Stampa estera a portata di clic: Decanter, Novembre 20186 min read

Cabernet californiani, Borgogna rossi a buon prezzo e i “rinnegati” della Rioja sono i titoli principali della copertina del numero di novembre . In più (titoli in basso): Pomerol, Barolo e Central Otago. C’é dunque molta carne a cuocere.

Cominciamo dai Cabernet della California, ai quali é dedicato il Vintage Report relativo all’annata 2015: molto omogenea su tutto il territorio, nonostante i 650 Km. che separano Lake County, la regione più a nord del Cabernet californiano dall’Happy Canyon di Santa Barbara, quella più a sud , con quantità ridotte, ma qualità eccezionale  secondo Linda Murphy.

Un millesimo  più precoce, molto secco , caratterizzato da un maggio molto fresco, che ha richiesto molto lavoro, anche nella selezione delle uve, ma che ha dato vini molto concentrati e di alta qualità. Quali i migliori? I punteggi più alti sono stati riportati da un Cabernet della Napa Valley, lo Yountville di Kapcsándy Family Winery (96/100) e da un altro di Santa Cruz Mountains, il Mount Eden Estate di Mount Eden Vineyards (95/100). Ovviamente sono molti i vini di alto livello nella Napa Valley,un po’ meno nel Sonoma   County e a Santa Cruz, mentre  risultati più modesti sono stati quelli di Santa Barbara.

Di California parla anche un altro articolo, quello dedicato ai Viaggi, nel quale Julie Albin dà i suoi suggerimenti per  recarsi nella regione di Paso Robles : les wineries da visitare, i ristoranti dove mangiare, gli alberghi, i negozi e i bar.

I Borgogna rossi “economici “ (si fa per dire, la media dei prezzi é superiore alle 20 sterline alla bottiglia) sono stati selezionati da Tim Atkin: 94 punti toccano a un Mercurey Vieilles Vignes dello Château de Santenay 2016 ( costo intorno ai 23-25 euro), ma il vino più conveniente é un vino dell’appellation régionale Bourgogne rouge, il Secret de Famille di Albert Bichot 2016, 92/100 al prezzo di circa 13 pounds. I “rinnegati” della Rioja , di cui parla Sarah Jane Evans nel suo articolo, sono i produttori più “free spirits”, innovativi, alla ricerca di una espressione propria, oltre il dominio dei big players della regione.  Sono tutt’altro che degli sconosciuti, visto che il gruppo annovera aziende come quelle di Alvaro Palacios e López de Heredia.Il matador della degustazione si chiama davvero Matador (Parreno) ed é un Rioja di López de Heredia, del 2001, che spunta ben 99/100.

(Molto) più giù sono  un Phinca La Revilla Sexto Alto di Bodegas Bhilar 2011 (94/100) e il Viñas de Gain di Artadi 2015 (93/100).

Eccoci al Pomerol. Un antipasto  all’ampio servizio di Panos Kakaviatos é la notizia della vendita del 20% di Chateau Petrus da parte della famiglia Moueix al finanziere e filantropo colombiano Alejandro Santo Domingo, n. 499 della classifica mondiale dei miliardari stilata da Forbes. Sulla vendita e le sue ragioni c’é il più assoluto riserbo da parte di Château Petrus e della famiglia Moueix: quello che é certa é la stima del valore dello Château, che raggiunge il miliardo di euro.

L’articolo di Kakaviatos parla della crescita delle piccole proprietà: a Gazin, Rouget , Vray Croix de Gay, si aggiungono Beauregard, Mazeyres, La Pointe, Montviel, Petit-Village, i cui vini si attestano tra i 92 e i 95 centesimi. Al Barolo, invece , é dedicato il primo dei due Panel Tastings di questo mese: per la precisione alla scorbutica annata 2008, di cui Stephen Brook descrive come  “qualcosa di mezzo tra il timido e il truculento al principio, che ora rivela un alto standard di complessità e carattere”. Nella valutazione del comitato di degustazione, sono cinque i vini oustanding (95-97/100), capitanati dal Cerretta di Ettore Germano (97/100), poi Silvio Grasso (Ciabot Manzoni), Ascheri (Cose e Bricco Sorano), Bovio (Arborina) e Terre del Barolo (Cannubi). Sono invece numerosi (35) i vini highly recommended , con valutazioni superiori ai 90 punti e fino a 94/100.

