Vinipedia, ovvero ………46 min read

Si sentiva da molte parti il bisogno di un dizionario ragionato sul moderno mondo del vino. Il nostro progetto vuole andare oltre e creare il primo testo democratico aperto al contributo di tutti coloro che si sentiranno in grado e/o avranno voglia di portare la loro esperienza. L’opera è da oggi definita Vinipedia.

 

Il simbolo contradistingue gli inserimenti più recenti

 

 

 

Abboccato.

Si dice di consumatore con poco raziocinio che, dopo aver letto l’etichetta (in alcuni casi anche la retroetichetta) di un vino, lo acquista. In particolare ci si riferisce ai vitigni dichiarati sulle medesime o a frasi del tipo “Vino prodotto esclusivamente con procedure naturali”.

 

 

Albana di Romagna.

 

Cugina romagnola del famoso produttore di vino pugliese, nonchè cantante a tempo perso. In giovane età assistette ad una serie di esibizioni canore del cugino, ricavandone forti traumi psichici che le cambiarono completamente il carattere, prima gioviale e disinibito. Divenne così Albana di Romagna Passita.

 

 

Alberello

 

Sistema di allevamento della vite, tipico nel Salento. Qui, negli anni 70, a seguito della estirpazione dei vitigni autoctoni a favore di quelli internazionali, gli alberelli venivano reimpiegati nelle case come oggetti ornamentali ma anche come buoni deodoranti, sfruttandone i precursori aromatici ancora magicamente attivi. Soltanto qualche anno più tardi i francesi ne prenderanno l’idea per i profumatori d’auto che oggi tutti conosciamo, come al solito rivendicando l’invenzione e imponendo la loro lingua nel nome: Arbre magique.

 

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Alighieri Dante.

 

Famoso chimico fiorentino creatore del fondamentale strumento enologico per l’osmosi in versi. Trattasi di macchinario complesso che si basa sul semplice principio di trasformare versi divini in vini diversi, in alcuni casi DOC, più frequentemente IGT o VDT. Ovviamente è utilizzabile anche al contrario, il che ha dato vita a buona parte dell’attuale sottobosco della poesia italiana. Si può ben capire come una invenzione di tale portata porti inevitabilmente ad invidie anche mortifere (vedi la voce "Antiossidante") e, nella migliore delle ipotesi, tentativi di plagio. Nel tempo si è assistito comunque a notevoli evoluzioni del primo progetto: recentemente è stato brevettato un modello che può funzionare anche con frasi non in rima, chiamato “Transusto”. La macchina sembra una normale imbottigliatrice. La bottiglia viene riempita regolarmente, tappata, e poco prima di entrare nel nucleo del macchinario, etichettata. L’ultima parte del processo, coperto da segreto distruttorio (la macchina si autoditrugge se qualcuno cerca di aprirla) consiste nel trasformare il vino all’interno della bottiglia in quello che viene dichiarato nell’etichetta.

 

Amabile

 

L’oste che ti riempie il bicchiere fino all’orlo.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Amarore

 

Sensazione di un produttore vinicolo escluso da tutte le guide del settore.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Ampelografia

Particolare tipo di scrittura a caratteri di dimensione massima 1 micron. Utilizzata dagli agenti della CIA, che con opportune penne laser riescono a scriversi in codice utilizzando come notes i peli del pube. Purtroppo la sempre maggiore tendenza a depilarsi anche da parte degli uomini, sta facendo decadere l’uso di questa tecnica straordinaria.

Autore: RoVino

 

 

Ampilugrafia

 

Disciplina fondata dal prof. C. Laqualunque che studia i vini bianchi a base di uva Passerina ed i rossi ottenuti da Uva di Troia.

 

autore: Pierlorenzo tasselli

 

 

Ampio.

 

Vino che ha numerose sfumature odorose, misurabili in metri quadri.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Antiossidante.

Veleno creato ad hoc per uccidere l’Alighieri Dante. Agisce sul midollo osseo, rendendolo simile a stracchino. Tale tremenda fine tocca, dopo poco tempo, anche alle ossa stesse. Oggi, dopo aver ottenuto, ciò per cui era stato creato, viene normalmente utilizzato per mantenere giovane il colore dei vini VDT (Velenosi Dopo Trattamento).

 

 

Antisom

Sigla riportata su un missile a testata nucleare che ha destato seria preoccupazione nel mondo della sommellerie. Un comunicato dello Stato Maggiore della Marina ha rassicurato l’A.I.S., spiegando che l’acronimo Antisom sta per antisommergibili!

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Asciutto

 

Il portafoglio all’uscita di un’enoteca alla moda.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Avarone della Valpolicella

 

Agricoltore veneto molto parsimonioso. Sostenitore del biologico ed ecologista, non per convinzione ma per convenienza: con la scusa di proteggere la natura, non pratica il diradamento e non usa alcun tipo di diserbante e di pesticida nei suoi vigneti; per arrivare ad una resa di circa 100 quintali per ettaro, utilizza solo concimi naturali. Sarà per questo che il suo vino ha quel caratteristico odore?

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Barbera.

Anzi Barb’era. Come ha scritto Sebastiano Vassalli su “La Stampa”, non ci sono più quelle di una volta. Per fortuna

 

Autore: Maurizio Gily

 

 

Barrique

 

Al contrario di quel che si pensa il termine non ha origini francesi ma spagnole, in particolare venezuelane. Non ha etimologia complessa: semplicemente nasce dal nome di uno dei locali più famosi e sfortunati di Caracas, il Bar Rique, creato dalla famosa  Consuelo Rique, donna bellissima ma con scarso fiuto per gli affari. Dopo aver esercitato la professione più vecchia del mondo decise di aprire questo esercizio in cui gli avventori si servivano di Rhum, Tequila, Mescal e generica agua ardiente direttamente da piccole botti fatte ad hoc e disseminate nelle varie stanze del locale. Purtroppo il metodo si rivelò catastrofico per la difficoltà di quantificare il numero delle bevute di ogni cliente e dopo alterne vicende il locale fallì. Le disavventure del Bar Rique portarono l’irriverente ed ingrato popolino ad identificare “l’andare a rotoli” con le piccole botti usate da Consuelo da allora rinominate, in un sol termine, Barrique. Non per niente vennero utilizzate  per trasportare vini e liquori, facendole rotolare. Solo oggi hanno trovato un utilizzo diverso nell’invecchiamento del vino.

 

 

Batonnâge.

 

operazione che consiste nello scuotimento del vino durante l’elevage in legno, al fine di rimettere le fecce in sospensione (tipica dei vini bianchi di Borgogna). In realtá, studi recenti hanno dimostrato l’origine della parola in ‘battonnage’, ovvero ardita opera di prostiture francesi chiamate all’uopo per svendere il vino rimasto in cantina. L’opera é stata recentemente rivalutata da proseliti in Usa (si rimanda alla voce Savanna Samson)

Autrice: Malinda Sassu.

 

 

Berlusconi Silvio.

Enologo  del XVIII° secolo,  inventore della cosiddetta vinificazione in bianco. La leggenda vuole che fosse fortemente contrariato dal fatto che le uve nere da lui coltivate, dopo un normale processo di vinificazione, dessero vita ad un vino rosso. Per questo decise di scendere in campo, prima per controllare di persona le uve e poi per parlare con i villani addetti alla vinificazione. Il suo motto era “Mi consenta” e rivolgendosi così ai villici, li allontanò dalla cantina. Da solo, o forse aiutato da una formosa assistente, tale Italia Marconcini, in pochi giorni mise a punto il sistema. Le malelingue assicurano che intrattenesse rapporti poco chiari con la suddetta fanciulla. Spesso  infatti nella cantina (dove faceva entrare solo lei) si sentiva il Berlusconi gridare sospirando “Forza Italia, forza Italia!!”

