Una foto a tutta pagina del Principe Roberto di Lussemburgo segnala la cover story di questo numero, dedicata allo Château Haut-Brion, Premier Cru di Pessac-Léognan. Il numero comprende, oltre alle consuete rubriche e alla “Buying Guide” finale, altri tre articoli, dedicati rispettivamente ai rossi del Portogallo, ai rhum invecchiati e, per la gastronomia, agli appetizers. Il Wine Focus di questo numero, infine, é sui Riesling tedeschi delle annate 2019 e 2020.
Mi concentrerò innanzitutto sull’ampio servizio di Thomas Matthews su Haut-Brion e l’impero Dillon, di cui il principe di Lussemburgo é attualmente il proprietario. Sì, perché non si tratta soltanto (e non sarebbe comunque poco) di Haut-Brion, ma anche dello Château La Mission-Haut Brion, acquisito nel 1983 dalla famiglia Dillon, dello Château Quintus, grand cru classé di Saint-Emilion, derivante dalla fusione dello Château Tertre Daugay, acquistato nel 2011, con lo Château L’Arrosée, che gli ha fatto seguito due anni dopo, del marchio Clarendelle, lanciato dall’intraprendente principe nel 2005, la Maison de négoce Clarence Dillon Wines, la Cave du Château, cantina di vendita dei vini della proprietà con sedi a Bordeaux e Parigi , presso l’Hotel Dillon, e infine il lussuoso ristorante La Clarence , sito all’Avenue Franklin nell’8° arrondissement di Parigi, Best Award of Excellence di Wine Spectator.

All’articolo principale del dossier, di Matthews, che é anche quello più interessante, perché riferisce dell’incontro con il Principe, che ripercorre, anche da un punto di vista più personale, la storia della sua famiglia e di Haut-Brion, segue la ricca appendice storica di Suzanne Mustacich. Questa ricostruisce le tappe principali della storia antica e più recente di Haut-Brion dopo l’acquisto da parte dei Dillon: le origini, la straordinaria dinastia dei Pontac che “creò” il mito dello Château e del new claret, i fans famosi, dal diarista Samuel Pepys a John Locke e al Presidente Thomas Jefferson che vi si recarono personalmente. Traccia anche in breve la storia della famiglia Dillon e della famiglia Delmas, dal 1923 “en charge” a Haut-Brion, col capostipite George, già a Cos d’Estournel, nel ruolo di regisseur, infine le nuove direzioni , dall’acquisto de La Mission Haut-Brion in poi.
La stessa Mustacich presenta nel servizio seguente le varie articolazioni commerciali della proprietà Dillon (Châteaux, marchi, négoce, ristorante e alberghi). Infine James Molesworth conclude il dossier con gli assaggi delle cuvée recenti dei diversi Châteaux posseduti dal Principe (ricordiamolo, erede per parte della madre Joan Dillon, moglie in seconde nozze del principe Carlo di Lussemburgo): 98/100 l’annata 2018 dello Château Haut-Brion (100/100 le annate 1989 e 2005), sia bianco che rosso, 96/100 l’annata 2018 dello Château La Mission Haut-Brion rouge e 98/100 il blanc. Ottime performances anche per i secondi vini delle due proprietà: La Clarence de Haut-Brion, il rosso (94/100 il vino dell’annata 2018) e La Clarté de Haut-Brion, il bianco (92/100 la stessa annata), e La Chapelle de la Mission- Haut-Brion, il rosso (93/100 la 2018), e l’eccezionale Pessac-Léognan blanc (97/100!). Sono infine di tutto rispetto anche I Saint-Emilion dello Château Quintus, in costante ascesa qualitativa, dopo la fusione delle due proprietà concorrenti (92/100 al grand vin e 89 al secondo vino, Le Dragon, del 2018).
Insomma, se gli articoli successivi di cui ho appena parlato sono utili ai lettori per i quali Haut-Brion é meno familiare per inquadrare i termini essenziali dell’argomento, l’articolo sul quale consiglio di soffermarsi é quello introduttivo di Matthews, ricco di spunti e di dettagli assai meno noti, articolati in quattro “capitoli”: la ricerca, il castello, il mondo, il racconto.
Il Principe Roberto, che ha notevolmente contribuito alla realizzazione della Cité du Vin di Bordeaux (“the sleeping beauty”, come definisce la città), si é notevolmente appassionato alla narrazione della storia della sua proprietà e ha investito molte risorse nella creazione di una spettacolare biblioteca di libri e documenti sulla storia di Haut-Brion, assumendo anche uno storico residente, Alain Puginier, che ha rintracciato documenti nei quali i vini di Haut-Brion sono citati un secolo abbondante prima dell’annotazione di Pepys. Da registrare la puntigliosa precisazione che il Presidente Jefferson si recò nel Maggio 1787 allo Château Haut-Brion introdotto da John Adams, secondo Presidente degli Stati Uniti, a sua volta introdottovi da Benjamin Franklin.
Passo direttamente all’articolo di Gillian Sciaretta sui vini del Douro portoghese. Famoso, fino a un paio di decenni fa solo per il suoi grandi Porto, ora la regione propone grandi rossi e qualche bianco interessante. Enormemente migliorata la qualità dei rossi portoghesi non liquorosi, che , nell’ultimo quinquennio ha raggiunto livelli di grande rilievo: 95 /100 alla magnifica annata 2017, calda e molto secca, caratterizzata da una crescita anticipata, ma che ha offerto grandi risultati qualitativi a chi ha vendemmiato al momento giusto. Sugli stessi livelli 2016 (94/100) , 2015 e 2018 (un punto in meno).Nella selezione personale della Sciaretta, che riguarda non solo i rossi, ma anche i bianchi di tutto il Portogallo, i rossi del Douro fanno la parte del leone, occupando tutte le posizioni di vertice , con in testa il Vinha da Ponte 2016 della Quinta do Crasto (95/100), proponendo quattro altri vini con lo stesso punteggio (due della vendemmia 2017 e due della 2018).
Prima di chiudere questo articolo menzionando le consuete rubriche, le pagine dei columnist e l’ampia “Buying Guide”, mi limiterò ad un breve cenno al Wine Focus di Bruce Sanderson sui Riesling tedeschi dell’annata 2019. Il riscaldamento climatico ha avuto effetti molto positivi sulla riuscita delle ultime annate, permettendo di raggiungere livelli di maturità prima sconosciuti. L’impatto ha toccata anche il livello degli zuccheri, inducendo i produttori , in molti casi, a declassare gli spätlese in kabinett, gli Auslese in spätlese e così via. Anche lo sviluppo della botrytis é diventato più imprevedibile, in quanto essa insorge generalmente in condizioni climatiche più fredde e umide. Quanto ai vini raccomandati da Sanderson, al vertice della classifica é un Beerenauslese della Rheingau di Robert Weil, il Kiedrich Gräfenberg (98/100), seguito da due Auslese , il Gold Cap Mosel Juffer Sonnenhur di Schloss Lieser e il Gold Cap Mosel Niederberg Heiden della stessa cantina, tutti del 2019, a quota 97. Numerose cuvée di altri produttori hanno comunque raggiunto la ragguardevole soglia dei 95 centesimi.
Nelle vetrine dei vini di maggior prestigio della “Buying Guide”, infine, sono tre Barolo ( Cerretta di Azelio e Baudana, entrambi del 2017, e Sperss di Gaja della stessa annata) e un Chianti Classico(San Marcellino Gran Selezione 2016 di Rocca di Montegrossi), a conferma del favore del mercato americano verso I grandi rossi piemontesi e toscani.