Mi mancano le certezze, oramai da sempre e in quantitativi industriali! Per questo quando ne trovo o penso di trovarne una sono felice, almeno in un primo momento.
La certezza in cui mi sono casualmente imbattuto è che se metti in fila tre vini rosati, soprattutto tra le bollicine, almeno uno ha un nome di donna.
Che bello! Un dono al gentil sesso, una prova dell’affetto che tanti maschietti produttori provano per mamme, mogli, figlie, sorelle, amanti, cugine, nipoti e chi più ne ha più ne tinga di rosa.
Sarà perché ho una moglie che odia le mimose e se le propongo di uscire a cena l’8 marzo con le sue amiche mi spacca una bottiglia di rosé (con nome femminile naturalmente) in testa, ma questa cosa non mi quadra tanto.
Allo stesso modo uno su tre vini di grande corpo (Barolo, Brunello, Amarone etc) dovrebbero avere nomi di baldi maschietti, distintisi in singolar/plural tenzoni o vincitori di agoni ginnici, ma così non è.
Allora mi sono domandato: non è che l’utilizzo di nomi del gentil sesso sia un modo per accattivarsi da una parte il gentil sesso (che penso oramai non ci caschi più) e dall’altra gli uomini che si credono nel giusto e si crogiolano nel parallelo “rosa=donna”?
Insomma, non vedete anche voi una stonatura nel puntare su questa melensa e superata pseudoequazione?