Stampa estera a portata di clic: La Revue du Vin de France, n.6287 min read

Bottiglie del Saumurois fanno bella mostra di sé al centro della copertina, insieme ad un formaggio e a un tagliere. Accompagnano il titolo più grande di questo numero: “Saumur, il cuore pulsante della Loira”.

Titoli più piccoli annunciano: “Millésime Bio”, il Salone di Montpellier dedicato ai vini ecologici, “70 cuvées enusiasmanti della Valle del Rodano sud”, “Grand Prix della RVF”, viva la donna dell’anno; “Inchiesta: i vini esteri alla conquista della Francia” e infine “30,40, 50 anni: le più belle cuvées degli anni in 9”.

Cominciamo con il servizio principale, quello dedicato alla grande degustazione dei vini di Saumur,  situato nella sezione finale della rivista. Più enfaticamente , l’articolo di Alexis Goujard aggiunge: “ I suoi vini rossi e bianchi ridisegnano le carte al vertice della Loira …e forse del mondo!”.Sotto esame sono non soltanto le ultime annate (la grande annata 2016 e la più “gioviale” 2017, più morbida e accattivante, senza però,  la profondità e la complessità della 2016), ma anche quelle precedenti, fino alle più difficili annate 2013-2011.

Apre la degustazione l’AOC Saumur-Champigny, con  il suo terroir di Tuffeau, da cui nascono rossi profondi e strutturati . Due nomi (non nuovi) soprattutto: Les Poyeux 2014 del Clos Rougeard (19/20) e Les Mémoires 2017 del Domaine des Roches Neuves (18/20), a cui si aggiunge Le Beaumeray 2015 di Château Yvonne (con lo stesso punteggio).

Si prosegue con i Saumur, bianchi di razza e rossi muscolosi. Tra i primi, eccellono l’Échelier 2017, sempre del Domaine des Roches Neuves, e La Charpentine 2014 del Domaine du  Collier (entrambi 17.5/20). Tra i rossi, si conferma il Domaine Guiberteau, con il suo Les Arboises 2015 (17/20).Infine ecco i vini della più recente (e più piccola) appellation del Saumurois, quella di Saumur Puy- Notre Dame, con i suoi vini rossi molto colorati: al vertice (con 16/20) il Billes de Roche del Domaine Melaric, spinto dall’entusiasmo di Mélanie e Aymeric Hillaire (il nome del Domaine è una fusione di quelli dei due proprietari).

La seconda grande degustazione di questo mese è dedicata ai Côtes-du-Rhône meridionali: una grande varietà di terroirs, di assemblages (nei quali domina  la grenache) e di stili di vinificazione. Vini extra a prezzi amichevoli, recita il sottotitolo. La degustazione è organizzata per appellation: Côtes-du-Rhone, Cotes-du-Rhone Villages,  Cotes-du-Rhone Villages  con la menzione del nome del comune di provenienza, distintamente per le annate 2016 e 2017. Per la 2017, Top score , con 14.5-15/20, un concentratissimo Domaine des Bernardins  (8.90 euro la bottiglia), il Cotes-du-Rhône del Domaine Marcoux,e la Cuvée Sablet del Domaine Les Goubert (solo 7.80 euro).

Tra i vini della solare e luminosa annata  2016 spiccano  quelli della Maison Ughetto-Audoin (8.50 euro) e del Mas de Boislauzon (più caro, con i suoi 10 euro), e il Sablet del Domaine du Terme (8 euro), tutti con lo stesso punteggio.

Sempre nella sezione finale della rivista, dedicata alle degustazioni seriali, è l’articolo di Roberto Petronio sui millesimi che finiscono in 9 e i vini più adatti per festeggiare i propri 30,40,50 e persino 80 anni (per la cronaca, un Rivesaltes del 1939 del Domain Cazes o, se preferite, il Montrachet del Domaine Bouchard Père et Fils).

Tra gli articoli annunciati dai titoli di copertina, il primo è quello dedicato all’assalto dei vini del mondo al villaggio dei Galli. Tra i numerosi importatori di vini dell’Africa del Sud, della Nuova Zelanda, degli Stati Uniti e del Sud America, c’è anche un intraprendente imprenditore , Youi Soltys, cofondatore di “Bere Bene”, società specializzata nell’importazione di vini italiani. Secondo Soltys il Piemonte sta per diventare la nuova Borgogna: tutte le aziende  interessanti del Barolo sono già sotto contratto, diversamente da appena 5 anni fa.

Fa piacere trovare in queste pagine anche la foto di un sorridente Emidio Pepe (con la figlia Chiara) con uno dei suoi Montepulciano d’Abruzzo importati da Oenotropie.

Eccoci al Grand Prix 2019 della RVF . Donna dell’anno (la sua foto con un bicchiere di vino rosso Vinsobres riempie un’intera pagina a colori) è Pascaline Lepeltier, giovane sommelière dell’Anjou, prima donna consacrata come “Meilleur ouvrier de France en sommellerie” , che ha ridisegnato la carta dei vini del Ristorante  Racines di New York. Qualcuno degli altri premi: vigneron dell’anno è Vincent Dureuil (Domaine Dureuil-Janthial), le cui radici sono a Rully, appellation che ha contribuito a portare in alto; il premio dell’innovazione va a Michel Drappier per il primo Champagne a “zero carbone”, premio speciale dell’anno a Jean-Michel Deiss, vigneron alsaziano di culto, sostenitore della complantation.

