Alto Adige Cabernet e Merlot. Buoni ma…3 min read

Era la prima volta che i nostri assaggi targati Alto Adige si dirigevano sulle uve di provenienza bordolese. In campo due annate medio-alte,  2005-2004 ed una che spazia tra la ipervalutazione e l’anatema enologico, il 2003.
Se questi vini fossero stati dei compiti in classe fatti da studenti di liceo il voto medio sarebbe stato sei e mezzo, con la seguente motivazione. “Buona la forma, ottimo per l’assoluta mancanza di errori grammaticali ma il contenuto è troppo scontato e poco personalizzato”.
In altre parole: sono tutti buoni vini ma non innamorano, non riescono a far scattare quella molla che ti far venire voglia di riassaggiarlo, di portartelo a tavola, di giustificare anche alcune imperfezioni che in passato ho definito “strabismo di bacco”.
Questo sia che si parli di Cabernet Sauvignon o di Merlot, anche se la gara “personale” tra i due vitigni per me è stata vinta dal primo, sicuramente più armonico ed intrigante rispetto al secondo, dove alcune punte non riescono a sopperire prestazioni troppo “scolastiche”. In entrambi i casi comunque abbiamo trovato una certa ruvidezza tannica che, specie in vini di non grande corpo, mostrano scarsa maturità fenolica delle uve. Questo aldilà della differenza di annate che era comunque marcata. A proposito: i vini del 2005 non sono ancora i migliori della categoria mentre 2003 e 2004 mettevano in campo tutti i grossi calibri: questo non ci permette di valutare appieno l’annata 2005 mentre le altre due possono essere presentate in sostanziale pareggio, dove il 2004 ha maggiore equilibrio e complessità ed il 2003 punta su una ruvida e solare concretezza.
Ma in entrambi i casi quasi sempre siamo di fronte a vini corretti, ben bevibili, ma che non vanno molto oltre. Fino a quando si rimane su cifre  attorno ai 10 € non si può dire niente, ma quando il prezzo raddoppia e va oltre allora si pretenderebbe qualcosa di più, non solo come concentrazione, ma come carattere. L’impressione è di essere di fronte ad uve spesso piantate in passato perché il mercato le voleva ma che non si sono quasi mai adattate perfettamente e con cui i produttori non sono mai entrati veramente in sintonia. Se le confrontiamo con altre uve rosse, Lagrein, per esempio, dove troviamo vini meno perfetti ma più grintosi, la nostra impressione si consolida.
Anche dai pochi Pinot Nero assaggiati quest’anno abbiamo avuto sensazioni più nette, più vive, anche se non ci trovavamo di fronte a vini spettacolari: però la voglia di fare qualcosa di più si notava.
A proposito, pubblichiamo senza commento i pochi Pinot Nero degustati (una quindicina) perché non ci sentiamo in grado di dare giudizi generali su pochi vini, spalmati per di più su due annate.
In conclusione: se volete dei merlot o dei cabernet netti e varietali, anche a prezzi equi, l’Alto Adige vi offre una vasta gamma di prodotti: se invece cercate anche carattere, grinta, ma anche leggiadre finezze,il campo si restringe e non di poco.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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