Alto Adige Pinot Nero e Lagrein: complimenti!3 min read

Erano alcuni anni che non assaggiavamo Pinot Nero e Lagrein dell’Alto Adige e al termine della degustazione, risultati alla mano, ci siamo domandati perché avevamo fatto trascorrere così tanto tempo. Questo perché i risultati erano stati positivi, anzi molto positivi, specie per il Lagrein.

Ma andiamo con ordine e partiamo dal Pinot Nero  con quasi 40 campioni spalmati in 4 annate (dal 2009 al 2006). In primo luogo la conferma che l’Alto Adige è l’unico in Italia dove il Pinot Nero ricorda molto da vicino i fratelli maggiori della Borgogna. Magari ci possono essere altre zone dove questo vitigno si adatta bene ma quei profumi inconfondibili  di rosa e di frutta rossa, quel tannino levigato e giustamente accennato, quella fresca eleganza, quella finezza (scusate il gioco di parole) da Pinot Nero, la si può trovare solo in questa terra. Terra che poi presenta un vero e proprio crù di altissimo livello, quel fazzoletto di terra di Mazzon che è sempre e comunque una garanzia.

Veniamo alle varie annate: sul 2009 vogliamo dire poco perché l’unico neo dell’assaggio è il fatto che il Pinot nero altoatesino non sempre si presta ad essere bevuto giovane. Questo non perché abbia bisogno di maturare ma solo per il fatto che le migliori partite vengono destinate  comunque ad un invecchiamento anche se breve e nel “pronto beva” vanno vini che non possono reclamare il blasone e le caratteristiche del Pinot Nero locale. 

 2008-2007-2006 hanno presentato ognuno caratteristiche diverse riassumibili in:
• Frutto piacevole ma non profondissimo per  il 2008, a cui si aggiunge una buona freschezza ma una lieve mancanza di complessità.
• Bel corpo e buona potenza invece per il 2007, molto più equilibrato sia al naso che in bocca.
• Sui  2006, visto che erano solo due, non possiamo esprimere giudizi generali, ma se gli altri sono come questi siamo di fronte ad una grandissima annata.

Il bello comunque di tutti questi vini, aldilà delle caratteristiche positive, è la loro riconoscibilità immediata. Quasi mai sono mancati i classici aromi ed anche l’uso del legno non riesce praticamente mai a soverchiare le caratteristiche del vino. In definitiva ci sentiamo di affermare che il Pinot nero altoatesino sta cominciando veramente a volare alto pur mantenendosi con i piedi per terra sul fronte dei prezzi.

Se il Pinot nero vola alto il Lagrein rischia di uscire dall’atmosfera ed entrare in orbita! Raramente abbiamo avuto una degustazione così soddisfacente.

Questo vitigno, entrato nel mondo del vino di qualità da circa 20 anni, sta rivestendo il ruolo di “vino a 360°”. Buono infatti sia da giovane, sia da meno giovane e ottimo con degli anni di invecchiamento sulle spalle.

I Lagrein giovani del 2009 ci sono infatti piaciuti per una bella aderenza alle caratteristiche del vitigno unita ad una rotondità ed una beva notevole. Mano a mano che si andava indietro negli anni trovavamo Lagrein non più oberati da legno ma addirittura eleganti e freschi, equilibrati grazie a tannini imponenti ma ben morbidi. Corpo e potenza abbondavano anche nei (pochi in verità) 2005 e 2006 ed in generale le caratteristiche del vitigno spiccavano aldilà dell’annata di riferimento. Tutti inoltre mostravano una brillantezza e una giovinezza nei colori, sia nei vini giovani che in quelli di 4-5 anni.

Il salto di qualità fatto da questi vini ci è sembrato veramente notevole ed un punteggio medio di 2.79 stelle, forse il più alto dei nostri assaggi annuali, lo sta a testimoniare. Tra l’altro abbiamo notato anche una costanza qualitativa nei vini di diverse aziende, che avevano ottenuti alti punteggi in passato e li hanno raggiunti anche in questa occasione. In definitiva quasi una degustazione senza ombre, pure dal punto di vista dei prezzi , quasi sempre giustamente moderati, e del peso delle bottiglie, con un solo campione in controtendenza.

Siamo veramente felici che il “Brutto Anatroccolo” Lagrein sia oramai diventato un bellissimo cigno.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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