Stampa estera: dai Borgogna 2022 alle cantine vendute, passando per l’aumento del biologico7 min read

Vendemmia 2022 in Borgogna all’assaggio

La vendemmia 2023 è ormai alle spalle: iniziata il 25 agosto per i Crémant e proseguita a inizio settembre per i vini bianchi e rossi, si è conclusa con la terza settimana del mese appena trascorso. Un’annata dal tempo instabile, ma che, come anticipato dal BIVB*,  promette molto bene, anche se le prime valutazioni si faranno in occasione della Vente aux Enchères degli Hospices de Beaune, da sempre il termometro dell’annata.

Quella del 2022 è stata, come ormai sempre negli ultimi anni,  un’annata dal tempo instabile, nella quale però gli ingredienti necessari di sole e piogge non sono mancati. A un marzo dal clima dolce, all’origine di un germogliamento precoce, è seguito l’ormai ricorrente brusco calo delle temperature di aprile, che ha comportato la necessità di ricorrere a vari strumenti di protezione dal gelo, fortunatamente però meno micidiale che in altri anni.

Non c’è stato un caldo troppo elevato al momento della floraison e non sono mancate le piogge prima della canicola d’agosto, cadute abbastanza uniformemente in tutti i diversi territori. La maturazione delle uve ha sofferto soprattutto nelle vigne più giovani e in quelle con suoli molto drenanti, che maggiormente danneggiate  dalla siccità, ed è stata tuttavia necessaria un’attenta vigilanza dei focolai di malattie .

Pinot nero

Alla vendemmia, però, le uve sono risultate sane e finalmente abbondanti, dopo una vendemmia 2021 assai sofferta e segnata da quantità molto ridotte. Come sempre nelle annate successive a quelle falcidiate dalle gelate, è seguito un rebound che ha  apportato rese finalmente generose, come nel 2020:  + 20,3% per i vini rossi e + 24% per quelli bianchi rispetto alla media dei  cinque anni precedenti.

Per il pinot nero, che ha maggiormente sofferto gli sbalzi climatici, rispetto allo chardonnay, che si adatta più facilmente ha richiesto un tri severo, ma la qualità si annuncia molto alta. Un po’ meno per gli chardonnay, che pure hanno dato prodotti di eccellenza, ma meno omogenei, perché diversi produttori, dopo l’emorragia del 2021 hanno cercato di rifare le scorte depauperate di bianchi (non si dimentichi che, a parte i crémant, i bianchi rappresentano il 70% della produzione di vino in Borgogna).  

Gli assaggi condotti dal Comitato di assaggiatori di “Bourgogne Aujourd’hui” (n. 172, agosto-settembre 2023)  hanno confermato le previsioni più ottimistiche fatte al momento, specialmente per i vini rossi: 18/20 la valutazione  per quelli della Côte-d’Or e della Côte-Chalonnaise, e un più che soddisfacente 17.5/ 20 nella Yonne. Quanto ai bianchi, le valutazioni sono leggermente inferiori , come accade spesso nelle annate “generose”, ma comunque molto buone: 17/20 nello Chablisien e mezzo punto in meno nella Côte-de-Beaune e  nella Borgogna meridionale sud (Côte-Chalonnaise e Mâconnais).

In particolare i vini rossi- il pinot nero, si sa, non sopporta la mediocrità e le rese troppo alte, che i produttori hanno saggiamente  contenuto- sono di livello molto alto: delle bombe di frutto, sia pur meno ricche che nel 2020,  molto aromatici e floreali, con tannini eleganti,  deliziosi  per la loro “sucrosité”. Attenzione però, l’ impressione di  “dolcezza” dei vini non è legata allo zucchero residuo (meno di 2 grammi al momento dell’imbottigliamento nei vini rossi come negli chardonnay), ma al grande  equilibrio tra maturità alta e acidità più bassa .

Chardonnay

Si è detto dei rossi: quanto ai bianchi, a riuscite eccellenti se ne accompagnano altre meno brillanti, generate sia dalla maggiore generosità dello chardonnay e al desiderio di compensare la scarsità dell’annata precedente, che ha spinto i vignerons a fare una selezione meno feroce, ma anche a scelte a volte  improvvide nella scelta dei momenti di raccolta, come quella di anticipare la vendemmia raccogliendo uve poco mature per contrastare il caldo  cercando una maggiore freschezza. Una buona annata, in definitiva, ma forse anche un’occasione mancata per diventare davvero grande.

