Vola alto il Falcone dei Rivera: verticale del Castel del Monte Riserva5 min read

La Famiglia Rivera ci ha ormai viziato. Puntualmente ogni  x anni ci presenta la "collezione" del vino che l’ha resa famosa, ed ogni volta con annate diverse. Naturalmente sto parlando del Falcone, perché parlare di Castel del Monte equivale a parlare di quest’azienda e tra i suoi vini  l’alfiere è sempre stato (e per me lo è ancora) questo storico rosso.

Di degustazioni  verticali del Falcone di Rivera ne ho fatte parecchie ed ogni volta questo  vino riesce a stupirmi. La prima, credo a fine  degli anni ’80,  fu fatta presso la vecchia sede del ristorante Bufi a Molfetta con Daniel Thomases. Poi ricordo (quando si è vecchi capita), ancora la degustazione fatta il 3 novembre 2006, nello stesso luogo odierno ma con altre annate. Si degustarono allora quelle del 83-91-95-97-99 e 2000, in quella  recente le annate erano 2007-2004-2000-1993-1984-1974-1950. Come si vede l’unica coincidente  è quella del 2000.

 Colgo l’occasione quindi  per  tentare di tracciare, con i limiti che degustazioni di questo tipo pongono, un piccolo e sicuramente insufficiente bilancio storico di questo vino.

Dietrologia: il Falcone è composto da Nero di Troia e Montepulciano, le percentuali sono pressoché rimaste inalterate ( 70/30), sono cambiati nel tempo i vigneti ed ovviamente la tecnica enologica.  Dai primi vini derivanti da impianti a tendone si è  progressivamente passati a quelli a cordone speronato: in cantina dalle vasche in cemento, probabilmente ancora non vetrificate, ai serbatoi inox; dalle  botti grandi alle barrique (annata 95)  e poi a barrique e botti grandi (dal 2007) nelle versioni più recenti.

 

Nella degustazione del 2006 mi impressionò l’annata 1995 . Riporto le note di degustazione che allora mi appuntai: “Complesso nei profumi (timo,maggiorana, mentuccia) piccoli frutti neri. Corpo elegante, potente, di grande carattere e classe, tannini dolci ancora non perfettamente domati. Decisamente il migliore ed il più pronto della nuova serie (barrique)”.

Più o meno le  stesse cose che ho ritrovato nell’ultima  degustazione riferita però all’annata 2000 di cui all’epoca scrivevo: “ Profumi di piccoli frutti neri (more,gelsi). Bocca potente ampia e persistente, le note di legno completamente integrate sottolineano un corpo robusto e tannini ancora in evoluzione . Elegante.”

Segno evidente di una espressione territoriale che sopravvive all’introduzioni di modifiche e  aggiornamenti enologici, mantenendo di fondo le proprie caratteristiche varietali nel suo blend storico.

 

Premettendo, come molti sanno, che in degustazioni di questo tipo ogni bottiglia fa storia a se, mi sembra di poter dire che, pur tenendo conto del diverso andamento climatico delle annate, il Falcone si esprime molto bene alla distanza. Se pensiamo all’annata 2000, l’unica comparabile con la degustazione odierna, l’evoluzione è stata coerente: pur mantenendo ancora intregno il carattere fruttato, s’è arricchito delle note terziarie che tuttavia sono ancora in uno stato iniziale. A questo aggiungiamo la freschezza e tannini che  pur  addolciti sono ancora ben lungi dall’esaurirsi  e il quadro è completo per consegnarci un vino con ancor  anni davanti a se.

Anche le altre annate (1984 e 1974) mostrano nonostante tutto ancora una verve fruttata e profumi terziari non cedevoli ed affatto declinanti, con buonissima freschezza.

 

Non così l’annata 1993, cedevole ed evoluta, con note ossidative che ne segnano la fine.

 

Discorso a parte per l’annata 1950 quando il Falcone si chiamava Stravecchio. Il naso mostra inizialmente i classici caratteri terziari-riduttivi che man mano lasciano emergere più nitidamente quelli del bouquet di fiori appassiti-macerati, caffè e liquirizia. La bocca pur avendo perso la intuibile iniziale struttura mantiene ancora una certa acidità e tannini ormai domi, dolci e docili.

Senz’altro un fuoriclasse, se pensiamo che la composizione e provenienza  delle uve era all’epoca approssimativa (la selezione massale doveva ancora avvenire) ed anche le fermentazioni (probabilmente anche con raspi) lo erano altrettanto (non si conosceva ancora il  delestage  e sicuramente né lieviti selezionati né uso del freddo).  Per quelle meravigliose cose che succedono nel mondo del vino, la maturazione di questo vino sembra  sicuramente più  frutto più del caso che di una scelta consapevole, quindi probabilmente irripetibile.

 

Il nuovo corso, con l’annata 1995 a fare da spartiacque, è stato abbastanza omogeneo nei risultati, con ottime punte nelle e annate 96 e 97 un po’ meno, a mio avviso,  in quelle del 98 e 99 ed eccellente quella del 2000 di cui si è detto.  Sarebbe interessante risentire queste annate minori che all’epoca restavano per certi versi inespresse ed interlocutorie. 

 

In definitiva non c’è ancora una continuità che possa far pensare alla formula giusta, ma opportunamente  l’azienda continua a sperimentare  ancora, tenendosi al passo con i tempi per raggiungere non tanto una  continuità stilistica (che comunque si avverte in tutte le annate)  quanto la relativa sicurezza che i vini possano durare nel tempo.

Restare giovani invecchiando insomma: non è forse questo che distingue i buoni vini dai grandi vini ?

 

Per la cronaca contestualmente alla degustazione del Falcone s’è svolta anche quella del Puer Apuliae delle annate 2008-2006-2003-2000.

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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