Stampa estera a portata di clic: Wine Spectator, vol. 455 min read

I formaggi molli sono i protagonisti di questo numero, ma ci sono altri temi in carniere. Sulla scia del numero speciale dedicato alle Black Voices e alla Wine Diversity, ci sono il ritratto di un winemaker e della sua famiglia “latinos” in California, una panoramica dei rossi californiani da uve innovative importate,  le ultime annate dello Champagne e i vini da godere in un party “socialmente distanziato” o da regalare per le feste.

Partiamo dai “soft cheeses”, i formaggi freschi e morbidi. Di essi parla anche l’editoriale di Shanken e Matthews, che esaltano il loro marriage con gli sparklings. Il servizio si articola in diverse sezioni, ciascuna delle quali tratta una particolare tipologia dei formaggi , a partire da quella “tangy” , dei formaggi  più sapidi di capra, come il Mitica Leonora spagnolo e la Vermont Creamery Coupole: due formaggi per tipologia, uno del Vecchio mondo e l’altro americano, la descrizione delle loro caratteristiche , di come servirli e conservarli e , naturalmente, la “wine strategy” da adottare, cioé con quali vini accompagnarli. Per questi WS suggerisce dei bianchi aromatici con un’acidità moderata che possa bilanciare le note floreali, fruttate e speziate molto odorose dei formaggio di capra, come un  albarinho iberico. La mozzarella di bufala campana e la fresh-made mozzarella americana (oh Dio!), che loro servono con I pepperoni (per gli americani non sono I peperoni ma il salame piccante) illustrano la tipologia “fresca”. Il suggerimento di WS é un Greco di Tufo o un Etna rosé. Si prosegue con le altre tipologie, la “leggera” (per intenderci il brie fermier, confrontato con lo Jasper Hill Moses Sleeper del Vermont),  la  “cremosa” (Brillat-Savarin e Nettle Meadow Kunik newyorkese delle Adirondack Mountains), per la quale si propone uno sparkling e, più sorprendentemente, un grenache californiano, l’ “aromatica” (Taleggio contro Meadow Creek Grayson della Virginia)- ancora uno sparkling, un Franciacorta-e, infine, i formaggi “funky”, I più  puzzolenti, come l’époisses borgognone e il suo parente americano, ancora del Vermont, il Murray Cave-Master Reserve Greensward. Che cosa berci sopra? Un leggero rosso borgognone o uno chardonnay unoaked (senza legno) californiano.

Barbera

Anne Worobiec, nel suo articolo “Reds on the Rise”, parla della stagione dei rossi da uve alternative introdotte più o meno recentemente in California, dove, accanto alle varietà più comuni (cabernet, pinot noir e zinfandel) si trova ora un discreto plotone di uve innovative. Molte di esse sono italiane: accanto al sangiovese, che ha avuto il suo periodo di celebrità negli anni ’80-’90 (oggi ce ne sino solo 1.500 acri, un po’ meno della metà del suo picco più alto), il nebbiolo, la barbera, il nero d’Avola. Naturalmente ci sono   la Francia, con le varietà minori del bordolese (malbec e petit verdot), ma anche del sud (cunoise, tannat), e la Spagna, col suo tempranillo e il graciano. Insomma un bel po’. Con discreti risultati. Se é un Malbec dell’Alexander Valley del 2017 a spuntare il punteggio più alto dalla Worobiec (93/100), subito dopo, insieme con un assemblage malbec-merlot della stessa zona e un tempranillo di Paso Roble, ci sono un barbera/ nebbiolo/ cabernet di Desparada , un Sangiovese in purezza della Napa Valley (maliziosamente denominate Classico ) e un Sangiovese-cabernet di Atlas Peak a quota 92.

Eccoci agli Champagne. “Giorni luminosi “ é il titolo del servizio di Alison Napjus. Nonostante la crisi, lo champagne “tiene”, secondo l’autrice, sia perché ormai associato al “luxury” e alle feste, sia però anche per la sua irreprensibile qualità. In effetti, le promesse della più  recente annata 2015 sono elevate (94-97/100 la forbice per WS), 2014 e soprattutto 2013 si annunciano anch’essi su ottimi livelli, ma la vendemmia del 2012, quella delle attuali cuvée premium della maggior parte delle grandi Maison, é forse seconda solo all’eccezionale 2008, il millesimo che si propone di oscurare la grandissima annata 2002. La 2015 é stata un’annata molto calda, caratterizzata da una crescita molto rapida, che ha avuto solo una modesta riduzione della raccolta, dal frutto molto maturo, di grandi prospettive. La 2012, invece, é stata una delle più “challenging” del secondo decennio. “Le piaghe d’Egitto”, così i growers descrivevano la tremenda sequenza di gelo, grandinate, millerandage e infine peronospora per gli eccessi di piogge, ma… Eppure, alla fine , perdite a parte (il calo é stato tra il 20 e il 40% in tutte le aree), la qualità é risultata eccezionale per tutte le cuvées (una settantina) assaggiate. Tra le cuvée di questa annata, al vertice con 97/100 sono La Grande Année di Bollinger e il Cristal di Roederer, che precedono, nel punteggio, tutte le altre migliori (di annate sparse). Tra gli champagne non millesimati, a parte Krug, che con il suo Brut rosé n. 24 e il suo Grande Année n. 168, hanno ottenuto , rispettivamente con 96 e 95, i punteggi più elevati, mi piace citare l’eccezionale performance del Brut Blanc de blancs L’Étonnant Monsieur Victor n. 13 di Pierre Peters.

Resterebbe  da fare almeno un cenno  degli altri due articoli. Il primo, che apre il fascicolo, é dedicato alla famiglia (la moglie Adelina con i quattro figli) del compianto Ulises Valdez Senior, winemaker “latino” molto stimato, subentrata alla guida della loro cantina a Sonoma, mantenendone  alta la reputazione . Il secondo comprende una serie di suggerimenti per I vini da bere nei momenti conviviali (“for a social distanced party”: che vorrà mai dire, in concreto?) o da regalare nelle feste a varie tipologie di amici e conoscenti. Poi, naturalmente, la “Buying Guide”   (Barolo Carretta 2016 e Barolo Falletto  riserva Bruno Giacosa 2014 sugli scudi), le rubriche di notizie (ancora Sassicaia falsi!) e le pagine dei columnist: Worobiec sulla scomparsa di  Taras Ochota, rock star e winemaker promotore dei vini low intervention, low alcohol , light style; Marcus sulla “nuova normalità climatica” (ahi ahi!) della California.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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