Val di Cembra: e se il Müller fosse l’inizio?4 min read

Dal punto di vista viticolo e non solo la Val di Cembra dovrebbe cambiare nome e chiamarsi Collina di Cembra. Infatti è abbastanza difficile immaginarsi una valle con meno pianure di questa, abbarbicata tra colline che sembrano montagne e.. montagne.

Su queste colline che sembrano montagne si sviluppa  la viticoltura cembrana, che da qualche tempo si è fatta conoscere come la zona più adatta per la coltura del Müller Thurgau. Ma non di solo Müller vive l’uomo, questo è solo l’ultimo (anzi, diciamo il penultimo  oil terzultimo, ma ne parliamo dopo) vitigno che è arrivato in Val di Cembra. Le varie altezze e esposizioni dei terreni vitati nella valle permettono l’allevamento di altre uve sia aromatiche che semiaromatiche o semplicemente internazionali, come Traminer Aromatico, Sauvignon, Chardonnay e Pinot Grigio.

Se noi misuriamo gli anni in prima o dopo Cristo, in Val di Cembra la divisione potrebbe essere  fra BL e AL, Before Lavis e After Lavis, cioè prima e dopo la crisi della Lavis e in generale della grande cooperazione trentina. Tanti piccoli produttori che adesso iniziano ad affacciarsi sul mercato sono figli di questo cambiamento. Molte aziende esistevano anche prima della crisi ma sicuramente il conferimento alla cantina sociale era un polmone per tanta produzione ed una sicurezza economica non da poco, visto i prezzi che venivano pagati.  Ancora oggi la Lavis, con la sua emanazione Cantina di Montagna, che ha sede proprio a Cembra, lavora ancora un buon numero di uve  ma la situazione non è più quella di un tempo.

La dimostrazione lampante che le cose sono cambiate è anche la creazione del piccolo e agguerrito consorzio Cembrani DOC  (dove DOC sta per Di Origine Cembrana), unione tra produttori-imbottigliatori e distillatori che si è affacciata da poco sul mercato. Ha dentro di sè alcune interessanti realtà viticole che non per niente nei nostri assaggi hanno ottenuto importanti punteggi.

Dicevo che la Val di Cembra è oggi praticamente identificata con il Müller Thurgau e, pur se ne produce di veramente buoni, sul fronte di questo vitigno non capisco ancora se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto. Indubbiamente qui il vitigno cresce bene ma ancora la produzione in generale non mi sembra spiccare in maniera netta sulle altre della regione (comprendendo anche i “cugini” dell’Alto Adige). I motivi possono essere diversi e vanno dalla giovane età di molti vigneti, alla relativa perizia di alcuni produttori su questo vitigno, agli impianti forse nati in zone troppo alte o con terreni non adattissimi al vitigno.

 

La mia grande paura è che nel momento in cui  val di Cembra potrà proporre nel suo complesso di  Müller da vigne di almeno 15-20 anni, provenienti da vigneti non per forza al confine con le piste da sci, fatti da produttori con molte vendemmie alle spalle e che magari hanno capito l’importanza di una resa equilibrata dal vigneto, il mercato starà puntando forse verso altre tipologie di vino, e  magari il Trentino metterà in campo le sue risorse economiche promozionali soprattutto nel campo bollicine. Insomma, la zona  ha bisogno di tempo per crescere, speriamo che il mercato glielo dia.

Per me il territorio potrebbe essere adatto anche a vitigni di provenienza nordica, come Kerner, Riesling e Veltliner, (piantati da non molti anni ma già con risultati apprezzabilissimi: qui ho assaggiato il miglior riesling italiano degli ultimi 7-8 anni ed un Kerner di alto livello) ma ho quasi paura a dirlo perché a mettere troppa carne al fuoco c’è il rischio che non cuocia.

Però a pensarci bene, se con una promozione mirata e attenta, si incominciasse a spostare l’interesse che adesso è su un vitigno, al territorio nel suo complesso, la zona potrebbe superare con maggiore facilità possibili crisi di crescita e soprattutto le paturnie del mercato. Se  in futuro invece di tanto Müller produrranno ottimi riesling o kerner  o grappa o fragole di montagna, l’importante è che il nome Val di Cembra venga sempre associato a produzioni enoiche o agroalimentari di ottima qualità.

Se questo verrà fatto (visto che le produzioni d qualità ci sono e la voglia di migliorare anche) la strada in salita potrebbe avere una pendenza minore.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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