 

 

Bonarda

Al secolo Bonaiuti Leonarda: allegra ragazzona nata a cavallo tra le due Guerre Mondiali nelle campagne tra Broni e Stradella. Di umilissime origini riuscì a crescere forte e robusta grazie all’ aiuto delle suore carmelitane. Pur avendo avuto un’educazione intrisa di vieto cattolicesimo, spinta dal bisogno decise di intraprendere nell’età della ragione la professione più vecchia del mondo. Lo fece però con allegria e gaiezza e questa fu la sua fortuna. Agli inizi si costruì un piccolo ma lindo capanno sull’argine maestro del Po: qui riceveva i clienti a cui trasmetteva sempre un po’ della sua voglia di vivere. Iniziarono a chiamarla “la spumeggiante” ma per i più rimase sempre “La Bonarda”. Un gretto ma usatissimo calembour locale recitava “la Bonarda dell’Oltrepò – me la fo, me la fo!” La legge Merlin la trovò rispettata proprietaria di varie attività economiche in quel di Pavia. Non sfuggiva ( ne si sognava di farlo!) comunque ai lazzi dei buontemponi che le gridavano dietro “Bonarda:da spumeggiante a tranquilla e intanto ti sei fatta la villa!”

 

 

BR

“Bianco o Rosso? “ .
A questa domanda si risponde indossando il passamontagna e sparando alle gambe del cameriere con una walter P38 .

Autore: Pierlorenzo Tasselli

 

 

Brindisi

 

Capoluogo dell’Alto Salento adriatico; in Italia è sinonimo di augurio rivolto alle persone con le quali si consuma il vino in occasioni conviviali, nelle celebrazioni e nei festeggiamenti. Tale usanza risale al Medioevo, allorchè i Crociati, partendo dal porto della cittadina pugliese, bevevano copiose razioni di Negroamaro, Primitivo e Malvasia Nera scambiandosi auguri di vittoria, con la speranza di riportare a casa la pellaccia sana e salva. Quelli che ci riuscivano, una volta tornati al paese d’origine, usavano "fare come si faceva a Brindisi", in breve "fare un Brindisi". Ardite ipotesi di alcuni storici suppongono che il divieto di consumare alcol imposto da talune religioni diffuse nei paesi arabi sia da annettere alla speciale vigoria dei Crociati, galvanizzati dai possenti rossi consumati, in dosi assolutamente generose, prima dell’imbarco dal porto pugliese, tra un Brindisi e l’altro.
Autore: Decanter a Colabrodo.

 

 

 

 

Bush George.

Enologo rampante, simbolo della moderna viticoltura americana. Inventore del processo di “Vinificazione Preventiva”, oggi attuato in molte parti del globo. Tale metodo interessa espressamente le uve con maggiori difficoltà di vinificazione, le famose "uve canaglia". Queste possono però variare di anno in anno, a seconda degli andamenti stagionali e comunque ad insindacabile giudizio dell’enologo. Sistema consigliato per mantenere alta l’acidità crea però fermenti e fermentazioni difficili da controllare senza macchinari costosissimi ed un grande spiegamento di materiale umano. A questo scopo il Bush si è contornato di folti gruppi di vendemmiatori, i Marvines.

 

 

CA (calcio). Composizione ed utilizzo nella Penisola Iberica.

 

“Qui stadio Touriga Nacional di Porto, amichevole dal sapore vintage tra Spagna e Portogallo… ecco Oloroso che avanza, giunge fino alla metà campo, inseguito da Macabeo, passa a Manzanilla che crossa verso Pedro Ximenez contrastato da Tempranillo, irrompe Oloroso che tutto soleras tira da flor: palo cortado! Ma l’arbitro siciliano, Rubino da Marsala fischia un fallo da rigore su Amontillado che esce in parellada… dagli spalti si ode un urlo: Bastardo! Il giocatore se la cava con le cure del medoc, il francese Paulliac: nulla di graves. Il tecnico Somontano effettua la quinta sostituzione. La reserva Garnacha s’incarica del tiro, ma senza crianza ed il portiere Alvarinho blocca in presa. Il match ora si fa douro… o duero?"

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Cantina

 

Luogo sacro. La cantina… ideale vede la disposizione dei vini nella seguente maniera:
a destra, Contessa Entellina, Duca di Salaparuta, Nobile di Montepulciano, Nero d’Avola, ecc.;
a sinistra, Rosso di  Montalcino, Rosso Conero, Torgiano Rosso, ecc.; infine, al centro, Bianco d’Alessano,  Bianco di Custoza, Bianchello del Metauro, ecc.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Cappello sommerso

 

Usanza familiare in voga tra le due guerre mondiali sia di qua che di là dal Piave, specie nei borghi più isolati delle prealpi, durante serate particolarmente rabose e fredde. Il vignaiolo si metteva il cappello, andava in cantina e poi lo immergeva in un piccolo tino di vino che gli arrivava suppergiù alla vita. Dopodiché chiamava a gran voce la moglie e le spiegava che gli era cascato il cappello nel vino pregandola di cercarglielo. La brava donna si metteva di buona lena a sguazzare fino ai gomiti nel tino esponendo le terga ed esclamando contemporaneamente: “Ma dove sarà mai? Ma che fine avrà mai fatto? Ma guarda te che cose strane capitano in questa cantina…” Nel contempo l’astuto vignaiolo dipanava i sottanoni della sua signora incoraggiandola con entusiasmo, cercando di aiutarla e allo stesso tempo di motivarla maggiormente con indicazioni del tipo: “Eccolo! Più Giù! Prendilo! Ecc.” Il gioco si concludeva quando marito e moglie, tenendo a più mani il cappello ritrovato sopra le teste e annaffiandosi festosamente di vino, gridavano all’unisono un sonoro “Evviva!”

 

 Autore.

Dr. S. Giovese

 

 

Cava.

Spumante spagnolo, ricco di estratti minerali.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Cortese

Ci si fa il Gavi DOCG, solo in purezza. E se in purezza non è, allora è piemontese, falso e cortese.

 

Autore: Maurizio Gily

 

 

 

Culinaria (Arte)

 

I fratelli Montgolfier stavano sorvolando a bassa quota il castello di Chantilly, quando riconobbero, sulla terrazza, l’ arcivescovo di Cointreau .
Costui aveva sentenziato : “ Se nostro Signore avesse voluto che l’ uomo volasse, l’avrebbe dotato di ali “.
Detto fatto, entrambi si calarono le coulottes snudando i derrieres e li esposero sul bordo della navicella .
Il gesto non sfuggì a Brillat-Savarin , che, dietro la verande , stava coordinando le operazioni di cucina . Si dice che in quell’ occasione gli sia impazzita la maionese .

L’ atto venne replicato , più di un secolo dopo, dal vate D’Annunzio . Dopo aver compiuto il volo su Vienna, esauriti i volantini tricolori, si concesse un ultimo passaggio sul castello di Schonbrunn, ed eseguì l’ esibizione delle terga a beneficio dell’ imperatrice Zita.
Già gongolava, pensando di far passare alla Storia il suo gesto come “beffa di Schonbrunn”, quando uno jaghermeinster appostato nel parco gli esplose una schioppettata con pallini del 12 , cogliendolo in pieno, ancorchè debolmente . Il rientro alla base fu penoso . Parve opportuno calare un pietoso velo  sull’ increscioso episodio.

