Vinisud: ci tornerò!3 min read

La domanda aleggia: perché Vinisud? Perchè uno che odia le fiere, non va a Vinexpo e cerca di evitare come il vaiolo Vinitaly parla e va per ben quattro volte a quella che comunque è una fiera e che si svolge ogni due anni a Montpellier?

La risposta sicuramente esiste ma forse è troppo semplice e/o complessa per spiegarla. Perché uno sceglie una donna per la vita? Perché tifa Inter anche se ha sempre vissuto in Toscana? Come può un semplice giornalista spiegare queste cose e soprattutto dare un senso al suo rapporto (esclusivamente di odio/amore e non di interesse) con Vinisud? Non può e non vuole nemmeno provarci, se non dicendo che si tratta di una fiera snella, facile da vivere, semplice da solcare e con alcune belle idee da utilizzare (vedi saloni di degustazione libera).

Per questo chiudo con le motivazioni e passo al succo del discorso: com’è Vinisud?

Dal punto di vista giornalistico l’ho trovata molto facile da approcciare e con molte informazioni, specie per la Francia. Ma pure come italiano non è che le cose da dire manchino. Vi faccio un esempio: la prima sera sono stato invitato a cena dagli organizzatori. Eravamo in un “bar à vin” solo per vini biologici (mooooolto di moda in Francia) e al terzo vino che puzzava (su quattro) il qui presente si è ribellato dicendo l’ovvio (cioè che puzzava).  La cosa è stata presa, appunto, come la constatazione dell’ovvio (tipo piove sul bagnato..) e sono stato quasi ripreso ufficialmente, facendomi notare le strutture in bocca e che, soprattutto, dopo un po’ il puzzo andava via. Insomma mi sono sentito marziano sulla terra, specie se la mia terra non si trova poi  lontana. Pare che i francesi siano molto più permissivi su quelle che in Italia vengono chiamate puzze.

E sono anche molto meno pignoli sul numero delle DOC e sulle loro possibilità commerciali. Noi in Italia, tutte le volte che nasce una nuova denominazione portiamo l’esempio francese dicendo “in Francia non ne hanno così tante:  Bordeaux è praticamente un marchio unico etc.etc” Poi esci dal “marchio unico Bordeaux”  e scopri che il Sud della Francia (per esempio) ha quasi più denominazioni che ettari di vigneto e che nessuno si sogna di attribuire a questo un eventuale insuccesso commerciale.

Insomma uscire dal proprio orticello italico serve ad allargarsi gli orizzonti ed a cercare di vedere oltre il proprio naso.

A proposito di vedere: purtroppo quest’anno a Vinisud non sono riuscito a vedere i vini di quelle zone che prima partecipavano: sto parlando di Paesi come Libano, Marocco, Tunisia etc, cioè i paesi del sud del Mediterraneo che erano quasi il fiore all’occhiello di questa fiera, appunto denominata “dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo”. L’organizzazione dovrebbe spingere e farli partecipare quasi d’ufficio. Qualcuno per la verità c’era, ma ben poca cosa rispetto al passato.

Per il resto un giornalista a Vinisud trova una sala stampa funzionante e ben organizzata e soprattutto ha la possibilità, grazie ai saloni dove i vini vengono messi in degustazione senza la presenza dei produttori, di farsi un’idea piuttosto ampia di un territorio e poi, solo poi, andare a parlare con i responsabili delle aziende che più gli sono piaciute. Una grande risparmio di tempo e di fatica rispetto al girare come una trottola da uno stand all’altro.

E per i produttori, in particolare italiani? Da quello che ho sentito mi sono sembrati piuttosto soddisfatti: non molti contatti ma interessanti (la fiera è aperta solo ad operatori) e soprattutto non hanno pagato cifre folli per partecipare;insomma una fiera dal buon rapporto qualità prezzo.

Credo proprio che ci tornerò.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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