Degustazione rossi della Puglia: il bello, il brutto….ma non il cattivo!4 min read

Ci siamo imbucati! In realtà questa degustazione non era stata organizzata per noi ma per la rivista austriaca Genuss-Wein.Pur (che ringrazio!) dalla nostra infaticabile P.R. Maddalena Mazzeschi e da Pasquale Porcelli, che non a caso è nostro responsabile per il Sud Italia. Viste tutte queste “conoscenze” ci siamo ritagliati uno spazio e per 3 giorni abbiamo degustato rossi pugliesi di ogni zona, uva, denominazione, dal 2005 sino al 2001. I risultati degli assaggi li potete leggere nella sezione “degustazioni” oppure cliccando sui link alla fine di quest’articolo. In queste righe vogliamo fare un po’ il punto e cercare di capire cosa si sta muovendo (se si sta muovendo!) in questa regione. Non volendo rischiare di annoiarvi andremo molto sul sintetico:

Annate: quasi tutte le annate prese in considerazione non sono stato certo il massimo dal punto di vista climatico. Se si esclude infatti il 2001, le altre hanno avuto vari problemi ondeggianti tra siccità, temperature estreme nel periodo di maturazione, difficoltà sanitarie delle uve (peronospora in Salento). Nel 2005 ci si sono messe anche le piogge al nord nel periodo di vendemmia per complicare il quadro. Il punto di partenza non è stato certo incoraggiante.

Negli assaggi abbiamo percepito sostanzialmente due tendenze. La prima è quella – non solo della Puglia come ben sappiamo-  di rincorrere un certo modello internazionale, l’altra quella di affermare una territorialità che è ancora in fase di determinazione. Per la prima c’è poco da dire: inseguire la moda è uno sport facile da praticare, specie quando tendenzialmente i vini pugliesi corrispondono già sotto diversi aspetti  al modello internazionale. Hanno tutto per essere dei piccoli “Mister Muscolo”: sole, colore, polpa, esasperando la cosa con lunghe macerazioni e  permanenze in barriques. Queste ne esaltano la fittezza e la corposità snaturandone però qualsiasi possibilità di espressione territoriale. Sull’altro versante – non che le due tendenze siano ben distinte – si possono avvertire alcuni tentativi di interpretare il territorio, sia in senso modernista che in senso più marcatamente tradizionalista.

Sul versante modernista, quando il legno cede il passo al frutto, spesso si colgono bene i caratteri varietali. Sull’altra sponda la tradizionale surmaturazione delle uve, voluta e cercata in alcuni casi – vedi Gratticiaia, ma anche Patriglione – diventa quasi un alibi per immettere sul mercato vini cotti, dal profilo aromatico e gustativo in parte compromesso.

In complesso però lo stato generale è soddisfacente, se si pensa soprattutto che vini decisamente difettati sono ormai un ricordo del passato. Lo potrete anche constatare dalla buona “media punti” ottenuta in quasi tutte le annate.

Passando ad analizzare le uve dobbiamo mettere sugli scudi l’Uva di Troia ed in generale i vitigni coltivati a Nord, come Aglianico e Montepulciano. Le maggiori caratterizzazioni varietali (ovviamente in positivo) le abbiamo trovate in queste uve, che hanno mostrato in molti casi una finezza non ruffiana ma figlia di un serio lavoro nel vigneto.

Così abbiamo identificato il nostro “Bello”: all’opposto il “brutto” si presenta nei panni del  Primitivo e del Negroamaro. Anche se diverse aziende li lavorano bene, abbiamo trovato tanti vini cedevoli e strutturalmente piatti al palato, con chiusure di bocca che non possono che rifarsi a uve di scarso pregio ed a vinificazioni poco attente. Questo ci dispiace perchè crediamo molto in questi due vitigni che, fra l’altro, in un recente passato ci avevamo dato chiari segnali di sviluppo.

“Il cattivo” poteva essere il discorso prezzi ma per fortuna non lo abbiamo incontrato, anzi! Moltissimi dei vini assaggiati hanno prezzi onesti ed in alcuni casi veramente bassi. Solo i cosiddetti “Grandi Vini” (quelli fatti per prendere premi a destra ed a manca) si posizionano su cifre elevate (dai 20€ in sù) ma per il resto possiamo dire che ancora oggi in Puglia si possono portare a casa ottimi prodotti a prezzi molto convenienti.

Chiudendo vogliamo ringraziare La strada del vino Castel del Monte, che ci ha permesso di lavorare in tutta tranquillità, facendoci toccare con mano la tanto, giustamente decantata, ospitalità pugliese.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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