 

Autore: Pierlorenzo Tasselli 

 

 

Da Vinci Leonardo.

Geniale bevitore di vino della piana dell’Arno. Durante le sue memorabili sbornie sognava cose fantastiche che puntualmente riportava su carta una volta sobrio. Ci sono rimasti di lui moltissimi disegni e scritti, nonché alcuni dipinti. Uno dei più famosi era la cosiddetta Monna Arabica, ritratto di giovane fanciulla  dal sorriso indecifrabile con un turbante in testa. Purtroppo le condizioni di conservazione del dipinto sono state per molto tempo disastrose. Nei primi tempi il Vinci stesso, come in preda ad un raptus, grattò via il turbante dal dipinto, usando perdipiù tecniche fortemente abrasive sia per i colori che per la tela . Il dipinto è giunto a noi in questa seconda versione, assumendo di conseguenza il nome di Monna Lisa.

 

 

 

Degustazione.

 

L’etimo di questo termine  pare giunga a noi addirittura dal Basso Medioevo, coniato da Fra Dolcino da Novara. Conosciuto dai più come eretico e trattato come tale dalla Chiesa Cattolica, Dolcino si creò intorno un gruppo che da lui prese il nome: i dolciniani. I molti che accorsero e  cedettero alle lusinghe del frate erano soliti eseguire con ardore i suoi ordini, proposti tramite parole complesse con significati multipli. Il più famoso è sicuramente “Penitenziagite” a cui il fedele doveva pregare e pentirsi dei propri peccati mentre compiva le opere ed il lavori quotidiani. Meno conosciuto ma più deflagrante per la chiesa di allora fu il termine “Degustazionate” che prevedeva il godimento terreno associato ad azioni o lavori giornalieri. In altre parole il dolciniano poteva trombare di brutto salvo adempiere in contemporanea ad incombenze varie, come girare il sugo, rifare i letti (divertente ossimoro di fatto) e, nei casi di spinto virtuosismo, zappare l’orto.
Ad oggi per degustazione si intende un complesso rito enoico officiato da esperti in abiti pseudotalari a cui partecipano adepti sempre più numerosi, attirati dal criptico, arcano ed esoterico andamento dello stesso. La preparazione è particolarmente laboriosa. Da una parte il seguace deve effettuare una notte di preghiera e meditazione, dall’altra il sacerdote celebrante ha il compito di stappare le bottiglie anche molti giorni prima, travasarle in recipienti di vetro dal collo strozzato e lasciare il tutto a contatto con l’aere per molto tempo. Il passaggio del vino dal sacerdote decantante all’iniziato adorante è uno dei misteri più insolubili della storia. In quel momento anche  il peggior vino si trasforma,  per il noto principio della transustanziazione laica, in una liquida ambrosia che il degustante deve prima ammirare, poi annusare ed infine centellinare inframezzando mugolii di serioso piaciere. Non sono previsti sgarri al cerimoniale: chi si permette frasi del tipo “Ma questo vino fa schifo!” viene severamente squadrato ed invitato fermanente ad uscire e mai più tornare. In alcuni casi, come nell’Associazione Indefessi Sacerdoti, i miscredenti vengono sottoposti a pene corporali.

 

 

Di corpo

In degustazione, vino che ha effetti lassativi.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Diradamento

La moderna viticoltura ha introdotto tale pratica che in realtà affonda radici ed etimologia nel Pleistocene. Infatti circa un milione di anni fa l’homo erectus,  mancante e per di più  inane all’uso di strumenti da taglio di precisione, era uso strapparsi con le villose mani i folti peli del mento per risultare più gradito alle femmine della sua specie.
Applicata ai grappoli d’uva questa scienza porta all’asportazione degli stessi dalla vite, in ragione di un miglioramento qualitativo del prodotto finale.
Purtroppo l’enologia moderna, in virtù di profonde conoscenze maturate (senza preventivo diradamento) in ambito universitario, sta tendendo sempre più a diradamenti drastici e pressoché definitivi. Esemplare in tal senso è il processo che porta all’introvabile “Ex pluribus unum” del grande Agostino Antinari de Freschiboldi. Del vino viene prodotta una sola bottiglia ed esclusivamente nelle migliori annate. Agostino, personaggio dal carattere ombroso ed ex latinista di grido, è solito farsi prendere la mano durante i diradamenti dei suoi 833 ettari vitati, che compie esclusivamente di persona. Al grido di “Quosque tandem abutere Catilina patienta nostra?” Interviene sui grappoli recidendoli uno dopo l’altro in un vero e proprio parossismo cesorio sino a che, esausto, esce di vigna lasciando un solo grappolo superstite. Questo, vinificato con le più grandi attenzioni, darà vita all’inimitabile bevanda.
Senza comunque arrivare a tali estremizzazioni il diradamento è effettuato dalla stragrande maggioranza dei produttori, anche se con tecniche diverse. Ve ne presentiamo alcune.

Rischiatutto: dopo una serie di domande di cultura generale vengono tolti i grappoli con punteggio inferiore alla media.
Analitico: evoluzione del precedente. Il grappolo è sottoposto a tre tipi di analisi: logica, grammaticale e del periodo. Al termine i più asini, riconoscibili anche dalle orecchie (recie) più sviluppate, vengono tagliati e rimandati al settembre successivo.
Roulette Russa: preferito per i vitigni autoctoni che autonomamente si passano, di rachide in rachide, un coltellaccio e cercano di autodiradarsi.
Hamelin: il contadino, dotato di flauto dolce passa nottetempo tra i filari, seguito da un fila sempre più lunga di grappoli, dei quali non si avranno più notizie.
Concorso Ministeriale: in vigna il contadino distribuisce finti moduli per un concorso da usciere-capo al Ministero dell’Agricoltura, le cui selezioni si svolgono sempre nei primi 15 giorni di agosto. I grappoli che ci cascano dimostrano chiaramente di non essere degni di vinificazione.
Ecumenica: adattissima per vitigni maschi, come il Nebbiolo o il primitivo, nonché fortemente credenti, tipo Sangiovese. Un gruppo di gesuiti viene liberato in vigna per confessare i grappoli. Le domande che pongono i padri sono stringenti  e pressanti, del tipo “A cosa pensi quando vedi della Passerina?” oppure “Hai mai sognato di essere follato?”. I grappoli che arrossendo, invaiano precocemente, vengono benedetti ed eliminati.

 

 

Diradamento

Ovvero "pietà l’è morta".

