Presentazioni guide: meno autocelebrazione e più informazione3 min read

I mesi di Ottobre e Novembre sono di massimo impegno per chi, come me, si occupa di comunicazione e marketing; sono infatti i mesi di uscita delle guide ai vini (pubblicate ormai in numero ragguardevole) e rappresentano un’occasione di bilancio per i produttori.

 

Come ogni anno si comincia con l’Espresso che presenta contestualmente la guida ai vini e quella ai ristoranti. Da notare due cose:

1. il livello di attenzione che l’editore riserva alla presentazione della guida ai vini rispetto a quella dei ristoranti è di 1 a 10.

2. La guida si presenta, quest’anno, come la più selettiva tra tutte, cioè quella che indica il minor numero di produttori.

 

Per quanto riguarda il primo punto mi permetto di dire “peccato”,  sia perché la degustazione dei tanti buonissimi vini che si svolge al termine delle premiazioni è veramente molto interessante, sia perché alla doppia premiazione partecipa la migliore ristorazione italiana al gran completo; un momento unico, un connubio che potrebbe essere utilizzato molto meglio da ristoratori e produttori. Per quanto riguarda la scelta di selezionare in modo così drastico il novero dei produttori, non so se sia premiante o meno, le vendite daranno la risposta.

 

E’ poi la volta del Gambero Rosso e di Massobrio con il suo Golosario, che si sono svolte rispettivamente il sabato e la domenica, la prima a Roma, la seconda a Milano, creando non poche difficoltà ai produttori coinvolti in entrambe. Lo so che quando si fissa una data non si può telefonare a tutte le altre guide per sapere se hanno già scelto lo stesso giorno o week end, però…

 

Seguono a ruota Cernilli (che quest’anno ha scelto la doppia presentazione: Roma e Milano) e Veronelli che ha scelto Siena.

 

Le Terme di Montecatini in occasione della fiera del libro dedicato al cibo hanno fatto da suggestiva platea per Slowine, mentre l’AIS ha scelto Milano in quanto prima sede in Italia mentre Franco Ricci con la sua Bibenda è storicamente e indissolubilmente legato a Roma e all’Hilton.

 

Ho parlato con colleghi e produttori e mi è sembrato di captare un bisogno comune: queste occasioni di presentazione delle guide, che vengono fatte da chi ha davanti il panorama viticolo italiano nella sua completezza come nessuno di noi ha, dovrebbero diventare occasione di confronto e/o di rendiconto della situazione generale del vino italiano.

 

Non basta affermare che il vino italiano sta sempre meglio perché la qualità continua a crescere; questo lo sappiamo o perlomeno ce lo immaginiamo e quindi casomai farebbe notizia sentirsi dire il contrario. Invece ci si aspetta qualcosa di più approfondito, non certo denominazione per denominazione, ma almeno regione per regione.

 

Cos’è che dobbiamo sapere sul vino italiano, nelle sue sfaccettature che noi comuni mortali (ma addetti ai lavori, che assaggiamo parecchio nell’arco dell’anno, ma non così tanto come loro) dovremmo conoscere? Cosa dobbiamo sapere per avere materia sulla quale discutere e per prendere le decisioni più sono idonee per le aziende?

 

Ecco, io questo mi aspetterei dalla presentazione di una guida, non la sfilata dei premiati  che come l’ha definita un arguto produttore: “sembra il passaggio del codice a barre” o la mera elencazione dei vini, ma un serio momento di verifica se non di tutti gli aspetti, almeno di qualcuno in particolare. Un tentativo l’hanno fatto sia Slow Food con un incontro dedicato alla comunicazione del vino senz’altro piacevole ma non particolarmente illuminante,e il Gambero Rosso con un blando tentativo di dire qualcosa sul piano commerciale almeno in alcuni paesi stranieri.

Però…. mi aspetto ancora di più! Diteci qualcosa, parlateci, dateci qualche indirizzo che poi ognuno deciderà se seguire o meno, ma almeno provate a darcelo! Se non lo fate voi chi è in grado di farlo?

