Franciacorta Rosé: la strada è ancora in salita2 min read

Forse avevamo cantato troppo presto vittoria.

Due anni fa infatti avevamo detto che i rosé franciacortini stavano prendendo la giusta strada ma da allora sembra che questa via sia diventata stretta e impervia, permettendo solo a pochi vini di percorrerla.

 

Tradotto in cifre solo il 37.5% dei vini degustati ha ottenuto almeno 3 stelle, tra l’altro “brillando” per non avere praticamente differenze tra millesimati e non, attestandosi i primi al 38% e i secondi al 36%.

 

Inoltre quasi la stessa percentuale, il 35.7%, rappresenta rosé che non hanno superato le 2 stelle.

 

Questo vuol dire che un consumatore finale, che può acquistare tranquillamente altre tipologia franciacortine dalla media qualitativa molto alta, con i rosé deve stare più attento, perché ha quasi il 40% di probabilità di trovare un vino ancora molto chiuso al naso e con qualche pungente ruvidezza al palato.

 

Non c’è molto da gioire e anche se la tipologia è la più giovane ci saremmo aspettati qualcosa in più.

 

Ancora una volta, lasciando da parte le diversità di tonalità abbastanza accentuate,  quello che “non”  colpisce è la parte aromatica, che stenta  ad esprimersi con note  fruttate chiare e ampie: il palato in diversi casi è ruvido, ma diamogli il beneficio del dubbio, visto che stiamo parlando comunque di vini dove il pinot nero è il vitigno imperante e la tannicità può essere anche un po’ marcata.

 

Che sia comunque una tipologia con più “lavori in corso” lo dimostra anche lo scarso numero di millesimati: siamo quasi all’opposto dei pas dosé, con solo il 32% dei campioni totali. 

 

Questo è un chiaro segnale di come i produttori franciacortini si stiano avvicinando con cautela (anche perché molti vigneti sono piuttosto giovani) a questo spumante molto di moda. 

 

Per essere chiari e onesti fino in fondo non è che la concorrenza italiana sia poi a livelli stratosferici: le bollicine metodo classico rosé sono difficili da fare ovunque, dall’Oltrepò all’Alto Adige passando per il Trentino  e quella franciacortina è un po’ la fotografia, nel bene e nel male, di questa tipologia a livello italiano.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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