Il diradamento è una pratica adottata dalla moderna viticoltura per potenziare la carica dirompente delle uve.
Prima di affermarsi, tale pratica ha incontrato notevoli difficoltà.
La manodopera autoctona era riluttante e ostile, ritenendo che la grazia di dio non può essere rifiutata. Di fronte ai grappoli da amputare , non ce la facevano. Il grappolo spalancava occhi umidi di cerbiatto, mostrava la foto dei suoi bambini . Di fronte a questo, il rude villico dal cuore d’oro veniva preso dal magone e lasciava cadere la cesoia.
Gli enologi di origine piemontese o veneta, trapiantati in Toscana, tardarono a percepire l’ entità del problema. Arrivavano in vigna e davano disposizioni categoriche affinchè si procedesse al diradamento . Ricevevano risposte del tipo : “Subito !” – “ Come no !” – “ Ora gliela dirado io !”. Ripassavano dopo due settimane, e i grappoli erano ancora sulle piante.
Invece, gli enologi toscani e napoletani, più sensibili alle sfumature ironiche del linguaggio, capirono che bisognava applicare un provvedimento drastico : il ricorso alla manodopera straniera.
Occorrevano uomini spietati, abituati a uccidere senza emozioni.
Vengono forniti da agenzie specializzate.
I più ricercati (e anche i più cari ) sono i Gurka dal volto di pietra. Le loro daghe larghe come mannaie, tagliano con un sol colpo il collo di un bufalo, durante la festa del loro santo patrono.
I nigeriani agiscono solo di notte e sono del tutto invisibili. Se qualcuno li ha visti, non ha potuto raccontarlo. Al mattino i vigneti appaiono deserti e perfettamente diradati. Unico segno del loro passaggio, una zampa di leopardo inchiodata sulla testata di un filare .
I magrebini sono reclutati fra i membri della setta degli Hashishin , capeggiata dal Vecchio della Montagna. Vivono in alloggiamenti fiabeschi, avvolti nell’effluvio delle droghe, immersi in un torpore stuporoso, accuditi da splendide odalische. Vengono narcotizzati, fatti risvegliare nel vigneto e scatenati contro i grappoli superflui. Difficili da tenere sotto controllo, come i malesi in preda all’’Amok .

Autore: Pierlorenzo Tasselli

 

Dolcetto.

Vino da vitigno autoctono piemontese, secco e dal finale tendenzialmente amaro, da cui la classica domanda dei degustatori inesperti: Dolcetto o scherzetto?

autore: Maurizio Gily

 

 

Erbaluce

Vitigno bianco di pregio nativo del Canavese, tra le Province di Torino e Ivrea. Sull’origine del nome si sono fatte varie ipotesi con poco fondamento, finché la perduta sapienza degli antichi non è stata riportata alla luce da un dirigente licenziato dalla vicina Olivetti, che, dietro insegnamento di uno sciamano della Valle Sacra, si curò la depressione fumandone le foglie.

Autore: Maurizio Gily

 

 

Estratto secco

Giocata su un vino determinato per riuscire a riconoscerlo fra 90.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Etichetta

 

Carta d’identità del vino. Ma per molti non basta. Ci sono quelli che per una maggiore chiarezza vorrebero leggerci l’elenco dei componenti, anche microscopici, contenuti nel vino. Come per l’acqua minerale. Anche se difficilmente capita di sentire nei supemercati frasi tra massaie come queste: “La mia acqua ha un contenuto di magnesio minore della tua di ben 0,2 mg”; “Sì, ma la mia, alla sorgente, ha la temperatura più fresca”, “Io, invece, penso alla sicurezza: l’acqua che scelgo io ha una minore conducibilità elettrica…”. Esiste poi il “fronte del NO”. E’ costituito da quelli che vedrebbero scritto volentieri sull’etichetta i componenti o le tecniche che non ci dovrebbero essere, anche se consentiti in altri Paesi, come: No O.G.M., No Chips, No Sugar Added, ecc. Più che una carta d’identità sembra un manifesto referendario!

 

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

 

Etichetta, ovvero L’ Etichetta.

 

Si dice “etichetta” l’insieme di regole e divieti che definiscono la buona creanza, distinguono il gentiluomo bennato e la signora di classe .
Per restare nell’ ambito enoico  che ci compete, a titolo di esempio:
– rivela origini plebee colui che , mescendo all’ ospite da una bottiglia di Darmagi , aggiunge il commento “Questo è di quello bono, è fatto con l’ uva”.
– È malvisto nei circoli più esclusivi chi versa  Chateau Petrus in un bicchiere cilindrico, recante la scritta "Peroni" e vi aggiunge una dose di gazzosa.
– Zoccola da poco verrà considerata la signorina che, di fronte a uno champagne millesimato, estrae un bastoncino di plastica e lo rimesta per far spurgare le bollicine.

 

Autore: Pierlorenzo Tasselli

 

 

Giornalista enogastronomico.

Varietà in rapida e preoccupante proliferazione, ottenuta generalmente tramite innesto di intenditore spocchioso su personalità infantile e psichicamente disturbata. Non rari però anche i casi ottenuti tramite selezione massale di giornalista riciclato. Da consumare previa sfecciatura e pesante solfitazione. Celebre la definizione di Oscar Wilde: “Per fare il giornalista enogastronomico non è indispensabile essere stupidi. Però aiuta”.

Autore: Francesco Annibali.

 

 

 

Giornalista scemogastronomico.

 

Secondo l’ultima anagrafe del dipartimento di coltivazioni arboree dell’università di Milano, è il clone di giornalista enogastronomico più diffuso in Italia. Evidenti e numerosi i tratti somatici tipici, tra i quali i più rappresentativi sono l’abbigliamento stile signorotto di campagna/cacciatore al relax/amaro Montenegro, intelligenza irrilevante e cultura arrabattata, eccellenti capacità leccaculistiche, ostentazione di piaggeria verso i potenti, erre moscia finta, barba incolta. Ma soprattutto: cappello da capostazione effetto delimitazione del territorio (come l’urina per i cani). Della serie: qui comando io. Terminologia preferita: salvaguardia delle biodiversità, recupero degli autoctoni, ristorante fascinoso. Tuttora sconosciuto il vaccino.

 

Autore: Francesco Annibali

 

 

Girato.

Alterazione del vino dovuta a batteri, influenza molto anche il consumatore. Girato (di palle) é colui che crede di aver comprato un vino d’annata, scoprendo poi di aver contribuito al 2 x 3 del supermercato dietro l’angolo.

Autrice: Malinda Sassu

 

 

Gonna arabica.

Tipico capo di vestiario usato da tutte le donne arabe. Viene fatta con una stoffa particolare, sensibilissima al contatto con le bevande alcoliche, in particolare con il vino. Non si limita infatti a rimanerne macchiata, ma ne viene letteralmente distrutta. Come si può ben capire questo ha provocato e provoca non pochi problemi nei paesi arabi, tanto da portarli alla proibizione assoluta di qualsiasi alcolico. Stranamente il vino in cui si è dissolta una gonna arabica diventa più rotondo e armonico.

 

 

Grillo

Varietà di uva coltivata in Sicilia. Anche se allevata unitamente ad altre uve, si riconosce inconfondibilmente dal caratteristico suono provocato dallo sfregamento degli acini tra loro.

autore: Paolo Boldrini

 

 

 

Liberté, Egalité, Mineralité.

Massima coniata durante il sanguinoso periodo del Terroir (vedi), rappresenta i tre sacri principi deflagrati durante la Rivoluzione Enologica Francese. Successivamente è divenuto il motto della Compagnia de’ Magnaccioni, esecrato dall’attuale scuola enologica mondiale, nonché da tanta stampa di settore.
La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del bevitore del 1795 definiva così  la liberté “La libertà consiste nel potere di fare un vino che non nuoce al diritto altrui di bere bene”.
Mentre Egalité  vuole affermare che tutti hanno lo stesso diritto di bere bene e che le differenze per competenza, conoscenza enologica o degustativa vengono abolite. In altre parole nessuno può rompere i coglioni mettendosi a decantare profumi o caratteristiche che solo dei malati di mente possono andare a ricercare nel vino.  Ognuno inoltre ha il dovere di contribuire alle spese per il vino in proporzione a quanto possiede.
Il terzo termine, Mineralité, sembra in aperta contraddizione con Egalité, dando voce appunto a quei bizantinismi olfattivi cancellati dalla voce precedente. In realtà rappresenta la  prova del nove del sistema. Infatti tutti possono essere d’accordo sull’Egalité, salvo poi ricadere nella tentazione di esibirsi in riconoscimenti aromatici degni di un cane da tartufo. “Mineralità” è appunto uno dei termini più usati per darsi delle arie e dire tutto e niente. A quel punto si capisce la malafede del commensale e con voce ferma lo si manda a cagare.

