Roma DOC: fantasia al podere!5 min read

Ammettiamolo!  La realtà ha di nuovo superato la fantasia. Stiamo parlando della nuova DOC Roma, approvata di recente.

Per dimostrare il nostro profondo rispetto, nonché la nostra insana invidia per chi è riuscito ad inventarsi una DOC fantasticamente assurda come questa riportiamo, con mestizia, il massimo che la nostra fantasia ha potuto nel tempo produrre in merito a DOC e vitigni di fantasia, capendo che è ben poca cosa in confronto ad una DOC che “vola alto” potendo produrre da Ciampino a Fiumicino.

Questi parti di flebili fantasiae non sono recenti creazioni: si trovano nella sezione VINIPEDIA assieme ad altre DOC e vitigni del genere.

 

 

Pignoletto

Vitigno difficile. Solo con una puntuale vendemmia, una scrupolosa selezione delle uve, una meticolosa e attenta vinificazione ed un perfetto affinamento, può dare un prodotto dalle caratteristiche… precise. Un vino ideale per palati davvero esigenti!

 

 

Sagrantone di Montegheppio

 

Dalla notte dei tempi fino a pochi anni fa, il vitigno Sagrantone Grosso non era destinato al consumo umano e veniva utilizzato per la concia del cuoio di cavallo. Solo di recente le sue eccezionali caratteristiche sono state riconosciute e valorizzate , facendone la punta di diamante dell’ enologia umbra . Questo grande vino da grande invecchiamento acquista le sue grandi caratteristiche innanzitutto in vigna. Viene impiantato su lastre di roccia viva e allevato con la tecnica dell’ alberello bonsai, mantenendo le rese a un ettogrammo per ceppo.

Dopo la raccolta tardiva, le uve vengono sottoposte alla vinificazione in nero : una spremitura dolce consente di separare il mosto e di allontanarlo immediatamente. Le bucce  e i raspi fermentano in tini di rovere per 60 giorni . La particolare flora batterica endemica di Montegheppio innesca la fermentazione latto-malica , che conferisce nerbo al prodotto . Il vino evolve per 48 mesi in barriques  da 10 litri , di noce massello.

L’ ambito riconoscimento dei sei bicchieri della Guidona dei Vinoni Italioni  ha premiato largamente la memorabile annata 2003 , che è stata messa in commercio nel 2002 . Spicca, in particolare, l’e eccezionale potenza dei vini provenienti dal cru “Fuorimano”, cosiddetto perché le vigne sono situare a Lampedusa, dove godono di una perfetta insolazione per 12 mesi all’ anno.

 

Bonarda

 

Al secolo Bonaiuti Leonarda: allegra ragazzona nata a cavallo tra le due Guerre Mondiali nelle campagne tra Broni e Stradella. Di umilissime origini riuscì a crescere forte e robusta grazie all’ aiuto delle suore carmelitane.

Pur avendo avuto un’educazione intrisa di vieto cattolicesimo, spinta dal bisogno decise di intraprendere nell’età della ragione la professione più vecchia del mondo. Lo fece però con allegria e gaiezza e questa fu la sua fortuna. Agli inizi si costruì un piccolo ma lindo capanno sull’argine maestro del Po: qui riceveva i clienti a cui trasmetteva sempre un po’ della sua voglia di vivere. Iniziarono a chiamarla “la spumeggiante” ma per i più rimase sempre “La Bonarda”. Un gretto ma usatissimo calembour locale recitava “la Bonarda dell’Oltrepò – me la fo, me la fo!”

La legge Merlin la trovò rispettata proprietaria di varie attività economiche in quel di Pavia. Non sfuggiva ( ne si sognava di farlo!) comunque ai lazzi dei buontemponi che le gridavano dietro “Bonarda:da spumeggiante a tranquilla e intanto ti sei fatta la villa!”

 

 

Vitigni Aborigeni

 

 Risalendo alle origini più arcaiche della viticoltura,a monte dei vitigni autoctoni, si trovano i vitigni aborigeni, appartenenti alla più vasta stirpe dei vitigni selvaggi.

Sopravvivono in remote enclaves, dove, fin da tempi remotissimi, l’ ignoranza e la superstizione ne hanno tramandato il culto.
L’ arrivo della filossera venne accolto con sollievo dai viticultori coatti : una speranza di liberazione dal  giogo oscurantista .
Invano : i vitigni aborigeni sopravvissero e, anzi, parvero diventare più arcigni e tenaci .

I vitigni aborigeni presentano caratteristiche estreme e bizzarre, alle quali si sovrappongono pratiche discutibili, in vigna e in cantina . Come, ad esempio : l’ innesto su piede di gramigna, la correzione dei mosti con olio di fegato di merluzzo, la transumanza delle botti mediante rotolamento, prima di esporle al solleone .
I vini ottenuti da vitigni aborigeni richiedono particolari cautele, nella vendita e nel consumo.

 

• Il Calabrone di Pietramala , fortemente urticante, viene messo in commercio con la scritta “nuoce gravemente alla salute “.

• Invece il Bitorzolo della val Starnazza reca la dicitura “inidoneo all’ alimentazione umana”. In effetti, gli abitanti della val Starnazza non sono considerati umani.

• Il porto d’arme è necessario per l’ acquisto della Vernaccia Molotov di Serrapetrona.

• I gavettoni a base di Asprognolo di Atripalda sono vietati dalla convenzione di Ginevra.

• Gli antociani antropofagi del Sagrantone di Montegheppio vengono abbattuti con il fucile da bisonti.

• I tannini da pelliccia del Pignolo di val Cismon vengono storditi a colpi di mazza e scuoiati ancor vivi.

• Il taglio con lo Zolfanello di Pozzuoli sostituisce la solfitazione in agricoltura biologica.

• Nel Pinot maculato dell’ Izoard viene favorita l’ infestazione da peste bubbonica per concentrarne gli aromi.

• Lo Slavato dell’ Adamello , nelle annate migliori, raggiunge i 2 gradi alcolici e 57 g/l di acidità. Viene esportato a Corleone per dissolvere i cadaveri.

Il recente revival dei vitigni aborigeni costituisce un interessante fenomeno etnografico.

Le plaghe remote e inaccessibili in cui sopravvivono i vitigni aborigeni , sono  afflitte dalla miseria più nera, che induce gli abitanti all’ emigrazione.

Lontani dal suolo natio, ne sentono nostalgia e rimpiangono gli usi, i costumi e i sapori dell’ infanzia. Quando, arricchiti e prosperi, ancorché ignoranti come capre, fanno ritorno al paesello avito, si commuovono fino alle lacrime di fronte ai bottiglioni di vino aborigeno e ne fanno incetta a prezzi di affezione.

Per tutti i vitigni aborigeni si invoca l’ intervento dell’ Ingegneria Genetica per apportare le modifiche che li rendano sensibili ai più comuni parassiti, e ne consentano l’ estinzione.

Per ulteriori notizie potete consultare la mitica (esauritissima) “ Guida dei Vini Aborigeni” di Bronislaw Macchi e Carl Malinowski

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE