Stampa estera a portata di clic. La Revue du Vin de France, Maggio 20205 min read

Niente Primeurs di Bordeaux, in questo numero,  come negli altri anni : la degustazione dei vini dell’annata 2019 è stata infatti rinviata agli inizi di giugno. Al suo posto è una insolita degustazione di grandi annate di vini delle varie appellations bordolesi, dal titolo “Bordeaux pour rêver”.

Il titolo di copertina di maggior rilievo è il Dossier speciale “Où va le vin en France?”, a testimoniare le crescenti inquietudini di produttori e analisti in epoca di confinamento. Gli altri titoli: Banco-test dei migliori  bicchieri per lo Champagne, Rosé “de garde”,  i rossi della Languedoc e del Roussillon  che invecchiano meglio.

Il vino francese è a una svolta.  A fronte della crescente  incertezza delle esportazioni, calano anche i  consumi  interni (38 litri pro capite nel 2008,  solo 29 nel 2015),  e le prospettive di una crescita sono negative, dal momento che più di ¾ del vino consumato in Francia, il 78%,  proviene dagli ultracinquantenni , mentre i giovani preferiscono la birra e solo 1 su 5 di chi ha meno di 30 anni immagina di bere vino in futuro e i consumatori regolari diminuiscono costantemente a favore di quelli solo occasionali (erano il 50% nel 1980, ora sono il 15%).

Diminuisce anche il numero dei vignerons, ormai ridotto a meno di un terzo di quanti erano 1990,  e il 60% di essi ha più di cinquant’anni. Dopo la legge Evin l’igienismo ha individuato il suo bersaglio n. 1 nel vino, indicato dalla lobby sanitaria come un killer da abbattere: si lotta ormai a forza di dati e di numeri sui casi di morte da attribuire all’alcol, da una parte e dall’altra, ma la loro attendibilità è abbastanza dubbia.  Cresce nella popolazione la diffidenza verso la vitivinicultura  convenzionale, e corrispondentemente, anno dopo anno, il bio  diventa sempre più una necessità per sopravvivere (nel 2019 sono poco meno di 7.000 proprietà e almeno 100.000 gli ettari di vigna convertiti alla conduzione biologica).

Sono cambiati profondamente anche  i gusti del vino: i consumatori vogliono vini più freschi e leggeri, più facili e digeribili, crolla il mercato dei vini liquorosi. Aumenta invece costantemente la popolarità dei vini cosiddetti naturali,  più compatibili con le nuove preoccupazioni igieniste e favoriti anche dal desiderio di una maggiore libertà, rispetto alle rigidità delle AOC.

Il servizio seguente è un banco di prova sulla performance di alcuni dei principali bicchieri da vino nell’assaggio di champagnes di vario tipo. Il comitato di degustazione ha constatato differenze rilevanti da un bicchiere all’altro. Sono risultati vincenti o comunque tra i migliori i   calici di Riedel: preferiti  il Superleggero  sul blanc de blancs di Selosse e sul Salon, il Performance sul Blanc de blancs millesimato di Delamotte. L’Esthète di Sydonios ha prevalso sui Bouzy di Benoit Lahaye e Zalto su Jeeper. Vincent Pousson presenta l’offerta dei migliori bar à vin e bistrots di Barcellona, sempre più innamorata del vino, Yohan Castaing visita lo Château Marjosse, “giardino segreto” di Pierre Lurton , direttore di Yquem e Cheval Blanc, e riferisce  su una piccola verticale  dei bianchi e dei rossi di questo piccolo Bordeaux di Tizac-de-Curton.

Molto interessante il confronto presentato da Roberto Petronio, per la serie “Une appellation deux styles”, dei Meursault Perrières di due Domaines-icona di quest’appellation: il Domaine Coche-Dury e il Domaine Michel Bouzereau et Fils. Due grandi Perrières molto differenti tra loro. Potente e  carnoso quello di Coche-Dury , più lento a carburare, che ha bisogno di molti anni per rivelarsi appieno, più accessibile e immediato, ma non meno complesso , di grande purezza e tensione, quello di Bouzereau (2005, 2006, 2007, 2010, 2016 e 2017 i millesimi degustati).

I rosé diventano sempre più popolari anche in Francia, dopo lo straordinario successo incontrato in America. Ci sono però rosé e rosé. Accanto a quelli pallidi e leggeri da aperitivo estivo davanti a una piscina, ci sono quelli gastronomici, di terroir, in definitiva anche resistenti all’invecchiamento. Sì, perché un buon rosé sa anche invecchiare bene, afferma Guillaume Tari, del Domaine de la Bégude, produttore di ottimi rosé di Bandol. In un’ampia  degustazione di rosé di tutta la Francia, Karine Valentin è andata alla ricerca dei rosé che esprimono meglio i loro terroirs e mostrano una maggiore tenuta nel tempo. Naturalmente Bandol e la Provenza (notevoli il Petra del Domaine Hauvette e la Cuvée Caroline del Clos Cibonne ) e Tavel  nella Valle del Rodano (Domaine de l’Anglore , Domaine de la Mordorée, Domaine des Carabiniers), ma vi sono cuvée eccellenti anche  nella Languedoc-Roussillon (Les Vignes Métissées di Roc des Anges), Valle della Loira  (da pineau-d’aunis, come l’Aurore d’Automne di Bellivière, e i sancerre rosé , come il La Moussière di Alphonse Mellot),  in Corsica (Valle di Nero di Abbatucci) o nella Champagne (i rosé di Riceys, come l’En Valingrain di Olivier Horiot).

Passo alle degustazioni che chiudono il fascicolo: i rossi “sudisti” della Languedoc e del Roussillon capaci di resistere bene all’invecchiamento. I campioni sono tutti dell’annata 2010. Spiccano i rossi di Pic-Saint Loup , DOP solo dal 2017, con quelli  dell’Ermitage du Pic Saint-Loup (la cuvée Guilhem Gaucelm) , e La Grenadière del Mas Bruguière, che spuntano ben 18/20. Molto bene anche i rossi delle Terrasses du Larzac (Les Combariolles di Mas Cal Demoura 18/20) , ma in tutte le diverse appellations, da Faugères a Saint-Chinian, non mancano bottiglie che hanno ottenuto punteggi di rilevo (17 punti e più).

Singolare l’altra degustazione, riguardante la trasmissione, quasi da padre e figlio, da Pierre Overnoy e il suo giovane operaio Emmanuel Houillon, giunto da lui quando aveva 15 anni e che non ha mai più lasciato il Domaine :  a confronto lo Chardonnay 1996 di Houillon  e il Savagnin 1989 di Overnoy.  Restano le varie rubriche della RVF, la bouteille mythique (l’Haut-Brion 1989, il capolavoro di Jean-Bernard Delmas)  e il “dibattito” tra Denis Saverot e Olivier Poels intorno a una bottiglia di Champagne Grand Siècle di Laurent Perrier.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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