Sabbie di Sopra il Bosco 2013, ultimo nato in casa Copé2 min read

I vini evento non esistono più. Molti tirano un sospiro di sollievo, io sento la mancanza di quelli che avevano poi la capacità di accendere i riflettori su un territorio, se non su una regione intera come accadde con il Montevetrano e la Campania nel 1995.

 

I motivi di questa rarefazione mediatica sono molteplici, spaziano dalla crisi a quello, molto banale che è più facile avere grandi novità in una vitiultura giovane, come era quella italiana nell’immediato post metanolo, che in una ormai comunque consolidata da 25 vendemmie.

 

Ci sono poi anche elementi soggettivi, come il fatto che negli anni ’90 era più facile costruire l’immagine dei vini rispetto ad oggi in cui sono sottoposti al tiro incrociato dei cecchini del 2.0. In fondo negli anni ’90 bastava prendere i Tre Bicchieri e il gioco era fatto.

 

Ecco perché Sabbie di Sopra il Bosco, questo è il nome complicato scelto da Giovanni Ascione per il suo rosso per il quale avrebbe potuto scegliere tout court quello dell’azienda, Nanni Copè, merita una menzione speciale.

 

Nasce da una vigna nell’area del pallagrello, siamo nel Caiatino in provincia di Caserta, le cui piante sono tutte segnate con precisione da Csi e vendemmiate a singhiozzo nell’arco anche di una trentina di giorni. La collina, sabbiosa e limosa oltre che vulcanica è continuamente battuta dal vento.

 

Giovanni Ascione è riuscito a fare un rosso di tradizione senza tradizione che dal 2008 raccoglie consensi unanimi della critica oltre che del pubblico. Un blend di territorio di pallagrello, aglianico e casavecchia davvero ben gestito con il legno, che rimette al centro dell’attenzione il vigneto da cui nasce piuttosto ce il vitigno. Una rotta decisamente controvento in Campania.

 

Il 2013 si presenta ancora molto, forse troppo, fresco, con un tannino leviato ma ficcante, tanta materia in cerca di equilibrio e bisognosa di ulteriore affinamento in bottiglia. Ma la sostanza c’è ed è davvero molto interessante. Lo proviamo sulla tavola di Taverna del Capitano e facciamo il paragone con il 2010 al quale, secondo Giovanni, somiglia molto.

 

Ma al di là delle note tecniche, cosa rappresenta oggi questo vino? Secondo noi l’unica possibilità di fare una etichetta artigianale del territorio ritornando al territorio dopo però aver molto viaggiato e tanto studiato.

 

 

 

Uva: pallagrello nero, casavecchia, aglianico

Fascia di prezzo: da 15 a 20 franco cantina

Fermentazione e maturazione: legno

www.nannicope.it

 

 

 


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Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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