2008, che Schiave! Peccato le tengano nascoste.2 min read

Non è un segreto che ami i vini prodotti con la Schiava. Per questo, mentre salivo a Bolzano per gli assaggi, ben sapendo come era andata la vendemmia 2008,mi sentivo nelle vesti del  padre carnefice che mette la testa della figlia Schiava sul ceppo e, con una serie di assaggi taglienti ed impietosi, gliela mozza.

Per fortuna questo non è accaduto, anzi, al posto delle tricoteuses ho trovato angeli che innalzavano inni di lode al cielo. Fuor di amorevole metafore: l’annata 2008 ci ha proposto un livello medio veramente alto e soprattutto inaspettato.  Ben sei vini con 4 stelle, 25 su 52 che prendono 3 stelle: stiamo veramente parlando di una grande vendemmia uscita fuori dal cappello a cilindro. In questa sede non voglio mettermi a disquisire sul come il miracolo sia avvenuto ma sul perché i miracoli non vengano sfruttati.


La schiava infatti, per diversi motivi, praticamente non si beve a sud di Trento. Il primo è perché gli stessi produttori non la propongono e quindi non la vendono. “Ma sai” mi dicono “E’ un vino leggero…non regge il confronto con quelli delle altre zone….poi ancora la qualità non è altissima…”. Insomma: gli stessi produttori non credono nel vitigno. Capisco che 30 anni fa la schiava in Alto Adige si piantava anche nel bagno di casa, che alcuni vini (Lago di Caldaro su tutti) grazie a gravi errori del passato hanno un’immagine pari allo zero, che la riconversione dei vigneti porta verso uve più remunerative, ma tutto ha un limite!!! Nel momento in cui il mercato è subissato da rosè di dubbia fattura, mentre il consumo si sposta su vini rossi più leggeri e piacevolmente immediati, chi avrebbe una grossa carta da giocare se ne sta nascosto nel suo angolo enologico, quasi vergognandosi.

Eppure le strategie ci sarebbero: un produttore mi diceva di aver concordato con un supermercato tedesco di mettere le sue schiave tra i rosati, altri mi parlavano di campagne presso ristoratori italici, attenti al prezzo per dei vini da bere con facilità in estate. Insomma: se si volesse si potrebbe….ma non si vuole!Qui devo chiamare in campo la promozione istituzionale che dovrebbe svolgere un ruolo attivo e positivo e che invece si limita a “servire” i vini che i produttori propongono alle varie fiere.

Ma perché non si crea una campagna di promozione e sensibilizzazione per la Schiava? Visto che ancora di ettari ce ne sono tanti, si potrebbe essere pronti sin da subito per sfruttarla commercialmente. Nel frattempo, con una piccola vena di tristezza, non mi resta che bermi un bel bicchiere di Schiava; vino che devo regolarmente “importare”, ogni anno, dai dintorni di Bolzano.

 

P.S. 

Per gli amanti della Schiava: non perdetevi l’articolo che uscira tra qualche giorno su un assaggio di vecchie annate di Schiava!!! 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE