Un purosangue a Roma2 min read

Ho chiesto (e ottenuto con grande sforzo) queste righe da Davide Bonucci, responsabile dell’Enoclub di Siena, a commento della manifestazione sul Rosso di Montalcino che ha organizzato il 27 ed il 28 gennaio scorso a Roma. Lo ringrazio, anche  per aver fatto quasi le due di notte per scriverlo in tempo utile.

La sensazione più bella che riporto dall’esperienza organizzativa della manifestazione sul Rossodi Montalcino a Roma è quella di aver creato un’amalgama. Un fil rouge embrionale tra tanti produttori ben determinati a mantenere un’identità chiara per sé ma che trovi rispondenza in una visione globale, nella percezione stessa che si deve avere di Montalcino.

Area vocata ormai per elezione, direi quasi per esclusione, al monovitigno. Lo stato attuale è il risultato di secoli di esperimenti che i tanti padri del vino rosso fatto a Montalcino hanno portato avanti.

Rinnegare la storia sarebbe come rinnegare se stessi, buttarsi via. Questo è lo spirito che lega i produttori riunitisi a Roma e anche i tanti altri non presenti. Aver creato l’occasione di un dialogo più serrato, un confronto tra produttori, appassionati, giornalisti, operatori, su tanti aspetti in un’occasione non ufficiale. Il nostro spirito di gruppo, quello che abbiamo sempre messo nei nostri incontri informali, semplicemente trasposto in un contesto più grande.

E’ stato un atto importante, che mi riempie di orgoglio.

La guardia alta non più a difesa ma proponendosi all’attacco, comunicando nelle sedi più idonee, con garbo, le proprie convinzioni e il proprio amore per la Terra dove viviamo. Offrendo da bere i migliori vini, in annate vecchie, tanto da rendere palese che il Sangiovese a Montalcino è sempre buono e serbevole, anche quando passa meno tempo in legno e viene messo prima in commercio.

Tutto questo l’ho letto nelle parole di sincero ringraziamento che ho ricevuto, nelle richieste di fare ancora qualcosa di simile insieme, che ci tenga uniti, anche nei semplici sguardi e nelle strette di mano di stima.

Abbiamo salito un primo gradino, la strada è quella giusta. Felice di tutto questo, mi sento intimamente appagato.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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