 

 

Lieviti

Sostanze che vengono spesso aggiunte ai mosti per migliorarne le caratteristiche durante la fermentazione, in termini di qualità ma soprattutto di quantità: la lievitazione del vino, infatti, è quel fenomeno per cui un produttore che possiede 3 ettari di vigna riesce a imbottigliare 500 ettolitri di vino.

Autore: Paolo Boldrini

 

 

 

Limpidezza.

Assenza di corpi non identificati nel vino. Si valuta annacquando il vino con acqua Lete: se la particella di sodio in essa contenuta si accoda ad una comitiva, il vino risulta velato ; se invece non trova nessuno, il vino è limpido.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Magro

Termine utilizzato per definire un vino molto povero di sostanze caratteristiche. Viene solitamente venduto in bottiglie lunghe e strette, non potendo utilizzare la classica bottiglia bordolese in quanto non sarebbe in grado di riempirla completamente.

Autore: Paolo Boldrini

 

 

 

Metanolo

L’ottavo nano, illegittimo. Si è introdotto clandestinamente in cantina e si è unito, per confondersi, agli altri sette nani, il caloroso Etanolo, il tenero Glicerolo, gli eleganti Linanolo e Geraniolo, i riservati Sorbitolo e Mannitolo ed il dotto Resveratrolo. Fino a farsi riconoscere e cacciare: faceva troppo il sofisticato

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Muffa nobile

Leggero strato perlopiù biancastro o tendente al grigio, con odori cangianti dal muschio bagnato al muflone in amore, che si formava sulle parti intime di molti nobili francesi intorno al XVIII° sec.. Questi, ligi al dettato cattolico romano che invitava il fedele a rifuggire dalle abluzioni per non incorrere in tentazioni onanistiche, stavano anche anni senza lavarsi, permettendo così lo sviluppo di una flora in molti casi, oramai, endemica.

 

 

Nerello Mascalese

 

Vitigno virtuoso, le cui vinacce venivano utilizzate nell’industria cosmetica per ottenere un prodotto impiegato dalle donne per il maquillage degli occhi. Da qui l’etimologia del termine mascara. Tale prodotto viene utilizzato con esagerazione dalle mercenarie del sesso. Da qui la confusione col Nero di Troia.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 Nero di Troia

 

Di origine assai incerta. Anticamente pare che tale appellativo fosse abbondantemente diffuso lungo le coste a nord di Bari, dove le incursioni di mori, saraceni e via cantando, erano all’ordine del giorno ed anche della notte. Caduto in disuso, riprese nuovo vigore dopo lo sbarco delle truppe di colore al seguito degli Alleati. Fu in quel periodo che in piena controtendenza per combattere la /fallossera/ fu innestato l’americano su radici europee. Si può quindi comprendere la naturale diffidenza verso i neri di troia in purezza.

Autore: Pasquale Porcelli

 

 

Oscar del Vino

 

Rassegna cinematografica dedicata alle pellicole che hanno come sfondo il mondo del vino.

Questi i film candidati all’ambito premio:

“Appuntamento al buio”, thriller incentrato sull’evento al quale i guru dell’assaggio, i sapientoni enogastronomi e i blasonati produttori preferiscono glissare: la degustazione alla cieca.

“Metti una sera a cena”, commedia divertente che narra la storia di un ricco e distinto signore, vero estimatore e cultore di vino e distillati che si trova nell’imbarazzo di dover accettare in casa il futuro genero scoprendo che questi è il figlio di un noto produttore di vini in tetrapack…

“La cantina 3”, horror. In questo sequel, i protagonisti si troveranno di fronte a nuovi mostri mutanti, gli Organismi Geneticamente Modificati.

“Barbatella”, tratto da una… vignetta, questo film futuristico narra di viaggi nel tempo dove avverranno incroci pericolosi, clonazioni, trasformazioni genetiche ed altre mostruosità a scopo scientifico.

“L’ultimo cacio”, travolgente storia d’amore e passione tra una bella degustatrice di vini e formaggi, sempre a caccia di nuove sensazioni, ed un instancabile provolone, sempre in fermento.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

 

Osmosi inversa

 

Pratica enologica da terapia intensiva, atta a rianimare un mosto dal diagramma acido-tannico quasi piatto.L’accanimento terapeutico può proseguire mediante l’utilizzo di macchinari chiamati concentratori, ultima ratio prima di ricorrere all’unica operazione possibile: darci un “taglio”.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

 

Passerina.

Vitigno per  vini vietati ai minori di 18 anni. Molto ricercati dagli uomini ( ed anche da alcune donne) per la sua umbratile dolcezza e la straordinaria piacevolezza. Migliori annate: tutte.

 

Pecorino

 

Vitigno virtuoso dal quale si possono ottenere distillati da novanta gradi.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Pignoletto

Vitigno difficile. Solo con una puntuale vendemmia, una scrupolosa selezione delle uve, una meticolosa e attenta vinificazione ed un perfetto affinamento, può dare un prodotto dalle caratteristiche… precise. Un vino ideale per palati davvero esigenti!

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

 

Plavac mali

 

Vitigno molto diffuso nella Dalmazia (Croazia). Prende il nome da quello che si ritiene sia il più antico produttore vitivinicolo al mondo, tanto da essere addirittura considerato l’antenato del primitivo (vedi). Pare che già i contemporanei di Fred Flinstone degustavano il suo vino abbinandolo ai piatti tipici dell’antica Spalato, di seguito descritti: uova in cravatta, bistecca di dalmata, provola dubrovnika e banana Split.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

 

Pressatura soffice

Pratica adottata da alcuni produttori vinicoli sui recensori di guide enogastronomiche, che consiste nel regalare loro ceste di leccornie varie.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Primitivo di Manduria.

Vignaiolo vissuto in epoca Messapica, giunto in Puglia abitando prima nelle grotte e nelle gravine della Murgia barese, per poi stabilirsi nelle palafitte in riva allo Jonio. Oggi il suo vino è servito nelle migliori osterie: dalle caverne… alle taverne.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Pro-secco

Famoso enologo nato nel CASTELLO di YQUEM nel sud della Francia, fu un fermo sostenitore della teoria che il solo vino buono è quello SECCO (a pro del secco quindi).Venne senpre considerato "lo scemo del villaggio" e dopo anni di esternazioni venne condotto, per una lunga e rigenerante vacanza, in un paesino del nord-est d’Italia (valdobbiadene appunto) dove le sue teorie trovarono terreno fertile

Autore: Paolo Zordan

 

 

Pungenza

Sensazione tattile tipica dei vini ottenuti con uve vespaiola e vespolina.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Retroetichetta

 

Bugiardino senza controindicazioni ove c’è sempre scritto, rispettivamente:
nei vini rossi: aroma intenso e complesso, sapore asciutto, rotondo, robusto, con tannini accennati;
nei vini bianchi e rosati: profumo delicato e fine, sapore fresco e giustamente sapido;
in ogni caso: equilibrato, armonico e persistente.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

 

Riforma O.C.M.

