Chianti Classico 2005: l’elogio della normalità!3 min read

Inizio mettendo in campo qualche povera reminiscenza filosofica. In una reductio ad absurdum, se in Chianti Classico l’annata 2005 fosse venuta subito dopo il 2003 sarebbe stata salutata come una grande annata. Purtroppo l’incorruttibile signor calendario l’ha posta a ruota del 2004 e quindi giù tutti a fare paragoni tra le grandezze di quest’ultima e la semplicità della poverina. “Buono ma..il 2004 è meglio!” è in sintesi quello che è stato detto da mille voci. Posso essere anche d’accordo: il 2005 è in definitiva un’annata normale. Ma in un mondo che cerca sempre di stupire e stupirsi qualcosa di normale serve e non poco. Nei nostri assaggi non abbiamo trovato vini superlativi ma “semplicemente” buoni vini, con giusta freschezza, medio corpo, profumi interessanti, giusto uso del legno. In altre parole: abbiamo degustato dei Chianti Classico che sembrano proprio dei……Chianti Classico.

Questo ritorno alle origini di un vino che non era nato per “miracol mostrare” ma per donare il piacere di un buon Sangiovese, mi sembra  sicuramente la nota più positiva dell’annata. Pochi infatti hanno cercato di “palestrare” il loro vino, la stragrande maggioranza ha preso atto che l’annata andava interpretata con  fresca eleganza e così ha fatto. Tra i 2005 troverete anche qualche 2004 entrato in commercio in ritardo che, tanto per  ribadire il solito “buono..ma il 2004 è meglio”, ha ottenuto ottimi punteggi. Ma attenzione: i Chianti Classico del 2005 non sono vini da “guida” ma da “cena con amici”. Sono vini piacevoli, che finalmente vogliono mostrare solo sana godibilità e l’intelligente umiltà di fare da partner al cibo. Non primedonne ma bravi attori, di quelli che si adattano alla parte e non recitano sempre e solo se stessi.

L’annatona 2004 ha invece fatto una stecca non da poco con le Riserve. Abbiamo degustato quasi 80 vini e dopo ogni assaggio ci veniva fuori la stessa domanda “Perché?”  Perché mettere in commercio vini scomposti, spesso iperconcentrati, dotati di aromi banali e quasi sempre ottenuti dal legno. Praticamente Supertuscan di serie C.

Credo proprio che sia giunto il momento di affrontare di petto il problema della Riserva, che rischia di diventare non solo inutile ma anche fuorviante, schiacciata com’è tra un vino d’annata ed un blasonato IGT , quasi sempre a base Sangiovese. Sono vini troppe volte senza identità, di cui non se ne sentirebbe la mancanza. Forse con la Riserva si vuole confrontarsi con denominazioni che hanno la riserva fusa nel nome. Barolo, Brunello, Amarone sono infatti vini con cui il Chianti Classico annata non può competere in potenza e concentrazione. Per questo forse si continua a produrre uno zombi enologico ed a mandarlo al martirio. Smettiamola! Facciamo vini più caratterizzati dal punto di vista del territorio, della riconoscibilità, dell’unicità e non solo prodotti con più estratto secco, legno nuovo, concentrazione, potenza e prosopopea. Se poi ci mettiamo anche prezzi non certo da convenire come si fa a difendere la tipologia?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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