Franciacorta: una bella locomotiva da far, almeno, rallentare.7 min read

Come al solito in nostri assaggi annuali  in Franciacorta sono stati contraddistinti dalla parola “molto”.

Molto intensi: una tre giorni contraddistinta da oltre 250 vini degustati.

Molto interessanti: indubbiamente la terra franciacortina offre una varietà di stili e di tipologie che la rendono  la zona italiana con  maggiore “allure” per le bollicine.

Molto contraddittori i giudizi: infatti per dei Brut e dei Rosè (entrambi non  millesimati) che mostrano qualità stazionaria o in ribasso, aumentano le punte di assoluto valore tra chi si fregia dell’annata in bottiglia.

Molto intensi.

Non è certo una cosa semplice degustare quasi 90 campioni al giorno e questo è stato possibile grazie alla perfetta organizzazione del Consorzio, che ci ha messo a disposizione uno staff preparato e molto disponibile. Anche il nuovo presidente, Maurizio Zanella, si è dimostrato molto disponibile, rilasciandoci un’intervista che pubblicheremo tra qualche giorno. Al consorzio  va il nostro sentito “grazie”. Se riuscisse anche a convincere i produttori a compilare le schede Winesurf tutto sarebbe perfetto e ci eviterebbe ore di raccolta dati tra etichette (inutili per noi) depliants aziendali e fogli sparsi.

Molto interessanti.
In Franciacorta siamo di fronte ad una realtà enologica oramai consolidata. Oltre 2200 ettari vitati, centinaia di etichette, oltre cento produttori imbottigliatori,  almeno 6-7 tipologie su cui spaziare. Un panorama del genere in Italia è unico e questa unicità sta molto a cuore ai produttori franciacortini, che cercano di mantenere alto il livello dei loro vini. Per fare questo non hanno che una strada: la vigna. In cantina sono tutti abbastanza bravi ma il vero problema è a monte, nel vigneto. Troppe vigne nuove, troppe uve non certo adatte a vini di alta qualità sono arrivate nelle cantine franciacortine.

In Franciacorta siamo di fronte ad una realtà enologica oramai consolidata. Oltre 2200 ettari vitati, centinaia di etichette, oltre cento produttori imbottigliatori,  almeno 6-7 tipologie su cui spaziare. Un panorama del genere in Italia è unico e questa unicità sta molto a cuore ai produttori franciacortini, che cercano di mantenere alto il livello dei loro vini. Per fare questo non hanno che una strada: la vigna. In cantina sono tutti abbastanza bravi ma il vero problema è a monte, nel vigneto. Troppe vigne nuove, troppe uve non certo adatte a vini di alta qualità sono arrivate nelle cantine franciacortine.

Per questo il Consorzio ha chiesto ed ottenuto il blocco degli impianti per tre anni (approvato in assemblea pubblica dei soci lo scorso 3 luglio)e sta facendo partire una zonazione che dovrebbe, in capo al triennio, dare precise indicazioni su dove e come piantare. Iniziative senz’altro lodevoli e di cui parleremo anche nell’intervista con Zanella. Però, c’è un però: i tre anni sono stati chiesti ed ottenuti ma pare  vi sia un accordo quasi sottobanco con i produttori d’uva per togliere il blocco tra un solo anno. Se questo accadesse il blocco non sarebbe servito a niente, se non a far parlare (bene) di Franciacorta. I

n realtà in Franciacorta accadono cose che pochi conoscono e di cui nessuno parla. L’aumento della superficie vitata non è merito solo di esperti produttori di vino, che sanno cosa,come e dove piantare. Una buona fetta dell’incremento viticolo è stato (e sarà)  fatto da agricoltori locali che, vista la differenza di incassi, si sono riconvertiti, praticamente dalla sera alla mattina, dal granoturco alla vigna. In terreni dove si trovavano cereali hanno piantato vigna, avendo anche, purtroppo, esperienza prossima allo zero di viticoltura. In molti di questi casi si è assistito a produzioni “molto abbondanti” anche nei primi anni del vigneto, pur se in tempi di vacche grasse tutte le uve hanno sempre trovato comunque un acquirente. Se però l’aumento della superficie dovesse continuare senza freni ed il mercato subisse uno stop, molti di questi produttori si ritroverebbero in seri problemi e con loro, buona parte della filiera. Negli ultimi anni ci sono stati agricoltori che hanno piantato vigna senza avere uno straccio di contratto  per il conferimento delle uve. Un vero è proprio salto nel vuoto, motivato solo dalla enorme fiducia nel marchio “Franciacorta DOCG”. 