 

 Il giorno tanto atteso dai viticoltori e dagli enologi è arrivato. Erano lì, tutti fuori ad aspettare chissà quale rivoluzione. Uno sparuto gruppo di puristi mostrava cartelli con la scritta “NO O.G.M.”, subito abbassati quando si è capito il qui pro quo. L’attesa è stata disattesa. Per i produttori classici una delusione, un espianto collettivo. Doveva essere il “giro di vite” rivolto verso la qualità, invece la vite è stata presa in giro. In giro per l’Europa, anche dove il sole non batte mai. Già, perché al mosto d’uva si può aggiungere liberamente zucchero da qualsiasi altra pianta, per aumentare la gradazione alcolica del vino. Ciò per favorire i paesi del Nord Europa. Di questo passo, in futuro, per favorire altre aree della Comunità si potranno aggiungere acidi prelevati dalla polpa di arancia, tannini dalle bucce del caffè, antociani dalle ciliegie, minerali dai residui degli ortaggi, terpeni dai petali di rose e gerani… Oltre alle sostanze sintetiche già in uso. L’importante è che quel prodotto non dovrà chiamarsi vino, solo perché è presente una certa quantità di mosto d’uva. Qualcuno ha mai chiamato l’aranciata succo d’arancia, pur essendocene una percentuale nella bibita?

 Autore: Paolo Bargelloni.

 

 

Rimontaggio a mano.

Il rimontaggio a mano è una pratica ampiamente diffusa sottobanco, nonostante venga osteggiata dalla dottrina . Il divieto viene motivato sia con argomenti razionali, sia con suggestioni paranoidi del tutto infondate, come la diceria che faccia diventare ciechi. Un punto di vista più obiettivo, non condizionato da pregiudizi ideologici, riconosce a questa pratica qualche utilità, quando si tratta di ridare equilibrio a una materia prima stressata .Comunque è sempre meglio, se possibile, farsi qualche buona follatura.

Autore: Pierlorenzo Tasselli

 

Riserva

Appellativo riferito a vini DOC o DOCG con caratteristiche particolari e di maggior pregio rispetto alla denominazione base. Di solito esistono in quantità limitate, e per questo motivo sono protetti e mantenuti in una riserva; pertanto non è possibile avvicinarli e tantomeno aprire qualunque bottiglia abbia questa tutela.

Autore: Paolo Boldrini

 

 

 

Rosato

 

Tipologia di vino che da essere snobbato sta pian piano tornando di moda, tanto da dedicarci una mostra di pittura, come questa sotto riportata.
Tema dell’evento: Note Rosa. In apertura, le tele dei tramonti sul lago di Groppello, artista noto con lo pseudonimo Chiaretto del Garda, già più importante del fratello Maggiore, in competizione con i quadri, esposti nell’altra sponda, di Bardolino, il quale spesso si sente Superiore.  Poco più in là, fuori tema, le opere di Garganega dallo stile Classico e dal tratto Soave.
Procedendo troviamo il Sud-Tirolese Kalterer, con il suo dipinto "la Schiava Gentile", ispirato dalla sua musa preferita, una nobildonna che lo asseconda nei desideri erotici di sado-masochismo, ove a volte vi partecipa con la sorella Grossa. Via via si potevano ammirare quadri di vari stili, come quello "Noir" di Pinot, il trasformismo di Brachetto, il surrealismo di Cirò. Molto apprezzati anche i dipinti naturalistici raffiguranti particolari di animali, come "Occhio di Pernice" e "Coda di Volpe". La serata è stata allietata dalla musica dei Negramaro; un componente dei quali ha esibito il celeberrimo dipinto floreale "Five Roses". In chiusura, la premiazione: al siciliano Frappato, col suo Cerasuolo, la Vittoria.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Rotazione del calice.

 

 Gesto tipico del degustatore professionista, serviva a questi per valutare, nell’esame visivo, la consistenza del vino e, nell’esame olfattivo, l’intensità e la complessità degli aromi.Ripreso dagli autentici appassionati della bevanda di bacco, il gesto è poi diventato la linea di demarcazione che, alle varie manifestazioni enogastronomiche, distingueva l’esperto, che ne faceva uso maniacale e ossessivo, ed il neofita che invece ingurgitava direttamente ciò che gli veniva riempito nel calice.Divenuto ormai una moda bere e sapere di vino, non è difficile imbattersi in giovani esibizionisti, dai quali meglio starsene alla larga per salvaguardarsi i propri vestiti, che ripetono il gesto per ogni tipo di bevanda gli venga servita, compresa l’acqua minerale. Spinti dallo spirito di emulazione nei confronti dei “giornalisti enogastronomici televisivi”, che roteano il calice in bella evidenza al ritmo di tre parole pronunciate per tutta la durata del loro servizio.

 

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Sagrantone di Montegheppio

 

Dalla notte dei tempi fino a pochi anni fa, il vitigno Sagrantone Grosso non era destinato al consumo umano e veniva utilizzato per la concia del cuoio di cavallo. Solo di recente le sue eccezionali caratteristiche sono state riconosciute e valorizzate , facendone la punta di diamante dell’ enologia umbra . Questo grande vino da grande invecchiamento acquista le sue grandi caratteristiche innanzitutto in vigna. Viene impiantato su lastre di roccia viva e allevato con la tecnica dell’ alberello bonsai, mantenendo le rese a un ettogrammo per ceppo. Dopo la raccolta tardiva, le uve vengono sottoposte alla vinificazione in nero : una spremitura dolce consente di separare il mosto e di allontanarlo immediatamente. Le bucce  e i raspi fermentano in tini di rovere per 60 giorni . La particolare flora batterica endemica di Montegheppio innesca la fermentazione latto-malica , che conferisce nerbo al prodotto . Il vino evolve per 48 mesi in barriques  da 10 litri , di noce massello . L’ ambito riconoscimento dei sei bicchieri della Guidona dei Vinoni Italioni  ha premiato largamente la memorabile annata 2003 , che è stata messa in commercio nel 2002 . Spicca, in particolare, l’e eccezionale potenza dei vini provenienti dal cru “Fuorimano”, cosiddetto perché le vigne sono situare a Lampedusa, dove godono di una perfetta insolazione per 12 mesi all’ anno.

Autore: Pierlorenzo Tasselli.

 

 

Sauternes

Termine dialettale sardo. Dal punto di vista morfologico “Sa u Ternes” significa “Sai che terno!”e viene usato con tono derisorio per inficiare, fortemente sminuire e denigrare un’azione di terzi  o un qualcosa che viene offerto. Nella lingua comune le tre parole si sono oramai unite formandone una sola. “Sauternes!” dirà l’occhiuto e navigato pastore sardo dopo aver assaggiato un vino presentatogli come fenomenale, ma che in realtà aveva uno strano odore di muffa.

 

 

Savanna Samson.

Anologa: mandante e creatrice, assieme ad altri sodali, del primo autentico vino del cazzo.

 

 

Spremitura e Pigiatura

La  spremitura delle uve, previa diraspatura , viene eseguita nelle aziende moderne mediante potenti mezzi meccanici.
Questo procedimento si confà alle grandi produzioni , di stile internazionale .
Per le piccole produzioni da vitigni autoctoni, è preferibile la tradizionale pigiatura con i piedi, da eseguire con le cautele che scienza e coscienza consigliano.
Poiché nella fase culminante gli operatori della pigiatura sprofondano nel mosto fino al bellico , è consigliabile utilizzare esclusivamente personale femminile.
Infatti, quando la pigiatura viene eseguita dai garzoni, il mosto sviluppa un aroma primario di formaggio leggermente fermentato, che viene apprezzato solo da un pubblico di nicchia .Invece, quando si impiegano le fanciulle, il vino acquista una nota di acciughina, che conferisce grazia a certi sangiovesi .

Autore: Pierlorenzo Tasselli

 

 

Taglio

 

Operazione enologica resa possibile grazie all’apporto di donatori, spesso meridionali, sempre pronti, mossi da uno spirito di corpo, ad aiutare i “mosti sacri” del Nord.

 

 Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Tappo, sapore di.

Difetto presente nei vini di… bassa statura.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Tavernello.

Luogo sotteraneo solitamente scavato nella roccia molto buio,umido e freddo dove  andrebbero rinchiusi per lunghissimi periodi tutti i sostenitori dell’ardita teoria secondo la quale il vino nel cartone si conserva come nella bottiglia di vetro… ANZI MEGLIO!!!

Autore: Paolo Zordan

 

 

Terroir

La Rivoluzione era in gravi difficoltà.
Le armate della coalizione internazionale avevano varcato i confini senza incontrare resistenza.
Occorreva una condotta della guerra molto più energica .
A questo scopo venne costituito il Comitato di Salute Pubblica, furono emanate leggi eccezionali ed ebbe inizio il periodo passato alla storia come “Terroir”.
Strumento fondamentale del Terroir fu la Legge dei Sospetti, in base alla quale il semplice sospetto di un contatto con i vitigni internazionali comportava l’ eliminazione dalle degustazioni, la confisca delle bottiglie e la damnatio memoriae.
Nelle piazze vennero eretti i Pergolati della Libertà e si insediarono le Commissioni di Assaggio Popolari .
Le teste mozze degli enologi vanagloriosi, infisse in cima alle picche, ondeggiavano sopra la folla inferocita, che assaltava le cantine e dava alle fiamme le barriques.
Gli altezzosi autori di guide e riviste enogastronomiche, venivano trascinati al patibolo sulla carretta.
Le tricoteuses sferruzzavano ai piedi della ghigliottina e lanciavano grida di giubilo quando la lama si abbatteva e si udiva il tonfo della testa nel canestro .
La Religione dei padri venne abolita e sostituita dal culto del Terroir .

Queste misure draconiane ebbero un effetto galvanizzante sull’ esercito rivoluzionario, indisciplinato e male armato, ma entusiasta e temerario che travolse le armate della coalizione internazionale e le respinse fuori dei confini.
Ma l’ intransigenza spietata del Terroir  destò anche malumori e dissensi . Gli interessi colpiti, l’ establishment spodestato e gli elementi compromessi con il passato regime si coalizzarono.
Un colpo di stato portò all’ arresto del Comitato di Salute Pubblica e all’ immediata esecuzione dei suoi membri.
Robespierre, l’ Incorruttibile, cadde per mano dei suoi infidi collaboratori , che proprio incorruttibili non erano.
In breve tempo la coalizione internazionale ebbe il sopravvento.
Così finì l’ epopea sanguinosa del Terroir .

 

Autore: Pierlorenzo Tasselli

 

 

 

Torchio alla genovese

Atroce strumento di tortura inventato per estorcere confessioni ai nemici della Serenissima Repubblica di Genova. Introdotto nelle carceri liguri a metà del XVII secolo, venne in seguito utilizzato per spremere al massimo le fecce solide residuate dalla spremitura delle olive e delle uve, in sostituzione del “torchio alla calabrese” ritenuto troppo tenero. L’episodio sta a dimostrare, ancora una volta,  che in fatto di spremitura, i genovesi erano e rimangono secondi a nessuno.

Autore: Carlo Ravanello

 

 

Truffa nobile.

 

I Sauternes serviti al bicchiere in molti bistrot di Parigi.

Autore: Maurizio Gily

 

 

Vignobles

Equivoca dicitura francese, che campeggia a grandi caratteri su molti vigneti di quella terra felice.
Si suppone che voglia dire “vigne nobili”.
I nostri cugini d’ oltralpe, prodighi di ironia verso chi non è francese, ne sono del tutto sprovvisti nei confronti di se stessi. Per cui, probabilmente, non si sono resi conto della invitante lettura alternativa : “vini ignobili”.
Lo spostamento semantico diviene pressochè irresistibile quando la scritta  si erge su vigne di fondovalle, mai raggiunte dal sole, o, viceversa, su pianure irrigue, dove, a perdita d’occhio, si stendono filari lussureggianti.
Di lì provengono gli sgraziati gigonda, gli screditati chateauneuf  du pape, gli scadenti beaujolais , gli ottusi cabernet village … che , per un moto di umana pietà, ci vengono serviti “diacci marmati” ( come si dice a Firenze ), in modo da neutralizzare la loro pochezza enoica e farne una bevanda .

Autore: Pierlorenzo Tasselli

 

Vino Novello

 

Frutto della macerazione carbonica, del velleitario desiderio di fare le scarpe ai soliti Cugini d’Oltralpe e delle ordinazioni in prevendita, il Vino Novello italiano ha rappresentato per un paio di decenni la indimenticabile “goccia nel mare del vino italiano” tanto cantata da Pino il Vecchio.
Del Novello italiano piace ricordare nell’ordine: le mirabolanti statistiche sui particolari geografici della sua produzione, la mai abbastanza compianta conferenza stampa di presentazione dell’annata, le puzzette dei primi anni ’90, gli immancabili marroni del deblocage ufficiale a mezzanotte e un minuto, i borborigmi stereofonici e le piogge acide causate dalla cattiva digestione delle sue instabili sostanze.
Allontanato dal canale horeca perché adottato dalla grande distribuzione, sfrattato dalla sua vetrina di Vicenza per far posto alla nuova base militare americana, il Vino Novello si sta perdendo in questi ultimi anni “come lacrime nella pioggia” senza lasciare un segno forte del suo passaggio.

Autore: dr. San Giovese

 

 

Vin santo

 

 

Caratteristico vino toscano ottenuto da uve appassite, che per tradizione si vinificavano intorno alla Settimana Santa. Oggi non si aspetta neanche il Natale, a fronte di una sempre più corale e insistita richiesta: Vin Santo Subito!

Autore: Paolo Bargelloni.

 

 

Viticoltura: il futuro.

 

1. Aprile 2107. Mentre in Toscana sono stati consolidati i disciplinari della DOCG Nerello di Montalcino, che prevede il Calabrese Grosso in purezza, e della DOCG Chianti Neoclassico, dove concorrono in percentuale variabile NegroAmaro e Aglianico, nella nostra Puglia si sta assistendo all’espianto degli ultimi vigneti, eccetto a Manduria, dove si spera di ottenere la DOCG Honoris causa del suo Primitivo. Ora si sta dibattendo alla Commissione dell’Unione Euroasiatica per l’assegnazione delle DOP “Canna da zucchero gialla del Tavoliere”, Ananas puntinata dolce di Gallipoli e Olio Extravergine di Palma della Murgia Barese. I promotori dell’iniziativa, esperti del settore, sostengono che siano tutti prodotti autoctoni e che il tacco d’Italia sia il territorio più vocato per queste colture…>>.
 

