Stampa estera a portata di clic: Wine Spectator, vol. 44, 20194 min read

Ogni anno l’estate di WS si chiude con il numero dedicato ai locali con il Grand Awards, assegnati ai ristoranti con le migliori carte dei vini nel mondo. Naturalmente lo spazio di gran lunga maggiore (oltre i due terzi delle poco meno di 90 pagine riservate a quest’ampia rassegna) è quello riservato alle tavole americane: l’Italia, che pure è tra i paesi messi meglio, non arriva a riempire una pagina, come la Francia. Otto sono i nomi nuovi che hanno ottenuto il massimo trofeo dei tre bicchieri, una lista che non si rinnova molto di anno in anno: quattro ristoranti (due sono delle Steak-houses) degli States, la metà nella sola Houston (Texas), due in Europa, uno dei quali l’italiano Cracco.

L’Italia ha ottenuto 6 Grand Awards, uno più della Francia e due più di Cina e Canada, che seguono nella graduatoria. Dei sei premiati, il più antico è l’’Enoteca Pinchiorri (dal 1984), ma subito dopo c’è il Poeta contadino di Alberobello (dal 1997), poi l’Antica Bottega del Vino di Verona e La Pergola di Roma, che si sono entrambe per la prima volta fregiate del trofeo nel 2004, mentre, il più recente,   a parte  naturalmente Cracco,  è La Ciau del Tornavento (dal 2013).

Ciau del Tornavento. Cantina.

Se non mi è sfuggito qualcosa scorrendo le fittissime pagine della rassegna di WS, i più medagliati sono la California , con 17 Grand Awards, e lo stato di New York con 16, ma altri winner sono dispersi nei  48 stati d’America residui. In ogni scheda sono riportati il sommelier/wine Director), l’ampiezza (con il numero totale di bottiglie presenti in cantina) e la robustezza delle selezioni dei vini, i prezzi dei vini, i corkages praticati, il tipo di cucina e i prezzi. Precedono la rassegna un più corposo articolo di presentazione per ciascuno dei nuovi Grand Awards dell’anno (Alison Napjus ha firmato quello dedicato a Cracco), un altro dedicato alla ricostruzione del Ranch di San Isidro, Grand Award  di Santa Barbara, dopo l’incendio del 2017, mentre Gillian Sciarretta intitola “Sharing the Table” (La condivisione della tavola) un servizio che illustra il rapporto che lega i ristoranti e la loro comunità, prendendo lo spunto dai ristoranti distrutti dopo i disastri naturali.

Come si è detto, questo fascicolo è pressoché interamente dedicato ai ristoranti del vino, ma, oltre alle consuete rubriche, un po’ di spazio è stato assegnato a due veloci review, rispettivamente focalizzate sui vini di Washington, di Tim Fish, e sui rossi australiani, di Mary Anne Worobiec. Per quanto riguarda i primi, le ultime annate sono state tutte abbastanza favorevoli, anche se leggermente al di sotto dell’eccezionale 2012, che ha dato vini potenti ma anche inusualmente eleganti. Molto bene l’annata 2016, con vini rossi vibranti e molto fini, più variabile l’annata 2017, stretta tra una primavera fredda e umida e un’estate molto calda, ma favorita da un periodo vendemmiale temperato.

Quanto ai vini raccomandati da Fish, i risultati migliori sono quelli dei Syrah e dei blends a base di Syrah e altre varietà del sud della Francia, come il mourvèdre, ma anche tra i cabernet e i blends bordolesi di Walla Walla ci sono diversi vini vicini ai 95 punti. Sono in  piena evoluzione i vini australiani, che hanno potuto avvantaggiarsi (a Barossa, come Victoria e Mc Laren Vale) di una serie positiva di annate favorevoli, anche se le rese del 2018 sono state inferiori in quantità rispetto a quelle del generoso 2017. Anche qui, come è ovvio, il syrah (anzi Shiraz) è in cima alle preferenze della Worobiec: in testa, con un ampio vantaggio sugli inseguitori, il Grange di Penfolds, dall’alto dei 98 punti.

La rivista si chiude, come sempre, con la Buying Guide e  la miriade di assaggi di vini di tutto il mondo, e  il Perfect Match del mese: lombo d’agnello e Pinot noir (of course, della Sonoma Coast californiana o della Williamette Valley, Oregon).Nella vetrina dei vini di maggior prestigio della Buying Guide di questo mese, la Ribolla 2009 di Gravner, il Chianti classico riserva di Fizzano Gran Selezione di Rocca delle Macie 2016 e i sempre presenti Sassicaia e Tignanello del 2016. Badia a Coltibuono col suo Chianti clasico 2016 e Falesco, col suo Vitiano rosé 2018 , trovano invece posto tra gli Smart Buys.

Oltre alle consuete rubriche di ogni mese, un cenno alle pagine dei columnist: Steiman parla degli abbinamenti memorabili dei vini dolci  con i menu del dinner,  mentre Fish  del suo rapporto con i vini di Sonoma.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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