Quando la terra (e l’agricoltura) trema4 min read

Il terremoto ha colpito duro. Stalle, cantine, acetaie, caseifici, capannoni per la lavorazione della frutta. E ancora porcilaie, fienili, ricoveri di macchine agricole, cascine.

E poi le strutture per la stagionatura del Parmigiano Reggiano, del Grana Padano, del Prosciutto.

Danni minori per le aziende vinicole che producono Lambrusco mentre per la filiera dell’Aceto Balsamico di Modena, è andata peggio. "Le acetaie sono quelle che hanno purtroppo riportato i maggiori danni – spiega il Presidente del Consorzio Aceto Balsamico di Modena, Cesare Mazzetti – moltissime ‘batterie’, le file ordinate di piccole botti di dimensione decrescente in cui il prodotto fermenta per almeno 12 lunghi anni, sono state sconvolte o rovesciate. La frequenza delle oscillazioni ha spostato le cerchiature metalliche che permettono alle doghe di legno di contenere il prodotto, e si sono verificate numerosissime perdite di prezioso liquido, il cui valore di mercato oscilla dal 500 ai 1500 euro per litro”.

Non si tratta però solo delle province di Modena, Ferrara, Mantova ma anche di Bologna, Piacenza, Rovigo e Reggio Emilia. Il cuore del nostro mondo agroalimentare dove si produce oltre il 10% del Pil agricolo nazionale e dove nascono straordinari prodotti, è in affanno.
Nelle sole province di Ferrara e Modena il valore della produzione lorda vendibile agricola tocca 1,2 miliardi di euro (pari ad oltre un quarto di quella di tutta la regione) ed il settore impiega circa 30.000 addetti. Per quanto riguarda la filiera agroindustriale, sempre nel territorio delle due province più colpite dal sisma, il fatturato sfiora i 6,3 miliardi di euro (anche qui poco meno di un quarto del settore a livello regionale), mentre l’occupazione si avvicina ai 14.000 addetti.

Al di là dei danni alle singole aziende è il meccanismo che si è inceppato. Se la porcilaia è crollata sui maiali, se il macello non può lavorare, nemmeno il prosciutto si può stagionare. Se il latte non può essere munto o se i caseifici sono nell’impossibilità di lavorarlo, la filiera si ferma.

Per l’allevamento i problemi non finiscono qui, nelle aree più a rischio i mangimifici sono chiusi, come quello di Ostiglia, presso Mantova, così pure lo Stabilimento della Granarolo. Senza contare che nelle aziende manca l’elettricità e le operazioni di mungitura possono spesso essere eseguite solo grazie a gruppi elettrogeni d’emergenza.

Anche gli impianti idraulici non sono rimasti indenni proprio ora che c’è bisogno di acqua: il servizio irriguo è stato sospeso per un’area di 26 mila ettari che va da Novi di Modena a Carpi. A soffrire sono pure le risaie.

Anche andare in un magazzino per caricare dei cartoni di vino da spedire è diventato a rischio. Ermes Bagni, direttore del Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi, conferma “ La voglia di tornare a lavorare è tanta ma la tensione e la preoccupazione pure”.  Le prime stime dei danni superano i 500 milioni di euro.

Le scosse ripetute hanno fatto cadere circa 1 milione di forme di Parmigiano (Fonte Coldiretti) adagiate sulle scalere, i grandi e alti scaffali per la stagionatura. Quelle che non sono caduti alla prima grande scossa non hanno resistito alla altre di qualche giorno fa. E ben la metà delle forme è considerata irrecuperabile. Tra i più danneggiati la Latteria Sociale di Porto Mantovano e la Pietro Rossi di Correggio (RE). 

A Mirandola – dice la Coldiretti – nella stalla di Davide Pinchelli sono crollati i centri aziendali. Nell’allevamento di Alessandro Truzzi a Novi di Modena sono andati giù capannoni di una corte di 550 anni, crollati fienile e magazzini con sotto fieno e mangimi e non si sa cosa dare da mangiare agli animali. Alla ‘Rocchetta’ di Moglia è crollata la stalla vecchia mentre quella nuova ha avuto seri danni tanto che i titolari sono stati costretti a spostare i 15 cavalli che di solito vengono usati per l’ippoterapia.

Vecchie cascine oggi agriturismi come la ‘Zibramonda’ di Quistello hanno grosse crepe nei muri. Chi si era appena sollevato e rinfrancato dopo il sisma di dieci giorni fa, con le violenti recenti scosse si è di nuovo fermato.

La speranza è che ora la burocrazia e l’inefficienza, insieme alle tasse e ai balzelli vari, non provochino danni maggiori del terremoto stesso. La prudenza è più che mai necessaria ma uccidere la speranza e la voglia di fare, sarebbe ancora peggio.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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