Siccagno 2008, il Nero d’Avola secondo Arianna Occhipinti2 min read

Oggi è giorno di Vinitaly, ci piace non pensare a rituali stanchi o ripetitivi ma a nuovi motivi di interesse per il vino.
Per esempio Arianna Occhipinti, la nuova immagine fresca della Sicilia, chiocciola Slow Food, ha debuttato in bottiglia quando già avevo alle spalle otto volte Verona in primavera. Siamo andati a trovarla con Carmelo Corona e Leo Ciomei (sue le foto in stile gastrofanatico) per rapire il suo sentire di vino, l’esempio di come sia necessario andare bene controcorrente in modo serio e coerente, ci riesce chi guarda oltre la punta del proprio naso.

In totale appena 12 ettari costruiti attorno al corpo aziendale nato in quella proprietà comprata dal papà architetto come residenza di campagna a Vittoria.

La giovane Arianna, ancora lontana dai trent’anni, si è legata a questo terreno sabbioso calcareo sempre soffiato dai venti iblei e ionici ed è passata, in sintesi giornalistica, dalle grandi alle piccole rese, dall’agricoltura convenzionale a quella certificata biologica, dal dolce alla sapidità, dalla morbidezza all’acidità, dai lieviti selezionati a quelli indigeni.

Ed è così che la Sicilia difende se stessa, per esempio con un sorso di Siccagno 2008.

Erano gli anni ’90, la Sicilia sembrava la nuova California, tutti venivano e compravano, nei wine bar non si parlava d’altro che di Nero d’Avola, era moda esotica berlo a Roma e Milano.

Fu così che intere generazioni di giovani appassionati sono cresciute senza sapere quale potesse essere il vero sapore del rosso più importante della Sicilia, pensando forse che il vento portasse la liquirizia da Rossano e che la terra producesse cioccolata di Modica e non vino.

Un po’ come chi mangia una mozzarì pensando che sia mozzarella.

Effluvi di legno resinoso con note merlottizzate, superalcol dolcissimo e stucchevole.

Ecco, il Siccagno 2008, fresco, sapido e ciliegioso, dovrebbe essere adottato in tutti i corsi di vino come archetipo del vitigno famoso e dimenticato. Sì, perché un altro Nero d’Avola, quello vero, è ancora possibile.
Lo beviamo in un sentimento nuevo di carruba con passione, ci dissetiamo con un vino pimpante, dinamico, leggero.
E gli vogliamo bene, a questa piccola picciotta.

Questo articolo esce contemporaneamente su:

Alta fedeltà
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Lavinium
Luciano Pignataro WineBlog
Winesurf

 

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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