Assaggi Chianti Classico e Riserva: commenti in bianco e nero4 min read

Quest’anno al Consorzio del Chianti Classico (che ringraziamo per l’aiuto)  abbiamo fatto gli straordinari! Da una parte la nuova Gran Selezione, dall’altro l’assaggio biennale dei Supertuscan  del  territorio del Chianti Classico e, last but not least, un maggiore afflusso di aziende ci hanno portato ad un lavoro molto più lungo ed impegnativo. Per questo dividiamo in due articoli i commenti ai risultati degli assaggi.

 

 In questo ci concentreremo esclusivamente su Chianti Classico e Riserva, mentre qui troverete i commenti agli assaggi dei Supertuscan chiantigiani e della Gran Selezione.

 

In campo per il Chianti Classico l’annata 2012, ma oramai è consuetudine una  grossa dose di annate precedenti, in questo caso 2011, 2010 e addirittura 2009. Stessa cosa per le Riserve, dove accanto al 2011 abbiamo degustato diversi 2010 e qualcosa ancora più indietro.

 

Per quanto riguarda i Chianti Classico l’annata 2012 non è stata certamente una di quelle storiche.  A differenza del 2011 è stata costantemente calda e questo a forse permesso a molti produttori di “prendergli meglio le misure”. Il risultato è una vendemmia per adesso (aspettiamo le uscite del prossimo anno) senza grandi picchi ma con una discreta qualità media. Vini più freschi che profondi, con colori più consoni al sangiovese e con legni mooooolto meno marcati e marcanti. Frutti rossi abbastanza netti, non grande lunghezza ma mediamente vini piacevoli, da bere in tempi non lunghissimi.

 

Per le riserve il discorso è più complesso: anche se abbiamo trovato alcuni prodotti di anni precedenti di livello altissimo, la situazione per il 2011 non è certo rosea. Nella migliore delle ipotesi potremmo parlare di vini spesso noiosi, con nasi in diversi casi molto maturi e senza grande freschezza. E’ migliorato l’impatto col legno ma per i resto siamo di fronte a vini spesso scissi, con tannini per conto loro, alcol predominante e sensazioni astringenti  e “asciuganti” piuttosto marcate. Ma il vero problema per queste riserve è  nell’arrivo della Gran Selezione (di cui parliamo qui) che rischia di togliergli spazio vitale sia commerciale che soprattutto enologico, destinando le migliori uve aziendali ad un vino che ora come ora viene venduto quasi al triplo del prezzo della riserva.

 

Quest’anno, vista anche il notevole numero di assaggi ci è venuto voglia di “controllare” lo stato  delle uve non autoctone nel mondo del Chianti Classico. Il nostro parametro è stato forse spannometrico ma crediamo abbastanza aderente al reale, specie per i supertuscan (vedi) . Abbiamo semplicemente contato i vini che dichiarano di utilizzare cabernet e compagnia nelle dosi previste dal disciplinare. Siamo arrivati così ad un dato che accomuna Chianti Classico e Riserva e che (almeno sulla carta) mostra una sostanziale non predominanza delle uve alloctone. Dai nostri calcoli (circa 200 vini, quindi abbastanza significativo come dato) il 37-38% dei prodotti dichiara di usare in percentuali dal 5% al 20% uve non autoctone chiantigiane. Questo, come accennato, sia per le annate che per le riserve.

Il bicchiere può essere visto mezzo pieno o mezzo vuoto ma fondamentalmente l’uso di altre uve non è certamente predominante , specie rispetto a 5-10 anni fa. La domanda che ci è venuta in mente subito dopo è stata “Ma dove sono andati a finire tutti gli ettari di cabernet e merlot piantati?”.  In piccola parte, degustando alcuni chianti classico “autoctoni” o con percentuali di altre uve piuttosto basse, crediamo siano caduti per sbaglio nel sangiovese in purezza o in percentuale superiore al dovuto (sempre per sbaglio, per carità) in quelli già presentati come uvaggi. Ma per risolvere il mistero dovrete leggere qui .

 

Tornando invece alle caratteristiche gustative dei Chianti Classico e delle Riserve dobbiamo constatare una diversità fondamentale tra le due tipologie. Come potrete vedere le valutazioni qualitative medie sono simili ma quello che è diverso è la quasi sempre presente piacevolezza di un Chianti Classico a confronto con la noiosa sfilza di riserve con nasi meno potenti e aggraziati, bocche più tanniche e scomposte.

In definita: un chianti classico lo bevi bene praticamente sempre con piacere, ma una riserva quando e perché la devi aprire?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE