Vini ad Arte: annate nuove stili nuovi?5 min read

Chi ha seguito i miei consigli delle settimane precedenti sulla consueta rubrica settimanale sul quotidiano La Voce di Romagna e domenica 19 si è recato al Museo delle Ceramiche di Faenza per la manifestazione Vini ad Arte, ha avuto l’opportunità di assaggiare in anteprima un buon numero di Riserve di Sangiovese Romagna. Si trattava dell’ annata 2009, oltre a qualche anteprima dell’annata 2011 e ad una nutritissima ed assortita schiera di vini delle migliori aziende romagnole.

Il Sabato precedente a noi della stampa, subito dopo la conferenza di presentazione della realtà produttiva regionale esposta dal Presidente del Consorzio Vini di Romagna Giordano Zinzani, era stata riservata un’apposita sessione di assaggi, mentre il lunedì successivo i produttori, grazie anche al lavoro di promozione di Enoteca Regionale, Consorzio vini di Romagna e Convito di Romagna, hanno potuto incontrare numerosi importatori ed operatori del settore.

Una tre giorni ben organizzata ed articolata tra assaggi, incontri d’arte e mostre di moto storiche, cui ha fato da corollario la prova dell’11° concorso Master del Sangiovese riservato ai Sommelier. Per la cronaca, il trofeo se lo è aggiudicato, grazie ad una magnifica prova, la concorrente toscana Claudia Bondi.

 

Detto ciò, credo che ai nostri lettori di cose vinose, interessi sapere qualcosa sui vini delle annate presentate in anteprima che vanno divisi in due tranche: la prima riguarda 24 vini Sangiovese Romagna Riserva 2009, la seconda i 12 vini dell’annata 2011 che, una volta autorizzati dalla apposita commissione, potranno essere classificati Riserva.
Sulle anteprime si sta aprendo, tra gli addetti ai lavori, un’animata discussione: ci si interroga sulla loro effettiva utilità e da più parti si sollevano dubbi, non tanto per le presentazioni dei vini in se, quanto per i tour de force cui vengono sottoposti i partecipanti.

Non aggiungo nulla di nuovo, ma è legittimo avere più di un dubbio sul fatto che si possa svolgere, a tappe forzate, il proprio lavoro con impegno e serietà: dubbio che, per ovvie ragioni, dovrebbe preoccupare più organizzatori e produttori, che stampa e critici. Come potrà mai, un umanoide, mantenersi lucido e partecipe a tutte le anteprime? In una settimana, tra Sangiovese Romagna, Vernaccia San Gimignano, Chianti Classico, Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino,(ho dimenticato qualcuno?) si rischia di venir trasformati in cisterne non autorizzate  per il trasporto di combustibile, senza contare che valutare vini “da botte” e/o imbottigliati la mattina stessa, non è esattamente la condizione migliore per formulare qualcosa di attendibile.
Molto del buono, che pur c’è, nelle anteprime sta nel fatto che (non sempre) si possono incontrare colleghi e produttori, scambiare impressioni ed opinioni e, perché no, anche qualche pettegolezzo. Ma, dal momento che per ora così gira il mondo, noi continuiamo ad andarci e ad esprimere le nostre impressioni.

Ed ecco quelle sui campioni  presentati a Vini ad Arte, non senza premettere che il campione di 24 riserve rappresenta meno della metà dell’intero panorama romagnolo ed i 12 vini da “vasca” una percentuale decisamente non significativa. Alcuni colleghi hanno definito l’annata 2009 densa, tesa e fruttata e, se si possono condividere i “densa e fruttata”, sull’aggettivo “tesa” io ci andrei coi piedi di piombo. Almeno per come intendo io il termine “tesa”, che attribuito ad un vino, significa che deve possedere tensione acida la quale costituisce l’asse portante che regge il dinamismo di bocca, elemento che non ho riscontrato.

A mio avviso, volendo restituire una prima lettura d’insieme (notare che mancavano alcuni campioni da aree importanti) è che ci si trovi di fronte ad una sorta di inversione stilistica, una piccola involuzione che speriamo sia stata causata dall’andamento climatico e non da un vero e proprio cambio di passo.  Non vorremmo mai prefigurasse una voglia di riproporre modelli gustativi già sconfitti in partenza.

In linea di massima i vini si propongono già con un accentuato grado di apertura olfattiva, cosa che di solito non succede, e se da un lato i toni sono tendenzialmente “surmaturi”, dall’altro l’apporto da legni e da uve complementari (cabernet sauvignon e merlot soprattutto) appare più sfumato e contenuto nei limiti della percettibilità. Le maggiori riserve però le ho sull’approccio di bocca, che a me pare più denso e fruttato del solito, al punto da sembrare quasi abboccato, e con l’aggravio di una scarsa propensione all’allungo fresco. Va detto che i vini di alcune sottozone ( penso a Bertinoro, Predappio e Marzeno che di solito godono di una quota rilevante di apporto sapido e minerale) dovrebbero riuscire in futuro a “smaltire” quella sensazione di affaticamento gustativo che i vini dalla trama densa generano.

Insomma l’impressione è quella di trovarsi di fronte a vini le cui caratteristiche sembrano molto lontane da annate recenti. Anche senza arrivare al confronto diretto con buone annate come la 2004 e la 2006 e pensando ai millesimi più recenti, 2008 e per certi versi 2007, pare che in termini di slancio, profondità e articolazione espressiva lo scarto sia più ampio di quanto si potesse presumere dal solo andamento climatico.
E se è certo che clima e andamento stagionale influiscono sul sangiovese più che su altre uve, e l’alternanza di annate siccitose come il 2011, ad altre piovose come il 2010, finisce con il mettere a dura prova anche i vignaioli più preparati, è altrettanto certo che da queste parti non difettino impegno e volontà nella ricerca di un’ identità più definita.

In conclusione si è trattato di un primo contatto che, se da una parte a noi ha sollevato qualche perplessità sullo stile dei vini (è un po’ il rischio connesso all’anteprima) ai produttori e a chi ci segue lascia la certezza che saremo sempre pronti a ricrederci alla prima occasione. Ma questo va da sé!

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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