Un viaggio in Alsazia non ti sazia9 min read

 “Quand on boit un vin, on se connect à un lieu, à des gents, à des émotions et à toute la chaîne du vivant”

 André Ostertag, vignerons.

Un viaggetto in Alsazia è un’esperienza che consiglio a tutti. Io ci sono stato ben tre volte, la prima nel 1979 e l’ultima l’anno scorso. Possibile che sia cambiata così poco, mi son detto non appena superata la cittadina di Thann? Ho ritrovato molto di quanto ricordavo; paesaggi agricoli, piccoli villaggi dall’aspetto medievale con le case a colombage, e un’atmosfera paciosa e rilassante. E tanti vigneti, naturalmente. Tra gli enofigh… ehm, enoappassionati, l’Alsazia non gode di grande popolarità, persino il Jura, con il suo stile ossidativo, attrae di più. Tutta l’attenzione è riservata a Borgogna, Champagne e Bordeaux e così le occasioni per farsi un’idea aggiornata sui vini alsaziani sono piuttosto rare: pochi eventi, anzi pochissimi. L’unico evento in Romagna nell’ultimo ventennio l’ha organizzato l’Ais con l’aiuto del sottoscritto e del collega Vitaliano.

L’Alsazia è una delle poche regioni al mondo capaci di esprimere l’interazione tra suolo e vitigno, e la scelta di dare risalto ad entrambi in etichetta, mi pare eloquente. Purtroppo le possibilità offerte dalle molteplici combinazioni tra i vitigni coltivati e il complesso mosaico di suoli che formano l’Alsazia, ne ha reso assai difficile la comprensione.  Ma comunque il risultato è la produzione di vini bianchi dallo stile unico, emblematici di una regione ambivalente, a cavallo tra Francia e Germania. Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti per evidenziare in etichetta le varietà di uva e i vari terroir, i vigneti alsaziani rimangono pressochè sconosciuti ai consumatori. Del resto, basta provare a pronunciare qualche nome di vigneto e a ripeterlo, se ci riuscite siete bravi oppure avete un antenato prussiano.

Alsazia panorama

Dopo la riforma territoriale del 2014, l’Alsazia è divenuta parte della Regione Grand-Est, assieme a Lorena e Champagne-Ardenne. La parte che ci interessa però è circoscritta ad una fascia di larghezza variabile tra 2 e 15 km per una lunghezza di circa 120, che si estende sul versante orientale dei Monti Vosgi, lambita a est dal corso del fiume Reno, tra Strasburgo a Mulhouse, e occupa circa 15.000 ettari di vigneti collinari, superfice pressochè immutata dal 1760. Una regione “bianchista” cui spetta, non a caso, il titolo di più grande produttore di vini bianchi di Francia. Il clima è favorevole alla loro maturazione: estati calde e asciutte e inverni freddi, forti escursioni termiche, esposisioni favorevoli prevelentemente est o sud-est, una forte illuminazione accentuata dal clima secco, e altitudini comprese tra 200 e 400 mt slm, Condizioni ideali per una viticoltura bio, (il 15% delle vigne è certificato) difatti in Alsazia cadono mediamente meno di 600 mm annui di acqua, mentre sul versante opposto dei Vosgi le piogge superano i 2000 mm annui.  Nell’immaginario del appassionato di vino “stile alsaziano” è divenuto sinonimo per identificare vini dolci, un po’ come dire “prosecco” per definire ogni vino che frizza. Probabilmente nel recente passato è stato vero, ma oggi non è più così. Da una ventina d’anni, in Alsazia si è formata una generazione di vignaioli che cerca di cambiare questa situazione, abbandonando sempre più vini bianchi carichi di zuccheri residui per spostarsi verso vini più secchi, più tesi e precisi, come quelli realizzati dai migliori vigneron tedeschi. Tanto è difficile orientarsi nella combinazione di suoli, vigneti e vitigni, quanto è facile capire il sistema di denominazioni. Sostanzialmente le AOP sono tre: AOP Cremant d’Alsace, AOP Alsace e AOP Alsace Grand Crù, che conta 51 terroir identificati. Ci sono poi due menzioni aggiuntive; vendemmia tardiva (VT) e selezione di acini nobili (SGN).