A Central Otago , per concludere la rassegna degli articoli annunciati in copertina, é dedicato il “profilo regionale” di questo numero, firmato da Anna Krebiehl. Central Otago (siamo nella regione pià a sud dell’isola meridionale della Nuova Zelanda) é un sito straordinario per il Pinot Noir. La Krebiehl , dopo averne delineato le caratteristiche, indica i sei nomi di produttori da conoscere assolutamente e i migliori assaggi. Top score, con i suoi 96/100, é il Rippon Mature Vine 2015di Rippon (la famiglia Mills). E ora passiamo agli altri servizi non annunciati in copertina. Il primo di essi riguarda i vini della regione australiana di Adelaide Hills.

A parlarne é Huon Hooke. Non c’è  solo Shiraz: c’è naturalmente lo Chardonnay, con risultati molto buoni (97/100 per quello di Tiers Vineyard 2026 di Tapanappa), ma anche Gruner Veltliner (Adelaide Hills, con  26 produttori, è la capitale australiana di questo vitigno):  spuntano 92 centesimi quelli di Geoff Hardy e di Hahndorf Hill , entrambi dell’anno 2017. Non mancano neppure gli spumanti metodo classico, in decisa ascesa, anche qualitativa,  negli ultimi anni (molto bene il Blanc de Blancs 2012 di Daosa, 93 punti).   Parlando di spumanti, un altro servizio, firmato da Tom Hyland, si occupa invece del nostro Prosecco di Asolo, una zona più piccola, nella quale è forse più facile conservare una filosofia artigianale.

Ad Hyland è piaciuto molto il Colfondo 2014 di Bele Casel , al quale assegna 92/100. Non bisogna poi dimenticare che qui si producono anche eleganti rossi di stile bordolese , come  quelli di Loredan-Gasparini. Infine si parla del tabù della  dolcezza (“Sweetness taboo”).E’ Matt Walls a invitare i lettori ad apprezzare i bianchi dolci della Mosella, ma anche quelli della Loira (Vouvray e Montlouis), Alsazia, i Tokaji Furmint e quelli d’Oltreoceano, dell’Oregon e neo-zelandesi. Il punteggio più alto? E’ di uno chenin blanc moelleux di Montlouis del 2009 (96/100). C’è poi la degustazione dei rossi da uve Cabernet di Stellebosch (Sud Africa), nel secondo Panel Tasting di questo numero. Le annate esaminate vanno dal 2012 al 2016. I risultati sono buoni, ma non eccezionali. Nessun vino è stato valutato outstanding, pure se è folto il gruppo di quelli altamente raccomandati (cioè superiori a 90/100).

Al vertice è il The Mentors 2014 di KWV, con i suoi 94/100. Nella sezione della Buying Guide si parla anche di vini fermi inglesi. Meno conosciuti degli sparklings, nel Kent, Sussex, Surrey, e nelle altre regioni favorite dal  riscaldamento globale, cominciano a prodursi interessanti vini bianchi, a partire  da uve Chardonnay, che, nelle loro migliori espressioni, ricordano lo Chablis, ma anche varietà autoctone come il Bacchus , dal Seyval o  da blends,  e profumati Pinot noir, specialmente rosé. Che altro c’è?  Dopo la maxifoto a colori che introduce tutti i fascicoli di Decanter (questa volta è High Sands, nella Mc Laren Vale, in Australia),  e il consueto editoriale di Stimpfig (i benefici effetti del vino nelle relazioni sociali), ci sono le notizie di “In mese nel mondo vino” (tra queste quella della scomparsa del nostro Beppe Rinaldi) ),  le lettere dei lettori, le pagine degli editorialisti: Jefford e Karen Mac Neil parlano entrambi dell’ ascesa del consumo della cannabis , non solo fumata ma anche bevuta.

Può davvero soppiantare il Pinot? Ci sono poi , naturalmente, il Fine Wine World di Steven Spurrier (con tre vini italiani alla ribalta), e i Weekday wines  di Tina Gellie (cinque dei 34 scelti dalla giornalista di Decanter sono nostri), i premi speciali di Decanter per i retailers, le Notes & Queries , il Market Watch di Chris Mercer (il crescente interesse dei collezionisti per i vini californiani  e il debutto di Catena Zapata). Si finisce, come sempre, con la Leggenda del Vino: un Vintage Port del 1945, di Sandeman.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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