Quando i numeri mettono tristezza4 min read

La scenetta del cinese che parla e parla nel generale imbarazzo del pubblico che non capisce una parola, per poi passare la palla al traduttore che se la cava con quattro frasi in croce l’avevo vista solo in TV, prima di partecipare al “Forum Montedepaschi sul Vino Italiano”.

Il cosiddetto importante evento si è svolto venerdì 25 novembre a Siena. Non ho partecipato alla parte mattutina, infarcita di interventi iperistituzionali, ma solo al pomeridiano Talk Show “Parladivino” guidato da Fede e Tinto, attirato dalla presentazione di una relazione sull’attività di comunicazione nel settore vitivinicolo italiano. Per potere sentirla mi sono dovuto sciroppare due orette di assoluto nulla, con interventi logorroici e scontatissimi dei padroni di casa (Monte dei paschi in primis) e di produttori famosi.

La scenetta dell’importatore di vino  cinese è stata la ciliegina involontaria su questa torta fatta di niente ma è stato anche il momento più divertente della serata. Dieci minuti di assoluto imbarazzo che i pur Bravi fede e Tinto non riuscivano ad arginare.

 

Prima di venire alla relazione, svolta da ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), parlo brevemente di quella fatta da settore ricerche MPS, denominato  Wine Index e riguardante i consumi e le vendite del vino italiano.

In forte sintesi: negli ultimi 10 anni si è esportato di più ma soprattutto vini di basso prezzo e scarsa qualità. Insomma, siamo i primi esportatori mondiali di vino ma con prodotti di scarso profilo; alla faccia del Made in Italy e delle bottiglie di Gaja e compagnia.

Tanto per darvi un’idea: dal 2003 ad oggi, le esportazioni di vini da tavola sono cresciute del 77% mentre quelle dei vini di qualità (DOC-DOCG) solo del 14%. Nel 2010 quasi il 58% delle esportazioni  totali sono di vini da tavola mentre la quota dei vini di qualità ( da cui sono esclusi vini frizzanti e mosti che hanno circa il 10% del mercato) è scesa dal 30% del 2003 al 21.3%. insomma: gli imbottigliatori di prodotti a basso prezzo godono mentre i produttori di qualità perdono quote di mercato e questa non è certo una bella cosa per il VERO vino di qualità.

Purtroppo l’essere grandi esportatori di vinelli porta con se che il prezzo dei vini di basso profilo (quasi  il 60% del nostro esportato) è molto più  legato alle leggi fluttuanti del mercato e della concorrenza, portando così i prezzi inevitabilmente sempre più giù o comunque non in alto come si potrebbe sperare. Solo oggi, dopo l’ ennesima crisi del 2008. I prezzi sono tornati a salire ma solo quelli dei vini di qualità medio alta sono tornati ai livelli precedenti.

Non sono certo bei viatici per il futuro ma veniamo alla ricerca ISMEA . Intanto capiamo il campione: si tratta di oltre 1000 azienda di varie tipologie in tutta Italia. Speriamo solo sia un campione rappresentativo. Si parte dal”clima di fiducia” che misura forse le belle speranze ma che è comunque positivo “Il migliore del settore agroalimentare”. Peccato ci si scontri subito con dati che, in confronto al settore industriale, pone nell’ultimo quinquennio le aziende agricole di capitali ad un livello molto più basso. Lo stesso praticamente avviene per le cooperative rispetto al corrispettivo industriale e quindi il quadro generale non si presenta certo roseo. Mentre si arriva al nocciolo del discorso (su un campione di 103 delle oltre 1000 regolarmente censite…quindi quanto valido??) penso che tra i dati precedenti e questi mi sembra di sentir parlare di un moribondo o comunque di uno attaccato per la vita ad una flebo gigante particolare, chiamata banca.

Ma facciamo finta che il moribondo sia in buona salute e veniamo alla comunicazione. Sempre In breve, oltre il 50% delle aziende investe in comunicazione. Più nel nord-est rispetto al resto d’Italia ma forse il dato è leggermente falsato perché in quella zona vi sono cooperative molto importanti. Comunque più al Nord che al centro ed al sud, con il sud che ha praticamente la stessa percentuale del centro Italia. Il Web è lo strumento più usato, anche perché (questo lo dico io ) è il più a buon mercato. Poi si punta sulle fiere nazionali ed internazionali e poi sulla pubblicità cartacea e  sulle degustazioni. Interessante il dato (che probabilmente dovrebbe essere sottoposto a forte riduzione ampliano il campione ) del 35% delle aziende che dispone di una struttura di comunicazione interna.

Insomma: a parte queste informazioni finali sulla comunicazione, che almeno fanno pensare ad aziende attive, il resto delle informazioni non mettono certo allegria. Il dato forse peggiore è il constatare quanto sia importante e pesante il cordone ombelicale che lega la stragrande maggioranza delle aziende agricole alle banche (anche nei primi 9 mesi del 2011 abbiamo avuto a livello nazionale un +6.5 di prestiti all’agricoltura e solo il Monte dei Paschi ha prestato, nella sola provincia di Siena circa 250 milioni di Euro)  con la paura che il questo cordone si trasformi in un cappio mortale.

Meglio forse ascoltare l’importatore cinese senza traduzione…

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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