini DOCG è attorno al 35% negli IGT si arriva al 72%, che in peso specifico è sicuramente superiore visto che tantissimi Supertuscan sono al 100% composti da queste uve.

Questa non vuole essere una critica ma solo la constatazione che la lunga strada iniziata diversi anni fa per privilegiare il Sangiovese nei vini DOCG sta ottenendo il frutto di separare nettamente le tipologie. Questo potrà servire al consumatore per indirizzarsi con maggiore facilità verso un sangiovese chiantigiano oppure verso  un uvaggio bordolese fatto in Chianti. Se sceglie un IGT avrà 3 possibilità su 4 di bere un buon vino da uve non Sangiovese, al contrario se deciderà per un DOCG. Questa chiarezza potrà certamente essere utile (se comunicata a dovere) in un mercato globale.

 

Dal punto di vista qualitativo i Supertuscan chiantigiani non sono andati per niente male ma…anche qui servirebbe qualche ventata di giovinezza. Alcuni sono veramente molto buoni, molti sono di ottimo livello e lo dimostra il fatto che solo una ventina di etichette hanno preso meno di 2.5 stelle, ma da vini del genere ti aspetti “il sogno”, il prodotto memorabile, la bottiglia da ricordare e non sono moltissimi quelle con tali caratteristiche. Personalmente privilegerei più l’eleganza alla potenza, ma questo è un discorso vecchio….come la tipologia.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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