2. Nel mese di aprile al “Weindanmark”, la più importante manifestazione enogastronomica d’Europa, si confronteranno i vini del vecchio mondo con quelli del nuovo mondo vitivinicolo (Scandinavia, Canada, Alaska, Siberia), e si discuterà della pratica di introdurre i “coriandoli” di carta riciclata nel vino, i quali darebbero risultati quasi migliori dell’affinamento in tetrapack… Anche se c’è ancora qualcuno che, sottobanco, produce vini invecchiati in legno, materiale che è stato bandito dalla convenzione di Kyoto per salvaguardare gli ultimi alberi del pianeta.

Autore: Paolo Bargelloni

 

 

Vitigni Aborigeni

 

Risalendo alle origini più arcaiche della viticoltura,a monte dei vitigni autoctoni, si trovano i vitigni aborigeni, appartenenti alla più vasta stirpe dei vitigni selvaggi.
Sopravvivono in remote enclaves, dove, fin da tempi remotissimi, l’ ignoranza e la superstizione ne hanno tramandato il culto.
L’ arrivo della filossera venne accolto con sollievo dai viticultori coatti : una speranza di liberazione dal  giogo oscurantista .
Invano : i vitigni aborigeni sopravvissero e, anzi, parvero diventare più arcigni e tenaci .
I vitigni aborigeni presentano caratteristiche estreme e bizzarre, alle quali si sovrappongono pratiche discutibili, in vigna e in cantina . Come, ad esempio : l’ innesto su piede di gramigna, la correzione dei mosti con olio di fegato di merluzzo, la transumanza delle botti mediante rotolamento, prima di esporle al solleone .
I vini ottenuti da vitigni aborigeni richiedono particolari cautele, nella vendita e nel consumo.
Il Calabrone di Pietramala , fortemente urticante, viene messo in commercio con la scritta “nuoce gravemente alla salute “.
Invece il Bitorzolo della val Starnazza reca la dicitura “inidoneo all’ alimentazione umana”. In effetti, gli abitanti della val Starnazza non sono considerati umani.
Il porto d’arme è necessario per l’ acquisto della Vernaccia Molotov di Serrapetrona.
I gavettoni a base di Asprognolo di Atripalda sono vietati dalla convenzione di Ginevra.
Gli antociani antropofagi del Sagrantone di Montegheppio vengono abbattuti con il fucile da bisonti.
I tannini da pelliccia del Pignolo di val Cismon vengono storditi a colpi di mazza e scuoiati ancor vivi.
Il taglio con lo Zolfanello di Pozzuoli sostiuisce la solfitazione in agricoltura biologica.
Nel Pinot maculato dell’ Izoard viene favorita l’ infestazione da peste bubbonica per concentrarne gli aromi .
Lo Slavato dell’ Adamello , nelle annate migliori, raggiunge i 2 gradi alcolici e 57 g/l di acidità. Viene esportato a Corleone per dissolvere i cadaveri.

Il recente revival dei vitigni aborigeni costituisce un interessante fenomeno etnografico.
Le plaghe remote e inaccessibili in cui sopravvivono i vitigni aborigeni , sono  afflitte dalla miseria più nera, che induce gli abitanti all’ emigrazione.
Lontani dal suolo natio, ne sentono nostalgia e rimpiangono gli usi, i costumi e i sapori dell’ infanzia. Quando, arricchiti e prosperi, ancorchè ignoranti come capre, fanno ritorno al paesello avito, si commuovono fino alle lacrime di fronte ai bottiglioni di vino aborigeno e ne fanno incetta a prezzi di affezione.
Per tutti i vitigni aborigeni si invoca l’ intervento dell’ Ingegneria Genetica per apportare le modifiche che li rendano sensibili ai più comuni parassiti, e ne consentano l’ estinzione.

Per ulteriori notizie potete consultare la mitica (esauritissima) “ Guida dei Vini Aborigeni” di Bronislaw Macchi e Carl Malinowski

Autore: Pierlorenzo Tasselli

 

 

Vitigni selvaggi.

Molti ancora perseverano nell’errata opinione che i vitigni selvaggi siano pressoché identificabili con gli aborigeni. Pur concedendo che con questi condividano un che di selvatico, i selvaggi vanno considerati come il frutto di una filosofica attenzione in vigna. Sotto il giogo delle inique ed ingannatrici teorie civilizzanti, che mettono in riga tutti gli altri vitigni in un solo tipo d’impianto uniformandoli a dare un solo vino, il selvaggio mostra un’istintiva naturalità che lo porta a rifiutare l’irreggimentazione in sesti d’impianto di qualunque densità e forma e a negarsi alla produzione di vini che non siano se non la libera espressione del suo stato di natura.
A lungo considerati nell’opinione comune come vitigni senz’anima e di natura in tutto simile alle bestie, i selvaggi dovettero aspettare un teo-enologo spagnolo del XVI secolo, il domenicano Bartolomé de las Casas, per una loro piena riabilitazione. Il Las Casas, che per questo fu duramente censurato dall’Assoteo-enologi del tempo, li definì miti di natura e ricchi d’immaginazione e, adattando a loro un detto evangelico, li disse: “innocenti come colombe e prudenti come serpenti”.
Venendo ad epoche a noi più vicine, il primo ad occuparsi in maniera specialistica del vitigno selvaggio fu un enologo ginevrino della metà del XVIII secolo, Gian Giacomo Rousseau. In pieno fervore illuminista, il Rousseau aggiornò il concetto già espresso da Las Casas, affermando che lo sviluppo delle scienze agronomiche, delle conoscenze ampelografiche e delle affinate pratiche enologiche, avevano di fatto asservito i vitigni a generare una vitivinicoltura di massa, soffocando quell’originaria libertà, appunto, a cui ciascun vitigno era destinato dalla nascita.
La visione del ginevrino, che risentiva fortemente della sua educazione calvinista, lo condusse ad esaltare la condizione selvaggia come buona tout court. Di qui s’originò un vero e proprio mito, in seguito detto “mito del buon selvaggio”.
Nel secolo successivo videro la luce tutta una serie di pubblicazioni sulla vinificazione selvaggia che, per una deriva giudicata anarcoide ed insurrezionalista, dettero vini inadatti all’invecchiamento e all’esportazione. Qua segnaliamo solo due grandi vendemmie, quella parigina del 1871 e quella russa del 1917. Di quest’ultima, in verità, si registrarono alcune forme d’imitazione all’estero. Dopo da allora i vitigni selvaggi sono stati quasi dovunque abbandonati a favore dei più adattabili vitigni riformati.

Autore: Giulio Piccini

 

 

Vitigno Autoctono

 

Incerta e discussa è l’etimologia di questo termine. In passato La scuola di pensiero che si rifàceva a radici umanistiche, in particolare al pensiero del grande Abate Faria, lo faceva derivare dalla radice “ctonio” che rappresenta il profondo, lo scavare in profondità. Il Faria, nella sua monumentale opera “Porca troia che fatica scavare per anni solo per far uscire quel coglione del Conte che poi il merito è andato tutto a lui”  ( Calambrone 1778, Ehi, Naudi.) affermava: “In più momenti, durante lo scavo, imbattemmi in radici di piante. Riconobbi in particulare quelle esili ma cocciutamente ostili allo strappo delle viti locali. Esse ramificavasi in profondità, verso il mondo ctonio, dal quale la fede salveràmmi: comunque nel compimento della travagliata opera mia furono semper un grande rompimento di coglioni”.
La scuola scientifico-materialista invece indicava come matrice del termine alcuni fenomeni naturali come il fulmine ed in particolare il tuono. Isaac Newton, nel suo graffiante libello

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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