Vinitaly 2010 ed il ruolo della donna: ora basta!4 min read

Prendendo alcuni esempi visti in occasione del Vinitaly mi rivolgo a voi, uomini intelligenti. Se ci siete volete far sentire la vostra voce? Possibile lasciate che vi si creda tanto cretini da comprare qualunque cosa purché proposta da una donna dotata di un paio di belle tette e un bel sedere?

Ma veniamo agli esempi. Nei giorni precedenti la fiera arrivano sempre mail di giovani ragazze, rigorosamente di bella presenza, che si propongono in qualità di hostess per lo stand. Tendo a cancellarle senza leggerle perché non ne ho bisogno, ma quest’anno sono stata colpita da una mail pesantissima perché zeppa di allegati. Leggo così la mail di una ragazza che si propone come hostess e che allega una decina di foto. Apro la prima foto e mi appare una alta almeno 1 metro e 80, taglia 38 e in….bikini, che è notoriamente la divisa delle hostess al Vinitaly. Il primo istinto è stato quello di risponderle: “Siccome sono bassa e grassa ti odio e non ti assumerò mai!” poi ho semplicemente lasciato perdere. Un consiglio a quella ragazza però lo voglio dare: prima di spedire mail con certe foto accertati di non mandarla a delle donne, perché non hai chance di ottenere il lavoro. Inoltre vedi di eliminare anche gli indirizzi di malintenzionati di vario genere a cui, oltre le foto, hai fornito indirizzo e numero telefonico.  
Arriviamo al Vinitaly. Sono rimasta davvero ben impressionata dalla innovativa azione di comunicazione adottata da un importante consorzio che ha esposto nel punto più alto del proprio mega stand due gigantografie. Da una parte quella di un indiano (brutto) con tanto di turbante e lunga barba nera con un bicchiere di vino in mano, dall’altra quella di una giovane e bella ragazza brasiliana “vestita” con il classico “abito” da Carnevale di Rio. Immagino l’obiettivo di comunicazione fosse dire che “questo vino si beve in tutto il mondo”. Anche qui mi permetto allora un suggerimento: sul terzo lato un vatusso (meglio una vatussa col solo gonnellino..) con tanto di lancia in una mano e bicchiere nell’altra e sul quarto un eschimese (idem come sopra, anche se difficilmente in abiti discinti) con il bicchiere appoggiato sull’igloo. Così si coprirebbe un maggior numero di razze.

Altri due esempi per finire, l’uno contrario dell’altro. Chiunque sia rimasto in fiera per più di 10 minuti non può non aver notato alcune ragazze con un fisico da modelle inguainato in una tuta color argento tanto attillata che quelle dei sub in confronto sono larghe. Immagino che avessero il compito di promuovere il prodotto il cui nome era scritto in verticale sui fianchi, ma che né donne, né tanto meno uomini, sono stati in grado in leggere (essendo infatti scritto in corsivo ed in verticale era difficilissimo da leggere). A onor del vero penso che le donne non lo leggessero perché accecate dall’invidia o dall’incazzatura, mentre gli uomini perché interessati a tutto tranne che al nome del prodotto. Pessima azione di comunicazione!

Situazione contraria. Alcune ragazze carine e sorridenti, con aria delicata e semplice sostavano nei corridoi per consegnare alcuni depliant. Facevano il loro lavoro senza essere invadenti ed in modo gradevole. Peccato che il genio pubblicitario di turno, forse diretto concorrente di quello che ha  ideato le tute argentate,  ha pensato bene di vestire le poverette con giacca e pantalone corto sopra il ginocchio, entrambi rosa confetto. Modello chiaramente ispirato al vestito di Pinocchio. Nemmeno Miss Italia avrebbe potuto indossare una cosa tanto brutta senza risentirne.

Domandona finale: quando il mondo del vino ( e non solo) si accorgerà che la donna ha assunto da tempo ruoli diversi? Quando si capirà che oggi tante cantine, ristoranti, enoteche, ditte di commercializzazione sono dirette da donne e che questo modo di usarle è offensivo per non dire inutile?

Possibile soluzione: l’anno prossimo mi aspetto di veder passeggiare tra gli stand bei giovanotti in tute argentate attillate, brasiliani in abito discinto e stewart rigorosamente molto ma molto belli. E che cavoli!

Maddalena Mazzeschi

A 6 anni scopre di avere interesse per il vino scolando i bicchieri sul tavolo prima di lavarli. Gli anni al Consorzio del Nobile di Montepulciano le hanno dato le basi per comprendere come si fa a fare un vino buono ed uno cattivo. Nel 1991, intraprende la libera professione come esperto di marketing e pubbliche relazioni. Afferma che qualunque successo è dovuto alle sue competenze tecniche, alla memoria storica ed alle esperienze accumulate in 30 anni di lavoro. I maligni sono convinti che, nella migliore tradizione di molte affermate PR, sia tutto merito del marito! Per Winesurf si occupa anche della comunicazione affermando che si tratta di una delle sfide più difficili che abbia mai affrontato. A chi non è d’accordo domanda: “Ma hai idea di cosa voglia dire occuparsi dell’immagine di Carlo Macchi & Company?”. Come darle torto?


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