Il Consorzio in realtà ha cercato e sta cercando di porre freni alla fregola dell’impianto e di far capire che certi terreni non sono adatti per la vigna, ma senza un blocco dei nuovi vigneti (per almeno 3 anni!!!!) tanto lavoro rischierebbe di vanificarsi. Quindi la situazione franciacortina è la seguente: vi sono tante vigne nuove che non danno certo uve per grandi vini. Molte di queste uve vengono da produttori che vendono il loro prodotto alle cantine. Da una parte quindi vi sono i produttori/vinificatori/imbottigliatori che vorrebbero frenare la “locomotiva Franciacorta” e dall’altra ci sono i produttori di uve che la stessa locomotiva vorrebbero spingerla al massimo. Vedremo chi la spunterà tra un anno.

Molto contraddittori.
Che vengano da  conferitori o siano di proprietà,  una bella fetta di uve Franciacortine è di vigneti molto giovani e non certo pronti per dare il meglio di se. Queste uve vengono utilizzate soprattutto in due tipologie, che non per niente hanno registrato pochi passi avanti e alcuni indietro. Sto parlando dei vini “base” (Brut non millesimati) e di quelli alla moda (Rosè non millesimati). Molti Brut “sans’année” vengono da queste vigne molto giovani e purtroppo mancano di  stoffa, nerbo, carattere, sostanza. Lo stesso vale per i Rosè, che spesso scontano sia la scarsa esperienza nella tipologia sia la gioventù dei vigneti di Pinot Nero. Il problema potrà risolversi solo col tempo, l’esperienza, la pazienza, la maestria (….ed il blocco dei vigneti).

Che vengano da  conferitori o siano di proprietà,  una bella fetta di uve Franciacortine è di vigneti molto giovani e non certo pronti per dare il meglio di se. Queste uve vengono utilizzate soprattutto in due tipologie, che non per niente hanno registrato pochi passi avanti e alcuni indietro. Sto parlando dei vini “base” (Brut non millesimati) e di quelli alla moda (Rosè non millesimati). Molti Brut “sans’année” vengono da queste vigne molto giovani e purtroppo mancano di  stoffa, nerbo, carattere, sostanza. Lo stesso vale per i Rosè, che spesso scontano sia la scarsa esperienza nella tipologia sia la gioventù dei vigneti di Pinot Nero. Il problema potrà risolversi solo col tempo, l’esperienza, la pazienza, la maestria (….ed il blocco dei vigneti).

Già passando ai Saten le cose migliorano, non tanto nelle punte quando nel “gruppone”. I vini di questa tipologia particolare mostrano quasi sempre buone gamme aromatiche e bell’equilibrio gustativo. Inoltre sono molto più “tipologia Saten” di qualche anno fa, quando all’interno di questa famiglia si trovavano vini molto diversi tra loro. Oggi, a partire dagli zuccheri (finalmente in diminuzione netta!!!!!) dietro al marchio  Saten troviamo vini piacevoli ma non semplicemente immediati, eleganti ma non poveri, fini ma non esili.
In uno strano limbo produttivo si sono oramai inseriti i Pas Dosè e gli Extra Brut senza millesimo. Danno l’impressione di vini incompiuti. Infatti in queste tipologie si punta molto sui millesimati e questo non fa certo brillare quelli che l’annata non se la trovano scritta in etichetta. Vi sono comunque buone bottiglie che vale la pena di seguire con attenzione.

E veniamo al fronte dei millesimati: Brut, Saten, Extra Brut, e Pas Dosè, ma soprattutto Brut e Pas Dosè. Siamo nel Nirvana franciacortino, nella summa delle summe sotto forma di bollicine. Qui troviamo prodotti veramente notevoli. La nostra proverbiale tirchieria ci ha bloccato la mano, ma almeno altri 7-8 vini si sono “avvicinati pericolosamente” alle quattro stelle. Immaginare una Franciacorta con vigne finalmente al top,  che sforna ad ogni piè sospinto vini di questa qualità è un esercizio che fa tanto bene al cuore. Chiudiamo con questa nota positiva, anche se leggermente sognatrice, sperando che la presidenza Zanella avvicini i sogni alla realtà.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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