Si riparte!5 min read

Al momento che leggerete questo editoriale circa 2500 produttori italiani di vino avranno già ricevuto il questionario riportato in basso.

Torniamo così su un argomento a noi particolarmente caro che potrebbe essere sintetizzato in “Perchè è giusto fare il vino giusto!”.

Parliamo spesso con enologi e con responsabili vendite di aziende specializzate in prodotti enologici e, sempre in camera caritatis, registriamo dubbi, mugugni, incertezze ed in qualche caso anche paure. Il tutto si deve alle sostanze o ai macchinari usati per fare il vino. Ogni anno ne nascono a bizzeffe ed ogni azienda chimica giura e stragiura di avere in mano la panacea di tutti i vini, per di più assolutamente innocua in qualsiasi dosaggio. In questi colloqui senza peli sulla lingua vengono fuori diversi dubbi. Un tecnico mi ha detto “Non abbiamo tempo per capire cosa l’industria ci vende e non abbiamo tempo per testarlo: siamo giustamente schiavi del risultato finale, ma per raggiungerlo usiamo sempre più strumenti e sostanze che non conosciamo.”

La nostra inchiesta sulla gomma arabica sollevò un piccolo vespaio: oggi vogliamo allargare il discorso a molte delle sostanze di “uso comune” per fare vino. Ci chiediamo e chiediamo ai produttori di riflettere seriamente se molte dei procedimenti o delle sostanze usate servono realmente oppure vengono utilizzate solo sperando in un vino migliore, in un qualche premio, in un aumento delle vendite o  in quello che Andy Warhol definì “Diventare famosi, almeno per 15 minuti!”

Tutto questo però sta diventando sempre più un patto col diavolo, dove la posta non è solo l’anima del vino.

Vedrete che alcune delle sostanze o dei procedimenti sono veramente di uso comune: con questo non vogliamo dire che tutto deve essere bandito e che si deve azzerare la tecnica. Non vogliamo un oscurantismo enologico ma solo un sano dibattito su come, cosa e quanto usare.

La nostra proposta è quella di sempre: riportare in retroetichetta tutte le sostanze ed i processi usati per fare vino. Viene fatto per qualsiasi prodotto, anche di qualità e con valore aggiunto notevole (cioccolata per esempio) e non capiamo perchè il vino debba esserne esentato.

Questo stesso articolo, assieme al questionario, verrà messo anche sul blog, in modo che chi vuole possa dire la sua. Vi aspettiamo numerosi!!!!

 

Spett.le Azienda,

Nel campo enologico sono divenuti di uso comune, negli ultimi 20 anni, processi e sostanze inimmaginabili in precedenza. Ogni anno entrano in commercio strumenti e materiali enologici che vanno ad infoltire questo settore. Pur non avendo nulla contro lo sviluppo della tecnica, noi di winesurf ci domandiamo l’effettiva utilità di tante sostanze e processi. Crediamo inoltre che sia arrivato il momento di riflettere sul fatto se tutto quello che viene utilizzato in enologia sia indispensabile o se invece, come per molte altre cose, sia un qualcosa di superfluo che solo la fretta e l’abitudine ci fa considerare importante ed irrinunciabile.

Per questo vi inviamo un breve questionario che deve servire soprattutto ad innescare una proficua discussione. Non abbiamo ricette preconfezionate ma crediamo che serva urgentemente una regolamentazione, soprattutto etica, che porti chiarezza in questo nostro mondo.

Pensa che queste sostanza e/o macchinari e/o pratica di cantina siano:

 

A.  Fondamentali per produrre un buon vino.

B.  Necessari ma non fondamentali.


C.  Non Necessari.

D  Assolutamente inutili.

 

E   Inutili e dannosi per il vino.

Riporti, accanto ad ogni domanda una delle 5 lettere (A-B-C-D-E) per indicare il suo pensiero.

 

 

      L’anidride solforosa (SO2)
      L’acidificazione tramite il solo acido tartarico.
      La microssigenazione
      I lieviti selezionati con l’esclusione di cosiddetti lieviti aromatici.
      La chiarifica.
      La chiarifica con albumina d’uovo.
      La filtrazione
      La filtrazione con filtro a cartoni
      La filtrazione con farine fossili
      La filtrazione con filtro tangenziale
      La stabilizzazione a freddo
      L’impiego di diserbanti in vigna.
      L’aggiunta di mosti concentrati di produzione propria o di terzi.
      Il riscaldamento artificiale del mosto sopra i 35°.
      L’utilizzo di concentratori sottovuoto,
      L’utilizzo di macchine per osmosi inversa,
      L’utilizzo di spinning cone column,
      L’utilizzo di scambiatori di ioni,
      L’utilizzo di macchinari per elettrodialisi
      L’utilizzo di enzimi,
      L’utilizzo di gomma arabica
      L’ utilizzo di tannini di ogni natura,
      L’utilizzo di preparati di lieviti,
      L’utilizzo di mannoproteine,
      L’utilizzo di trucioli,
      L’utilizzo di aromi sia artificiali che naturali
      L’utilizzo dei cosiddetti lieviti aromatici.

Sarebbe disposto a far parte di un gruppo di produttori che si impegnano a riportare in retroetichetta uanto usato per produrre un vino?………………………..

La ringraziamo moltissimo per la disponibilità. Sarebbe molto importante per noi un Suo commento, anche breve, su queste tematiche.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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