Tanti auguri di buon 2020 con la storia del tappo triste4 min read

C’era una volta un tappo triste. Lo era sin dalla nascita quando, con metodi alquanto violenti venne strappato da mamma quercia, abbandonato per anni alle intemperie per poi subire un taglio breve ma lacerante e ritrovarsi nudo, insignificante, alla mercé di tutti.

Bisogna dire che in quel periodo anche gli altri tappi che vivevano con lui in un grande sacco si lamentavano continuamente e questo non favoriva certo il suo umore. Ma il peggio venne quando si ritrovò in una macchina infernale, dove venne pressato e infilato in un corpo a lui completamente estraneo, fatto di un materiale freddo e trasparente e pieno di un liquido strano che, unica cosa positiva in questa tragedia, profumava.

Si sentiva perso e l’unica consolazione era quel liquido che sembrava cercare il suo contatto e almeno gli faceva un po’ di compagnia. Così passarono gli anni e oramai il sughero triste si era abituato a quella vita, ma dentro di lui la tristezza per la sua sorte si mescolava sempre più al cercare di dare, comunque, un senso alla sua esistenza. Senso che purtroppo, non riusciva nemmeno a immaginare.

Così era non solo triste, ma sempre più scoraggiato: questo lo portava a prendere le distanze da tutto, non solo dalla fredda bottiglia che lo stringeva implacabile ma anche da quel liquido che certe volte, magari senza volerlo, era talmente invadente che era difficile tenerlo al suo posto.

Poi un giorno successe un fatto che gli fece capire molte cose: vide la luce. In realtà la vide assieme alla bottiglia, perché fu messo su un tavolo, vicino a due persone che lo guardavano con attenzione. All’inizio non afferrava le parole (lui parlava portoghese ma a forza di stare accanto a un vino italiano aveva imparato la lingua) ma piano piano capì che stavano parlando di lui.

Vedi che tappo meraviglioso ha questa bottiglia?” -diceva uno- “Si lo vedo, ma l’importante non è il vino?” -rispondeva l’altro.

Certo che il vino è importante ma lasciati dire che se non fosse per questo tappo, che in tutti questi anni è riuscito a conservare perfettamente il vino, salvandolo dal contatto con l’ossigeno e nello stesso tempo dando lui quel tanto di ossigeno che serviva, non solo il lavoro del produttore sarebbe stato praticamente inutile, ma oggi noi stapperemmo questa bottiglia molto costosa e rimarremmo delusi, perché il vino avrebbe dei problemi.”

Il sughero triste non credeva alle sue orecchie: per la prima volta qualcuno parlava bene di lui, lo considerava non solo un tappo e così ascoltò sempre più attentamente.

Se il sughero di questa bottiglia non fosse nato da una quercia perfetta sotto ogni punto di vista (e il nostro sughero si ricordò così, con gioia,  di sua madre) stagionato per molti anni (ripensò anche ai lunghi anni all’aperto e in quel momento non gli sembrarono poi così tragici) lavorato e prodotto con grande cura (quest’ultimo ricordo proprio non riusciva a farselo piacere, ma erano cose passate) non sarebbe stato adatto per un compito così importante!”

Un compito così importante? Il sughero triste, felicemente sorpreso, non riusciva a credere  che in quegli anni avesse svolto un compito del genere.

“Ti dirò di più”– continuò uno dei due – “Vedrai che quando stapperemo la bottiglia il sughero sarà ancora integro, perfetto e questo non succede con tutti i sugheri, credimi”

Ora il nostro sughero era quasi orgoglioso: non immaginava di poter essere “ammirato”: dopo tutto (continuava a ripetersi perché non era facile abituarsi a quella sconvolgente e meravigliosa novità) era solo un tappo.

Quest’orgoglio gli dette la forza di resistere al dolore di essere allontanato dal vetro con un tremendo attrezzo di tortura, ma oramai era determinato a sapere tutto, ad andare fino in fondo.

“Vedi?”-disse il solito dopo aver assaggiato il liquido con cui era stato a contatto per molti anni -“Se non ci fosse stato questo bellissimo tappo” -Bellissimo! Aveva detto bellissimo! Oramai il tappo era al settimo cielo- “Adesso noi brinderemmo al nuovo anno con un vino mal conservato e molto meno buono di come, invece, è. Quindi ringraziamo il vino, il produttore e anche questo piccolo-grande tappo, che mi porterò via in ricordo di quest’ultimo dell’anno”

E così il tappo, non più triste adesso, da qualche anno fa bella mostra di sé accanto a tanti cugini, come lui orgogliosi e felici di aver svolto al meglio il loro lavoro.

Quindi cari amici, anche se qualche volta (come me) vi sentite dei tappi, pensate che la vita sia inutile, insensata o troppo difficile, non buttatevi giù perché se anche un piccolo tappo ha un grande compito, figuratevi voi!

Tanti auguri  di un indimenticabile (in senso positivo) 2020.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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