Bolgheri 2007 e Superiori 2006: buoni passi avanti.3 min read

Penso sia quasi un record: gli assaggi a Bolgheri li abbiamo fatti, praticamente vestiti da Babbo Natale, il 22 dicembre.  Merito della grande disponibilità del Consorzio e del suo direttore Paolo Valdastri, che ringrazio. Non crediamo però sia stato merito dell’aria natalizia il buon risultato degli assaggi. In effetti siamo usciti dal Consorzio piuttosto soddisfatti, sia sul fronte dei Bolgheri 2007 che dei Superiori 2006. In particolare i Bolgheri Rosso 2007 ci sono sembrati vini quasi sempre ben impostati, con il giusto equilibrio tra potenza e piacevolezza. L’annata gli ha dato anche quel pizzico di freschezza che male non fa, presentandoci un quadro indubbiamente di buon livello. Pur trovandoci di fronte a vini derivanti dai più svariati uvaggi di impostazione bordolese, il profilo dei vini inizia ( ancora con qualche accenno di balbuzie) a parlare un linguaggio  dove il termine “denominazione” non viene usato a caso. Questo è forse il risultato più importante dei nostri assaggi, il cominciare ad intravedere un comune denominatore tra i vini. Parlare di caratteri precisi derivanti dal terroir bolgherese mi sembra ancora prematuro: per questo ci vorranno anni. Accontentiamoci per adesso di trovare la bella “voglia”, in buona parte dei vini, di puntare alla piacevolezza senza rinnegare nerbo e potenza. L’unica cosa da rinnegare sarebbero i prezzi, certamente non bassi per un vino “di partenza”. Siamo attorno, mediamente, ai 15€ in enoteca, il che non mette certo la zona nella fascia dei vini con buon rapporto qualità-prezzo.
La cosa si ripropone puntualmente nei Superiori, dove i prezzi vanno normalmente oltre il doppio e spesso anche oltre il triplo. Tra questi vi sono certamente vini che valgono cifre importanti, ma per diversi proporrei un contenimento dei costi e non con diminuzioni di pochi Euro.
Questo nonostante l’annata 2006 sia forse la migliore da noi assaggiata a partire dal 2001. Aromi ben definiti, legni abbastanza equilibrati, strutture ben modulate con tannini di buona stoffa. Se a questo aggiungiamo una giovinezza generalizzata, che fa ben sperare per il futuro, il quadro è certamente molto più lusinghiero degli scorsi anni.
Qui vale solo in parte il discorso sul terroir fatto prima: spesso la voglia di strafare porta a vini monolitici di cui sarebbe difficile, in degustazione bendata, indicare la provenienza.
Ma Roma non è stata fatta in un giorno e quindi non ci resta che aspettare, oggi più fiduciosi che in passato.
Veniamo adesso ai meri numeri: tre vini con 4 Stelle (di cui due della stessa azienda) e ben 17 con tre stelle sono un buon risultato. Dall’altra abbiamo quattro vini (di cui due della stessa azienda) fuori per problemi riconducibili al brett ed undici vini con 2 stelle. Indubbiamente il bicchiere è pieno oltre la metà e soprattutto è pieno di vini molto più riconducibili all’idea che uno può farsi del territorio bolgherese, una zona specializzata su uvaggi di scuola bordolese, dotati di tanta calda potenza mediterranea affiancata  da fresca eleganza toscana.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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