Come detto in precedenza, le denominazioni alsaziane puntano sopratutto sulle varietà, quelle ammesse nelle AOC sono una decina, tuttavia solo 4 di essi sono possono essere impiegati nella AOC Alsace Grand Crù: Riesling, Muscat, Pinot Grigio e Gewurztraminer. Come spesso accade, ci sono delle eccezioni: il sylvaner è permesso, ma solo sul terreno di Zotzenberg. E i terreni di Altenberg, Bergheim e Kaefferkopf possono rivendicare il nome Grand Cru anche se provengono da un’assemblaggio delle 4 varietà nobili definite e regolamentate. In breve, se da un punto di vista enografico un’etichetta di vino alsaziano è semplice, essendo circoscritta a 3 tipologie, in realtà le combinazioni e le possibilità di indirizzare il consumatore sono molte di più, grazie alla possibilità di indicare vitigno, comune, lieux-dits e, da qualche tempo, una specie di scala da 1 a 5 che dovrebbe aiutare a capire si si tratta di un vino dolce o secco. Altre diciture, del tipo “tradition”, “reserve”, “prestige”, “special edition”, non aiutano a capire che tipo di vino avete di fronte.

Ma adesso per rendervi più piacevole (almeno ci provo!) la lettura ho deciso non solo di dividere in due parti l’articolo ma di inserire in ognuno una serie di “schede” sui produttori visitati, con alcune indicazioni sui vini che mi sono piaciuti di più.

EMILE BEYER

Profondamente radicato nel villaggio di Eguisheim da 14 generazioni, il Domaine Emile Beyer può essere considerato la memoria storica della viticoltura alsaziana, come ben testimonia l’archivio che la famiglia custodisce e che ne attesta la presenza sin dal XVI secolo. Un terzo delle vigne di questo storico domaine è nei Grand Cru Pfersigberg ed Eichberg. Altre parcelle sono lieux dits, per un totale di 17 ettari tutti coltivati in regime biologico. Una magnifica cantina, tra l’altro recentemente rinnovata per l’accoglienza dei visitatori, dove Christian e Valérie continuano il lavoro delle precedenti generazioni facendo brillare di luce nuova il Domaine.

Il vino che mi è piaciuto: Aoc Cremant d’Alsace Brut Reserve: 36 mesi sui lieviti da 80% pinot bianco e 20% riesling. La componente calcarea del terroir di Eguisheim emerge in questo brut quasi secco, dal profumo delicatamente floreale e dalla bocca cremosa, sapida e sferzante.

LEON BEYER

L’azienda Léon Beyer si trova ad Eguisheim, sin dal 1580, ed oggi è giunta alla 14 generazione. La cantina Léon Beyer produce una vasta gamma di vini utilizzando uve in parte da vigneti di proprietà ed in parte frutto di collaborazioni storiche con piccoli produttori da cui i Beyer acquistano le uve per la realizzazione dei vini linea Classiques. I vini più prestigiosi, invece, sono prodotti dai 20 ettari di vigneti di proprietà, che comprendono parcelle nei due Grands Crus di Eguisheim: Eichberg e Pfersigberg. L’azienda Léon Beyer è stata una pioniera nella produzione dei vini secchi alsaziani, intuendo subito le loro grandi potenzialità nell’abbinamento con il cibo.

Il vino che mi è piaciuto: Aoc Alsace Gewurtztraminer reserve 2010: annata difficile ma che ha dato alcuni bianchi stupendi, come questo Gew base, speziato, moderatamente grasso e morbido sul finale che si equilibra grazie ad una fine corrente di acidità.

 DOMAINE LOEW

Caroline ed Etienne Loew da qualche anno si sono fatti notare per la regolarità dei vini e per aver saputo interpretare le numerose sfumature dei terreni di Westhoffen. Il Gran Crù Altenberg de Bergbieten occupa 29 ettari esposto a sud con suoli di marne rosse e scure, si riscalda lentamente in primavera e consente maturazioni lente e regolari. I VIni di Loew si distinguono per la loro eleganza. La proprietà conta su 11 ettari di cui 1 a Pinot nero.

Il vino che mi è piaciuto: Aoc Alsage Riesling Grand Crù Altenberg de Bergbieten 2017: nell’ampia gamma di Etienne Loew, il più convincente mi è parso questo Riesling di un annata precoce ma equilibrata, elementi che si ritrovano puntualmente nel vino; ampio nei profumi dal carattere agrumato e bocca sontuosa, minerale e dal lungo finale.

