Assaggi bianchi friulani seconda parte: Chardonnay , Pinot Grigio e Pinot Bianco3 min read

Tra queste  tre uve la cenerentola (almeno in Friuli) è sicuramente il Pinot Bianco e la cosa mi ha sempre sorpreso. Trovo infatti che non utilizzare al meglio le grandi possibilità di questo vitigno sia un errore ma bisogna inchinarsi ai dati che, come si capisce dal grafico 1, vede in Friuli Venezia Giulia una diminuzione, nel periodo 2010-2013, degli ettari a Pinot Bianco del 14%.

Nello stesso periodo gli altri due vitigni di cui parleremo hanno avuto, per quanto riguarda il Pinot Grigio un aumento del 3%, mentre gli impianti a Chardonnay sono calati del 5%.

 

Variazioni che hanno portato lo Chardonnay al 6.4%  (grafico 2) degli impianti regionali, mentre il Pinot Grigio è saldamente al primo posto tra i vitigni piantati in Friuli con il 24.4%.

 

Il dato del Pinot Bianco non ci è pervenuto ma è sicuramente quasi insignificante mentre, mi sembra giusto sottolineare (come nel precedente  articolo senza demonizzarlo o esaltarlo) che il secondo vitigno più piantato in Friuli Venezia Giulia è la Glera: questa nel periodo 2010-2013 ha avuto un incremento del 270% arrivando a coprire il 18.9%  del “vigneto Friuli”.

 

Torneremo su questi numeri, ma intanto continuiamo il ragionamento sul Pinot Bianco.  In effetti l’annata 2014 non ha certo portato acqua al mulino degli estimatori di questo vitigno: vini dove la mancanza di corpo è spesso presente e non bastano dei nasi puliti e netti per passarci sopra.

 

Qualcosa in più, specie dal punto di vista della maturità delle uve, lo possiamo trovare in Collio: qui sembra quasi che l’andamento stagionale sia stato diverso e, pur non trovando le spinte e le complessità delle annate immediatamente precedenti, il risultato è stato comunque positivo.

 

Dal Bianco al Grigio il cambiamento non è solo cromatico. Si passa da un vitigno quasi Cenerentola a quello che, oltre ad essere il più piantato in regione  dovrebbe portare ad una megadoc interregionale con il Veneto.

 

Ma accanto alla maggiore quantità (anche di campioni degustati, da 15 a 45) non troviamo una maggiore qualità. Magari troviamo uno “spostamento” qualitativo, con l’Isonzo e i Colli orientali che si mettono più in mostra. 

In Collio ci sono dei Pinot Grigio con una  discreta finezza ma non certo una potenza adeguata, mentre le altre due zone presentano Pinot Grigi più baldanzosi e corposi, pur senza arrivare a picchi altissimi.

 

Interessante il risultato delle Grave, che riesce spesso in cantina a migliorare e non di poco il risultato della vigna. Infatti a nasi precisi ed anche intensi purtroppo fanno riscontro acidità amare e scarsità di corpo quasi generalizzate.

Insomma il Pinot Grigio friulano non è che in annate difficili come questa si salvi molto meglio del Pinot Bianco….meditate produttori, meditate.

 

Quello che, purtroppo,  si salva anche peggio è Lo Chardonnay 2014! Nessuno vino sopra le 3 stelle e in bocca spesso una disarmante sensazione di vuoto  che non cambia da zona a zona. Uno dei pochi dati positivi è in qualche caso una ben accetta e fresca sapidità, ma la media dell’annata  non porta certo a fare salti di gioia.

Qualche bel salto invece  lo abbiamo fatto con alcuni Chardonnay dell’annata precedente, ma questo conferma che lo chardonnay può essere vitigno per ALCUNI grandi prodotti, ma non certo per garantire una qualità riconoscibile e diffusa.

Per quello c’è il Pinot Grigio…o no?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE