Che c’è, in questo numero oltre alle Foires au vin e naturalmente ai consueti appuntamenti mensili con le rubriche e le pagine personali degli esperti? Prima di tutto una interessante intervista a Yves Confuron, noto winemaker borgognone di Vosne-Romanée: un vigneron talentuoso, dalle idee forti, talvolta in controtendenza, convinto sostenitore delle vendemmie mature e delle vinificazioni “à grappe entière.

Poi il reportage mensile di Pierre Casamayor , della serie “Vie de château”, dedicato ai grandi armagnac millesimati di proprietà della famiglia Darroze (100/100 per lo Château de Gaube 1962 e 1966 e la selezione Larme d’Armagnac da vecchissime annate, tra i 60 e gli 80 anni),il confronto, condotto da Roberto Petronio, tra due diversi stili di una data appellation (il Muscat du Cape Corse del Domaine Giudicelli e del Clos Nicrosi, sei annate dal 2011 al 2016), il terroir del Grand cru alsaziano Sommerberg (55% riesling su tutti, con la solita costellazione di pinot gris, gewurztraminer e muscat, e un po’ di pinot noir, col Grand cru riservato alle uve bianche), visto da Sophie de Salettes, e naturalmente le degustazioni della sezione speciale dedicata alle grandi degustazioni sistematiche. Questa volta il menu comprende una rivisitazione, a qualche anno di distanza della vendemmia, dei vini di due grandi annate solari di Bordeaux, la 2019 e la 2020, e i bianchi del Piémont pirenaico (Irouléguy, Jurançon e Pacherenc du Vic-Bilh).

Partiamo da Bordeaux: due annate calde, ma differenti tra loro, nelle quali i rossi hanno potuto maturare perfettamente, con cabernet di razza nel Médoc e a Pessac-Léognan a equilibrare la rotondità dei merlot. I bianchi risultano ricchi con un frutto leggermente dolce, quelli del 2019 con qualcosa in più di quelli del 2020.Bell’equilibrio a Saint-Émilion, con vini “racé”, di bella profondità, ancora con una certa prevalenza di quelli della 2019 sulla successiva, in cui la canicola estiva e di settembre ha leggermente degradato le acidità. Ottime riuscite anche a Pomerol, qui limitatamente al 2019, perché i vini del 2020 non erano stati ancora imbottigliati al momento della degustazione, e quindi non sono stati qui considerati. Vini intensi, maturi, con un buon potenziale di “garde”. Più indecifrabili i bianchi moelleux del Sauternais, che hanno dovuto assorbire il cambiamento legato ai diversi passaggi di proprietà, le difficoltà della botrytis a seguito del cambiamento climatico e il tentativo di recuperare gli spazi di mercato perduti tentando nuove vie, come la produzione di bianchi secchi. Nell’annata 2019 raggiungono i 99-100/100, cioè quasi la perfezione gli Châteaux Margaux e Lafite-Rotschild , 99/100 Palmer a Margaux, Ducru-Beaucaillou e Léoville-Las Cases a St.-Juilen, Mouton-Rotschild a Pauillac e Haut-Bailly a Pessac. Nella Rive Droite, a St.-Émilion guida il plotone un gruppetto di quattro Châteaux (Ausone, Belair-Monange, Cheval Blanc e Fourtet) a quota 98/100, mentre a Pomerol è Trotanoy, con i suoi 99/100, seguito da Le Pin un punto al di sotto.
Per quanto riguarda i bianchi di Pessac, il risultato migliore è quello dello Château Brown (94/100), nel Sauternais (vini meno concentrati di quelli del 2015 e 2016, ma con un ottimo potenziale di invecchiamento), nonostante la crisi, spunta 100/100 Yquem, con Coutet e Dosy-Daëne dietro a 99/100. Nell’annata 2020, i capofila médocain sono Rauzan-Ségla a Margaux (98), Beychevelle a St.-Julien (97), Baron Pichon-Lalande a Pauillac (98), Calon-Ségur a St. Estèphe (97). Assenti dalla degustazione i rossi di Pessac-Léognan, tra i vini di St-Emilion primeggia Figeac , con 98 punti, mentre nel Sauternais guida la classifica il terzetto Coutet-Lamothe Guignard -Suduiraut con 97/100.

L’altra degustazione principale riguarda i bianchi secchi del Jurançon, di Irouléguy e l’assai meno conosciuta denominazione del Pacherenc du Vic-Bilh, nei quali è protagonista il manseng, una varietà autoctona che si esalta in questi territori pedemontani, caratterizzati da una straordinaria varietà di suoli e condizioni climatiche molto particolari per l’influenza simultanea dell’oceano e dei Pirenei. Una piccola appendice della degustazione considera anche i bianchi, di minor spessore, delle Côtes de Gascogne, in cui sono presenti sia il gros che il petit manseng, in condizioni climatiche molto diverse, dominate dall’influenza oceanica .
Questi vini poco conosciuti e poco considerati anche in Francia fino a pochi anni fa, sono invece molto interessanti per la loro aromaticità e la freschezza di vini di montagna e, dietro alcuni Domaines capofila, sono ormai numerosi i vignerons che producono cuvée di sicuro valore. Nell’AOC Jurançon, il Domaine Camin Larredya produce il suo Costa Bianca (97/100 quello della vendemmia 2019, miglior punteggio della degustazione), ma cuvée di grande valore sono anche il Jurançon sec dello Château Laffitte, dove Antoine Arraou è tornato per occuparsi delle vigne di famiglia (94/100 il vino del 2021) e il Météore del Clos Larrouyat (anch’esso 94/100 il 2021).
Senza dimenticare il mito Les Jardins de Babylone, Vin de France per scelta di Louis-Benjamin Dagueneau, figlio del grande Didier (95/100), finalmente più convincente anche nella versione secca. Nell’AOC Irouléguy il capofila è il Domaine Arretxea, bandiera dei Paesi Baschi francesi : il suo Irouléguy blanc Hexoguri 2020 spunta 96/100, ma buone cuvée sono oggi proposte anche dalla Cave d’Irouléguy (92/100 l’Elgarrekin 2020), dal Domaine Brana e dal Domaine Etxondoa (stesso punteggio). A Pacherenc-du Vic-Bilh, un’appellation molto apprezzata anche nella sua versione moelleux, il ben noto Château Montus di Alain Brumont e il Domaine Labranche-Laffont di Christine Dupuy raggiungono entrambi i 93/100 : il primo con un 2015 , assemblage di petit courbu e petit manseng, polposo e “grasso”, il secondo con un 2020 energico e finemente cesellato.
Per finire: la “bouteille mytique” n. 29 delle 100 selezionate da Pierre Casamayor è lo Château Mouton-Rotschild del 1945, dalla eterna giovinezza, e la bottiglia del dibattito tra Olivier Poels e Alexis Goujard è un syrah di St.-Joseph dell’annata 2020 del Domaine des Pierres séches.