Brunello 2005: il bello di un’annata normale6 min read

Montalcino quest’anno ci aspettava con un centinaio di Brunello 2005, un bel numero (oltre 50) di Riserva 2004 ed una settantina di Rosso 2008. Il tutto degustato, grazie all’organizzazione del Consorzio, in quattro tranquille giornate dove hanno trovato posto anche diversi riassaggi. Per questo crediamo di esserci fatti un quadro abbastanza chiaro.

 

Brunello 2005

 Iniziamo dall’annata in commercio: non sarà certamente l’annata del secolo ma, per fortuna, possiamo usare la vecchia frase: “Elogio della nornalità”. In effetti il 2005 arriva in commercio dopo almeno tre annate molto difficili e/o particolari. 2002 con pioggia a dirotto, 2003 piena di caldo e siccità, 2004 buona annata ma troppo produttiva e soprattutto maturata in un periodo molto travagliato per Montalcino. C’era quindi proprio bisogno di una vendemmia normale per fare il punto, con pregi e difetti chiari.  Dal punto di vista del colore siamo tornati (anche nel 2004 si era vista una chiara inversione di tendenza) ad un classico rubino con lieve unghia aranciata, che è la colorazione per un Sangiovese invecchiato quattro anni. Esistono ancora dei brunello porpora  che noi, ripensando a quello che passava il convento fino a 3-4 anni fa, abbiamo soprannominato (scherzando) “quelli old style”, ma oramai siamo rientrati in carreggiata. Per fortuna lo si è fatto anche dal punto di vista degli aromi e delle strutture. Tra i primi si sono praticamente perse le tracce di frutti neri maturi, di marmellatone non certo edificanti e soprattutto di legni sovradimensionati. Nel secondo caso ritroviamo finalmente una vecchia amica: l’acidità! Era scomparsa da alcuni anni (anche nel 2002!!!!!) ed aveva rincominciato a fare capolino nel 2004. Quest’anno molti brunello hanno quel la freschezza  che compete al Sangiovese e ad un’annata (non facile) come la 2005. Quindi brunelli molto più realistici e reali, con qualche spigolo e scontrosità ma sicuramente più aderenti al territorio. E questo  territorio, non scordiamolo,  non permette di produrre ottimi sangiovese da tutte le parti: chi ha vigne nuove (diciamo tra i 4 ed i 10 anni) ed in zone non eccezionali è destinato a pagare dazio. Ma questo è il bello di qualsiasi territorio: le diversità, che nel 2005 si sono presentate sotto forma di tannini leggermente acerbi, bocche in qualche caso diluite e scomposte, nasi alla ricerca di complessità.
ALT!!! Dopo tutta questa tirata vi sarete fatti un’idea non certo positiva di questa vendemmia. Invece dai nostri assaggi è venuto fuori un quadro sì molto variegato, ma con diverse notazioni positive: freschezza, rustica eleganza, discreto corpo e soprattutto equilibrio generale sono caratteristiche che permettono alla vendemmia 2005 di essere tranquillamente godibile sin da subito e gli permetteranno di maturare e di dare soddisfazioni per diversi anni a venire. Del resto una media stelle di 2.66 indicano una buona annata,  non certo vicina alle “ipotetiche” 4 stelle date dal Consorzio ma sicuramente di livello: addirittura migliore del  2004 che, pur avendo più picchi, alla fine si è dovuto  fermare a  2.49 stelle.  Non credo quindi di essere fuori dal seminato prevedendo che, mediamente, il 2005 avrà un evoluzione futura simile, se non leggermente migliore, del 2004.

 

Riserva 2004

Quanto detto sopra non vale ovviamente per le riserve 2004. Anche se non vedevamo tutte queste motivazioni per produrre così tante bottiglie l’assaggio ci ha presentato un quadro piuttosto positivo. Belle strutture, nasi complessi, buon uso di legni, lunghezze e concentrazioni degne della tipologia e non di un brunello con un anno in più.
Del resto  ai prezzi che vengono  proposte uno si aspetta  un super vino e non una bella copia leggermente più matura. Partendo dal notevole gruppo di riserve presentate forse riusciamo ad intravedere il motivo per cui  il 2004 (annata)  è uscito mediamente peggio del 2005. Se buona parte del meglio è  finito nella Riserva è ovvio che una vendemmia normale (2005), dove non si prevede praticamente di fare riserva, sia proiettata al di sopra di una che invece paga dazio alla voglia di produrre un vino di assoluto blasone.
Forse, vista la situazione esistente a Montalcino, sarebbe meglio produrre un  solo vino, un Brunello “base” e lasciare da parte per qualche anno riserve, voli e prezzi pindarici.

 

Rosso 2008

Se il Brunello dovrebbe essere solo “base” per il Rosso di Montalcino il discorso è diverso. Premettiamo che sembra oramai certezza la creazione di due tipologie di Rosso: probabilmente una composta da solo Sangiovese ed una con una percentuale (10%-15%?) di altre uve non necessariamente autoctone. Questa strada vuole riportare pian piano il Rosso a quello che in realtà non è mai stato, cioè un prodotto che, in annate normale e se si vuole fare un buon Brunello, se ne produce il doppio del fratello maggiore. Purtroppo questo rapporto 2 a 1 a vantaggio del Rosso è sempre rimasto una pia illusione (basti guardare i quantitativi prodotti nel 2004..) ed a farne le spese alla fine è stato il territorio tutto che in questo momento storico e di mercato avrebbe bisogno come il pane di un vino facile, immediato, profumato e di prezzo molto più basso del Brunello.  Oggi, grazie anche a personaggi come Giancarlo Pacenti, da sempre grande estimatore e promotore di questa categoria, sembra che le cose si stiano muovendo. E mai come quest’anno abbiamo capito quanto era l’ora che si muovessero: i Rosso 2008 non ci hanno dato infatti un risultato complessivo molto positivo: aldilà delle solite diversità interpretative (si va dal quasi brunello al vinellino leggero, passando per  molti vini assolutamente anonimi) è la qualità media che ci ha lasciato interdetti: tannini verdi, ruvidi e astringenti, nasi poco espressi. In generale manca quella piacevolezza che dovrebbe essere la caratteristica base di questo vino. E se per dargliela occorreranno innesti di Merlot o Cabernet non ci sentiamo di stracciarci le vesti. Se Montalcino (che, non scordiamoci, ha attualmente  un patrimonio vitato mediamente molto giovane) riuscisse finalmente a produrre, in buone quantità, quello che potremmo definire “Second  Vin” di qualità, ne guadagnerebbe sicuramente tutto il settore, “Grand Vin” cioè Brunello, in primis.
Ma torniamo agli assaggi: come vedrete nessun Rosso ha raggiunto le 4 stelle e questo è un segnale chiaro sull’annata. Un altro segnale chiaro, pur evidenziando che più di 40 vini su 68 hanno ottenuto punteggi soddisfacenti, sono i cinque vini che abbiamo dovuto eliminare per chiari difetti. In un territorio come questo una cosa del genere non può e non deve accadere.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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