Verticale Selvapiana e Frascole: Rufina vecchi ma non vecchi Rufina.4 min read

Dopo quest’articolo nessuno crederà più ( ammesso che qualcuno ci abbia mai creduto) che durante le riunioni dei responsabili di Winesurf si lavori. Qualche giorno fa infatti è uscita la degustazione sulle Riserve 1990 di Chianti Classico ed oggi pubblichiamo la verticale dei Chianti Rufina  di Selvapiana e Frascole. Entrambi si sono svolte durante il nostro “summit”autunnale, vi garantisco però che nelle due giornate di “lavoro” che ci hanno visti ospiti proprio di queste due ultime aziende non ci siamo limitati a degustare ma abbiamo fatto funzionare anche le poche meningi che fra tutti possiamo mettere in campo.

Prima però di parlare dei vini vogliamo ringraziare i produttori che ci hanno aperto le loro case  in maniera così amichevole ed informale. Adesso voi penserete: “Li hanno tenuti due giorni “a balia”, sicuramente parleranno bene di tutti i vini!” Chi pensa questo vuol dire che non ci conosce! Non perché siamo tutti di un pezzo ma perché l’accordo amichevole (appunto) con Enrico Lippi di Frascole e Federico Masseti di Selvapiana è stato quello di dire pane al pane e, soprattutto, vino al vino.

Partiamo subito con quella delle due con meno storia enologica in bottiglia. Frascole esiste da molto ma solo da pochi anni imbottiglia quanto produce. Abbiamo assaggiato le Riserve 1997-1999-2000-2001-2003-2004 e 2005 che sono praticamente tutto quanto l’azienda abbia mai prodotto nel campo dei cosiddetti “vini importanti”. Di importante a Frascole c’è anche l’altezza dei vigneti, che supera speso i 400 metri. Altezza limite, specie se si parla di sangiovese. Ci aspettavamo quindi vini con molti spigoli e con tannini ruvidi e siamo rimasti molto “delusi” assaggiando prodotti ben marcati territorialmente ma anche intensi e concentrati in bocca, dove la grana tannica  è vivacemente rustica. Personalmente ho apprezzato molto le Riserve 2000 e 2001, due bei vini pensati in maniera moderna ma portati avanti con sistemi e metodologia tradizionale che, unita alla passione, è una miscela di sicuro successo. Mi dispiace quasi ma devo riconoscere che fino a poco tempo a non credevo che Frascole potesse fare vini del genere.

Di quelli fatti a Selvapiana ero invece convinto da tempo. La loro cantina storica, che sicuramente non ha eguali in Toscana, era stata da me visitata e degustata più volte. Per questo non mi sono meravigliato davanti ad un 1958 ancora perfettamente integro  e ad un 1965 sempre giovane e fresco, con un naso complesso e profondo che lo hanno messo (almeno per me)  al primo posto( a pari merito con il 1994)  tra le 15 annate degustate. Queste, giusto per la cronaca erano: 1958-1965-1970-1978-1979-1982-1985-1990-1993-1994-1995-1996-1999-2000-2003. Ma Forse la più grande sorpresa è stata constatare che annate di medio livello come 93-94-95 sono risultate di gran lunga migliori del tanto blasonato 1990 (di cui sono state aperte più bottiglie). Tutte e tre hanno infatti mostrato equilibrio e la solita ruvida complessità gustativa che in molti vini di Selvapiana si sposa con un naso elegante e vellutato. Andando oltre: le annate più recenti hanno alcune vene di modernità leggermente accentuate ma credo si tratti solo di un problema di giovinezza che il tempo si porterà con se. La modernità in questione deriva forse dalla nuova cantina che è “troppo” nuova e funzionale per chi, come Federico, era abituato a vinificare facendo ogni anno salti mortali. Poter avere tutto a disposizione senza eseguire numeri da funambolo enologico può aver portato ad una involontaria lieve variazione di rotta. Il vecchio detto toscano “nel troppo ci si rientra sempre” può forse fotografare la situazione. Nonostante questo anche le ultime annate assaggiate mostrano le giuste diversità che un grande vigneto come il Bucerchiale deve evidenziare. I vini di Selvapiana hanno infatti una caratteristica: sono diversi ogni anno, perché ogni vendemmia è diversa. Per questo ti spiazzano durante una verticale ma poi capisci che è giusto così.

Lo capisci anche meglio quando da altri produttori della Rufina (assaggiati durante l’anteprima dell’annata 2006 e 2005 Riserva svoltasi da pochi giorni)  incontri vinoni neri come pece, concentrati come piombo fuso, uguali a se stessi ogni hanno che passa. Magari trovi anche chi riesce a lodarli e soprattutto a giustificarli, ma assaggiando quei vini uno pensa che la Rufina si trovi all’altezza di Palermo e non a ridosso del Mugello.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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