Il rapporto qualità/prezzo esiste davvero?3 min read

Recentemente mi sono imbarcato ancora una volta in una discussione totalmente inutile. Un terribile replay di un’altra analoga (e inutile) nella quale ero caduto un paio di anni orsono. Uso l’aggettivo inutile perché poi ognuno è chiaramente rimasto sulle sue posizioni.

Per fortuna che non è finita a insulti, come sempre più spesso invece accade a chi discute di vino. L’argomento si è riproposto grazie ai recenti Grands Jours de Bourgogne e alla continua e inarrestabile ascesa dei prezzi dei vini borgognoni e riguardava il loro rapporto qualità/prezzo. Questa rapporto secondo me non esiste, o meglio non esiste in senso assoluto: quindi non potendo utilizzarlo con dei parametri  universali, uguali per tutti,  è come se non esistesse.

Ma se tutti lo sbandierano deve esserci per forza, eppure non ne sono convinto. Cercherò di spiegarmi meglio per evitare che qualche lettore mi prenda per snob.

Prendiamo uno dei due termini, la qualità. Un vino, di qualunque qualità sia, per poterlo mettere in relazione a qualcosa di altro, deve poter essere misurato. E come si misura la qualità di un vino? Io non conosco alcun strumento che non sia il proprio palato ed il proprio gusto e, ovviamente, le analisi chimiche. Un bevitore occasionale, privo o quasi di esperienza, avrà la mia stessa idea di qualità, mettiamo su un Tavernello, considerato che io sono un bevitore seriale avvezzo ad ogni tipo di vino?

La risposta mi pare ovvia: no!

Egli potrebbe ritenere soddisfacente un vino che per il sottoscritto altro non è che un mediocre vinellino. E, tanto per affondare ancor di più il coltello nel burro della polemica, se un prodotto fa schifo, nessun prezzo lo renderà migliore.

Allora, approfondito il primo dei due termini veniamo al secondo, il prezzo. Quanti di voi sarebbero in grado di stabilire in maniera universale il giusto prezzo di un prodotto? Non è per caso che prima di formulare una cifra fate una ricognizione “a volo radente” su vostro conto in banca?

Ad esempio, per un litro di olio EVO (Extravergine di Oliva) quale sarebbe un cifra corretta? Conosco molte persone che non vogliono spendere più di 5/6 euro, ritenendo questa cifra più che sufficiente e giudicando un ladrocinio qualunque richiesta superiore. E per un maglioncino, per un telefonino, per un kg di pasta, per una bottiglia di vino, qual è il prezzo giusto?

Ma è ovvio! Ognuno ha una sua idea, una sua somma che sarebbe disposto a pagare per quel determinato prodotto. Io ad esempio, mai e poi mai spenderei 200 euro per un pullover, nemmeno se fosse ricavato dalla barbetta di una capra tibetana e strappato filo per filo. Spenderei e spendo volentieri la stessa cifra per una bottiglia di vino o per una cena a ristorante.

Come vedete, pensando ai due termini della questione (qualità e prezzo) è praticamente impossibile metterli in relazione se non in funzione (peraltro discutibile anche questa) di parametri totalmente personali.

Mi chiedo e chiedo a voi lettori  perché di un prodotto si deve sottolineare il suo rapporto qualità/prezzo quando questo è puramente soggettivo?

A che cosa, ma soprattutto, a chi serve? Non sarebbe meglio invece, descriverne le caratteristiche, affinché ognuno possa farsi l’idea di che qualità ha di fronte?

Beh, visto che siete arrivati in fondo a questo mappazzone, non voglio lasciarvi a secco. Ecco allora una mia idea di altissima qualità in un vino, appena bevuto: St. Emilion,  Chateau Cheval Blanc 1er Grand Cru Classé  2004, realizzato con quasi il 60% di Merlot e per il resto Cabernet Franc. Costo approssimativo sui 400 euro e non tirate in ballo il rapporto qualità/prezzo.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


LEGGI ANCHE