La preoccupazione è ormai quella dei prezzi. Se per i cru più prestigiosi la domanda è ancora tale da non soffrire per il loro fortissimo incremento (anche se si assiste già a un certo rallentamento), il fronte più importante è quello dei Villages e delle denominazioni regionali, il cui costo è anch’esso notevolmente aumentato, troppo per la fascia dei consumatori a cui si rivolgono. C’è comunque una certa  tenuta , specie nelle appellation minori, visto che è ancora possibile trovare delle buone cuvée a meno di 20 euro  tra i Côte-de-Nuits Village, Irancy, Auxey-Duresses o Maranges (prezzi alla vendita diretta).

Se, naturalmente, i grandi territori, come Gevrey-Chambertin o Chambolle-Musigny hanno confermato la loro eccellenza con vini spesso impressionanti,  è evidente la crescita delle due denominazioni di recente premiate dai Premiers crus: Marsannay e Pouilly-Fuissé. Quanto agli altri territori,  si confermano una rassicurante solidità le piccole appellations della Côte-de-Beaune e il momento felice, anche in termini di immagine, dei bianchi del Mâconnais.

Nuovi e vecchi domaines: la campagna acquisti

Se nel maggio scorso la storica cantina de La Chablisienne ha festeggiato il suo primo secolo di vita, dalle ceneri del vecchio Domaine Pierre Naigeon è sorto un nuovo Domaine nel nord della Côte-de-Nuits (13,5 ettari a Marsannay e Gevrey-Chambertin): il Domaine des Astrelles (sintesi di Astres e Parcelles) di Jean-Marie e Isabelle Chapier, appassionati di vino provenienti dal Doubs. Inoltre lo storico Domaine William Fèvre di Chablis si appresta a cambiare nuovamente proprietario: dalla Maison Henriot e poi  da Arthémis Domaines, che l’aveva acquisito meno di  un anno fa insieme alla Maison Bouchard Père et Fils, entra da quest’anno a far parte del patrimonio della famiglia Rothschild, già proprietaria dello Château Lafite-Rothschild, Duhart-Milon, Rieussec e L’Évangile a Bordeaux, oltre a diverse altre cantine in Cile, Argentina e persino Cina.

la cantina dello Château Lafite-Rothschild

Non si tratta di una piccola transazione, perché il Domaine William Fèvre, forte di 72 ettari di vigna a Chablis, di cui 16 di Premiers Crus e altrettanti in sei Grands Crus, oltre a una consistente attività di négoce, è una delle grandi star della Yonne. Ormai definitivamente passato alla conduzione bio , ha notevolmente cambiato  lo stile di vinificazione, grazie al suo régisseur, Didier Séguier, consacrato questo giugno come “Winemaker dell’anno” in occasione del Wine Challenge di Londra: niente più legno nuovo nell’élévage, ma la ricerca di vini puri,  minerali e il più possibile trasparenti rispetto ai terroirs di provenienza.

L’onda verde

La “Revue du Vin de France” segnala la crescita esponenziale delle vigne a conduzione biologica in Borgogna: solo nel 2022 è stato registrato dall’Osservatorio regionale dell’agricoltura biologica  Bourgogne- Franche -Comté  un aumento del  44% delle superfici in conversione. Il 20% del vigneto borgognone  è già certificato bio  e  quest’anno lo sarà il 35%  di quello della Côte-d’Or. Ormai sembra definitivamente  alle  spalle la grande paura del 2016, quando , alle devastanti gelate primaverili seguì una crescita spaventosa della pressione della peronospora, e piccoli Domaines familiari e Domaines di grandi dimensioni sono più che mai impegnate in questo campo .

Grandi vini a costi contenuti al ristorante

La “Revue du Vin de France” ha scelto, nello stesso numero, 10 “tables folles de vin”, ristoranti che non considerano i loro clienti come vacche da mungere, ma che , grazie ad un’oculata politica di allocazioni, riescono a proporre grandi vini  a prezzi finalmente accessibili . Tra queste, Le Soufflot di Meursault, terra di grandi vini bianchi e sede della famosa Paulée di novembre. La cantina naturalmente dà ampio spazio ai crus borgognoni  e vi è possibile reperire autentiche gemme  già a 45 euro. Chi è già stato in Borgogna sa che da quelle parti si tratta davvero di una “rara avis”.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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