La domanda aleggia: perché Vinisud? Perchè uno che odia le fiere, non va a Vinexpo e cerca di evitare come il vaiolo Vinitaly parla e va per ben quattro volte a quella che comunque è una fiera e che si svolge ogni due anni a Montpellier?
La risposta sicuramente esiste ma forse è troppo semplice e/o complessa per spiegarla. Perché uno sceglie una donna per la vita? Perché tifa Inter anche se ha sempre vissuto in Toscana? Come può un semplice giornalista spiegare queste cose e soprattutto dare un senso al suo rapporto (esclusivamente di odio/amore e non di interesse) con Vinisud? Non può e non vuole nemmeno provarci, se non dicendo che si tratta di una fiera snella, facile da vivere, semplice da solcare e con alcune belle idee da utilizzare (vedi saloni di degustazione libera).
Per questo chiudo con le motivazioni e passo al succo del discorso: com’è Vinisud?
Dal punto di vista giornalistico l’ho trovata molto facile da approcciare e con molte informazioni, specie per la Francia. Ma pure come italiano non è che le cose da dire manchino. Vi faccio un esempio: la prima sera sono stato invitato a cena dagli organizzatori. Eravamo in un “bar à vin” solo per vini biologici (mooooolto di moda in Francia) e al terzo vino che puzzava (su quattro) il qui presente si è ribellato dicendo l’ovvio (cioè che puzzava). La cosa è stata presa, appunto, come la constatazione dell’ovvio (tipo piove sul bagnato..) e sono stato quasi ripreso ufficialmente, facendomi notare le strutture in bocca e che, soprattutto, dopo un po’ il puzzo andava via. Insomma mi sono sentito marziano sulla terra, specie se la mia terra non si trova poi lontana. Pare che i francesi siano molto più permissivi su quelle che in Italia vengono chiamate puzze.
E sono anche molto meno pignoli sul numero delle DOC e sulle loro possibilità commerciali. Noi in Italia, tutte le volte che nasce una nuova denominazione portiamo l’esempio francese dicendo “in Francia non ne hanno così tante: Bordeaux è praticamente un marchio unico etc.etc” Poi esci dal “marchio unico Bordeaux” e scopri che il Sud della Francia (per esempio) ha quasi più denominazioni che ettari di vigneto e che nessuno si sogna di attribuire a questo un eventuale insuccesso commerciale.
Insomma uscire dal proprio orticello italico serve ad allargarsi gli orizzonti ed a cercare di vedere oltre il proprio naso.
A proposito di vedere: purtroppo quest’anno a Vinisud non sono riuscito a vedere i vini di quelle zone che prima partecipavano: sto parlando di Paesi come Libano, Marocco, Tunisia etc, cioè i paesi del sud del Mediterraneo che erano quasi il fiore all’occhiello di questa fiera, appunto denominata “dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo”. L’organizzazione dovrebbe spingere e farli partecipare quasi d’ufficio. Qualcuno per la verità c’era, ma ben poca cosa rispetto al passato.
Per il resto un giornalista a Vinisud trova una sala stampa funzionante e ben organizzata e soprattutto ha la possibilità, grazie ai saloni dove i vini vengono messi in degustazione senza la presenza dei produttori, di farsi un’idea piuttosto ampia di un territorio e poi, solo poi, andare a parlare con i responsabili delle aziende che più gli sono piaciute. Una grande risparmio di tempo e di fatica rispetto al girare come una trottola da uno stand all’altro.
E per i produttori, in particolare italiani? Da quello che ho sentito mi sono sembrati piuttosto soddisfatti: non molti contatti ma interessanti (la fiera è aperta solo ad operatori) e soprattutto non hanno pagato cifre folli per partecipare;insomma una fiera dal buon rapporto qualità prezzo.
Credo proprio che ci tornerò.