DOMAINE GILG

La familia Gilg, originaria dell’Austria, si stabilì a Mittelbergheim nel 1601.La viticoltura era praticata ma non era l’attività prevalente, solo nel 1937 inizia davvero la storia del vino contemporaneo della famiglia. Nel 1947 la tenuta sfruttava 1,2 ettari di viti e una cantina di 100 m2 in una casa rinascimentale risalente al 1572.Oggi il Domaine Armand Gilg, dispone di una proprietà di 29 ettari suddivisi in oltre cento parcelle tutte dislocate entro un raggio di 4 km dalla cantina di oltre 1000 m2, che si trova a Mittelbergheim.  Il fiore all’occhiello sono i 5 ettari del Grand Crù Zotzenberg, l’unico che può produrre Sylvaner.

Il vino che mi è piaciuto: Aoc Alsace Sylvaner Grand Crù Zotzenberg 2017: difficile resistere alla tentazione di provare l’unico Grand Crù da uve sylvaner, il Zotzenberg e quello di Gilg (Medaglia d’oro al concorso Sylvaner du mond) è uno dei pochi reperibili: profuma meno di un sylvaner italiano, più su note di camomilla e fieno che di mela verde e agrumi, ma in compenso ha una magnifica espressione di bocca, elegante e vigoroso, con un finale ammorbidito da un lieve residuo di circa 9 gr.litro.

DOMAINE OSTERTAG

André Ostertag

 André Ostertag è un’icona della viticoltura biodinamica in Alsazia, che pratica da oltre vent’anni. 15 ettari suddivisi in quasi 90 parcella diverse che danno vita ad un mosaico di terreni di grande ampiezza e diversità. Dal millesimo 2016, così come fece suo padre Adolphe con lui, André lascia mano libera a suo figlio Arthur su alcuni vini.  Ai piedi del Grand Crù Muenchberg si trova il lieux dits Zellberg, di 35 ettari orientato a Sud-Est con un suolo di media collina composto da marne e calcare. Molto adatto alla maturazione del Pinot Gris. Il nome deriva da Zell in Alsaziano, Cell in inglese, rappresentato in etichetta dalla cella sulla sommità della collina di Nothalten (in richiesta lo status di Premier Cru)

Il vino che mi è piaciuto: Aoc Alsace Pinot Gris Zellberg 2017: il Lieux Dit Zellberg (arenarie rosa, calcare e argilla), attaccato al Grand Grù Muenchberg è vocato a produrre magnifiche uve di riesling sylvaner e pinot gris e questo esemplare, pur non all’altezza del Pinot Gris Grand Crù, riesce a dare l’idea dello stile che si ritrova nei vini di André. Vinificato in barriques, ma non se ne avverte traccia, ha profumi di notevole intensità e maturità e una bocca che sfiora l’opulenza ma di grande lunghezza ed equilibrio.

DOMAINE WEINBACH

Le botti di Weinbach

Siamo a Kaisersberg. Qui c’è Il Clos de Capucin, il centro della tenuta appartiene a quella tipologia di luoghi senza tempo e pieni di storia. Le mura dell’antico convento racchiudono i 5 ettari storici. Gli altri 25 circa sono nelle immediate vicinanze. Ci sono testimonianze che risalgono all’anno 980. Le vigne sono piantate su un suolo dolcemente collinare e protetto dai venti e composto da sabbia e limo su uno strato ghiaioso e ciottoli di granito. Dal 2005 la viticoltura biodinamica è estesa a tutta la proprietà. Il vino porta il nome di Theo, il nonno delle due sorelle Catherine e Laurence Faller (scomparsa nel 2014 a 47 anni). E’ un Domaine storico che ha subito un duro colpo ma resta comunque il posto giusto per assaggiare vini meravigliosi dai 4 gran cru.

Il vino che mi è piaciuto: Aoc Alsace Gewurztraminer Theo 2018: un Gewurtztraminer da uve provenienti dall’ampio parco vigneti della maison: nonostante il notevole residuo zuccherino di oltre 20 gr litro, che potrebbe allontanare gli amanti dei vini secchi, questo Theo 2018(annata abbondante e favorevole alla produzione di vini dolci) mantiene grande bevibilità. Certo, la silhouette non è esile, tutt’altro, ma l’opulenza è stemperata da un afresca corrente acida e gli aromi speziati ne impreziosiscono il finale.

Nel prossimo articolo, oltre a presentare altri cinque produttori parleremo di suoli, vitigni e naturalmente di vini.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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