Ultimo degli articoli “di copertina” è quello dedicato al salone “Millésime Bio” di Montpellier, consueto appuntamento annuale dei viticultori biologici e biodinamici. Alexis Goujard presenta le 124 cuvées più interessanti da lui scoperte , dall’Alsazia al Mediterraneo. Solo qualche nome: lo Chinon Les Varennes du Grand Clos 2016 del Domaine Charles Joguet (17/20), il Languedoc-Montpeyroux Les Cocalières 2016 del Domaine d’Aupilhac (17/20) tra i rossi, l’Alsace Riesling Grand Cru Hengst 2016  del Domaine Barmès-Buecher  e due Muscadet Sèvre et Maine 2017 tra i bianchi: quello del Domaine Luneau-Papin e il Clos des Briords del Domaine de la Pépière, tutti con lo stesso punteggio (17/20).

La viticultura bio è al centro anche della “grande intervista” a  Marie Thérèse Chappaz che apre il numero (dopo un editoriale di Saverot sul movimento dei gilets jaunes, che auspica nostalgicamente una rinascita anche in provincia degli antichi cafés-oggi bar à vins- dove “parlarsi davanti a un bicchiere di vino”). Siamo nel Valais, dove questa vigneronne coltiva le sue parcelle dalle pendenze vertiginose che guardano il Gran San Bernardo e les Aiguilles de Chamonix.L’intervista tocca naturalmente i vins naturels e la ricerca dell’eliminazione dello zolfo (il suo sostituto? Il Bicarbonato di sodio), i vini svizzeri e del Valais, le varietà preferite.

Due sono gli itinerari enoturistici del mese: uno di essi è dedicato al Chianti Classico. Fa piacere vedere il nuovo interesse, anche in Francia, per i vini dei nostri territori. Nel suo articolo, Sophie de Salettes  ricostruisce la geologia dell’appellation , senza entrare nel dettaglio delle sue sotto zone , e  indica i produttori più interessanti  (o più semplicemente più famosi). L’altro  itinerario suggerito dalla RVF è nei Paesi Baschi francesi. Ne parla Julien Duboué, giovane chef parigino che aspira ad aprire un suo ristorante nella regione. Suoi i consigli su dove mangiare, dove dormire, i Domaines da visitare. La gastronomia: Olivier Poels , nella sua rubrica “L’accord minute” suggerisce un Cornas sulla vellutata di lenticchie al tartufo nero, e poi, per la serie “Le grand accord”  presenta una ricetta dello chef bretone de L’Oisteau de Baumanière, Glenn Viel: granchio con cozze, da  accompagnare con  un vino bianco delle Alpilles (100% rolle, il nostro Vermentino).

Pierre Casamayor illustra i vini del Domaine Combier, soffermandosi sul   suo Croze-Hermitage Clos des Grives, un Syrah 100% proveniente dai cinque ettari storici delle vigne più vecchie del Clos . Attenzione a non berlo troppo giovane. Nella verticale delle ultime 13 annate (dal 2000), spiccano i 19/20 dell’annata 2005 (da stappare solo se si è impazienti) e dell’annata 2010 (da attendere imperativamente). L’annata più deludente (16.5/20) è quella del caldissimo 2003.

Poi, naturalmente, ci sono le rubriche  di sempre: le notizie dell’attualità (tra queste, la nuova passione dei cinesi per il Marselan, varietà molto adattabile della Languedoc, nata dall’incrocio tra il cabernet sauvignon e la grenache; la  nascita di un nuovo carburante  derivante al 100% dai residui della vinificazione; ” l’infortunio” di Lafon-Rochet, nel  quale sono state rinvenute tracce di pesticidi,  la morte di Patrick Léon, a cui si debbono alcuni dei migliori millesimi dello Château Mouton-Rotschild), le lettere dei lettori , le pagine dei columnist . Tra queste ultime ricordo quella di Jean-Emmanuel Simond, membro del Comitato di assaggio della RVF, autore de “Il crepuscolo dei bianchi”, che denuncia l’eccessiva ricerca della tensione acida nei vini bianchi per far fronte ai mutamenti climatici : ne nascono vini da bere giovani piuttosto che al loro apogeo.

Il dottissimo Jean-Robert Pitte  auspica un ruolo per il rustico vitigno locale di Saint-Pourçain , il tressallier, per rilanciare  i suoi vini, famosi già all’epoca dei Capetingi e dei papi di Avignone. Le varietà autoctone, come baluardo alla globalizzazione, tornano anche nella pagina di Sébastien Lapaque, sulla nouvelle vague dei vini balcanici. Ci sono i consigli della vigneronne Nicole Deriaux, proprietaria del Domaine de Montbourgeau , che suggerisce di accompagnare  il suo vin de paille  con il foie-gras a inizio pasto o con un  comté o un bleu de Gex sul dessert.

Poi il giro del mondo con dieci vermouth nella pagina dedicata agli spiritueux (cinque sono italiani), le pagine di Angélique de Lencquesaing sui vini da collezione (stabile Bordeaux, nuovi records in Borgogna), i coup de coeur del mese degli assaggiatori della RVF, e infine il “débat autour d’une bouteille”: si confrontano Alexandre Ma  e Jaen-Baptiste Thial de Bordenave su un grenache catalano , il Montsant Com Tu del Clos Mogador .

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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