Maddalena Mazzeschi

A 6 anni scopre di avere interesse per il vino scolando i bicchieri sul tavolo prima di lavarli. Gli anni al Consorzio del Nobile di Montepulciano le hanno dato le basi per comprendere come si fa a fare un vino buono ed uno cattivo. Nel 1991, intraprende la libera professione come esperto di marketing e pubbliche relazioni. Afferma che qualunque successo è dovuto alle sue competenze tecniche, alla memoria storica ed alle esperienze accumulate in 30 anni di lavoro. I maligni sono convinti che, nella migliore tradizione di molte affermate PR, sia tutto merito del marito! Per Winesurf si occupa anche della comunicazione affermando che si tratta di una delle sfide più difficili che abbia mai affrontato. A chi non è d’accordo domanda: “Ma hai idea di cosa voglia dire occuparsi dell’immagine di Carlo Macchi & Company?”. Come darle torto?


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  1. Ormai le guide sono quasi più numerose dei vini. Ognuna di esse costa come tre bottiglie di buon vino, alcune arrivano quasi al cartone . Ne vale la pena? Io non dico che le guide non servano a nulla e che non bisognerebbe farne più, ma certo sono troppe e troppo simili tra loro. Utili più ai produttori, che ormai fanno raccolta di premi e riconoscimenti , che ai consumatori, ai quali sarebbero almeno in principio indirizzate. Io credo che il consumatore non professionista abbia bisogno non solo di rintracciarvi etichette e punteggi, ma anche qualche utile riferimento per orientarsi nella conoscenza di territori e varietà  che conosce poco o per nulla. L’industria delle Guide potrebbe concepire una Guida che magari non esca ogni anno, ma ogni 3-4 e che assegni meno premi e distribuisca più conoscenza ai lettori per renderli più partecipi e in grado di scegliere loro i vini ?

  2. Caro Guglielmo, la questione è veramente complessa. Parlando con appassionati non italiani viene spesso fuori il concetto che per noi i libri sul vino sono solo le guide, mentre in altri paesi vengono scritti molti più libri monografici su territori, vitigni, produttori etc. Leggendo l’articolo di Maddalena mi è venuto in mente anche il nostro lavoro, che prevede ad ogni degustazione uno o due articoli per fare almeno un piccolo punto della situazione. Che dire…credo servano tutte e due le cose , forse fuse assieme. Certo è che di guide se ne vendono sempre meno ma non so quanto il pubblico gradirebbe libri di presentazione più approfondita dei territori. Torno all’inizio per ribadire che non è per niente facile trovare la quadra. Per quanto riguarda le presentazioni sono quasi sempre delle noiosissime e costosissime manifestazioni.

  3. Caro Carlo, cari tutti,, scusatemi se ritorno sull’argomento.
    Sà¬, la questione è complessa, ma davvero occorre una Guida tutti gli anni e tuttavia atemporale perché una prospettiva anche un po’ diacronica (il vino non cambia col tempo?) vi è del tutto assente ? Non sarebbe preferibile uno strumento che le persone possano espandere e sviluppare secondo i propri bisogni e le proprie esperienze? Siamo davvero sicuri che le persone non gradirebbero una Guida più orientativa e meno celebrativa? Le persone (parlo dei consumatori attenti, non dei professionisti) comprano vino nelle enoteche o altri luoghi specializzati e, quando ne hanno l’occasione, dai produttori. Nelle enoteche, generalmente, al di fuori della propria regione, le selezioni sono piuttosto banali e seguono le grandi marche : a che servono allora le Guide che segnalano piccoli produttori sardi o marchigiani introvabili al di fuori del proprio territorio? Dai produttori (in una gita fuori porta, magari in occasione di un viaggio) si comprano i vini che si possono assaggiare, non di rado delle ultime due-tre annate (almeno per alcuni tipi di vino). Compreremo un vino che ha avuto quest’anno i tre bicchieri (magari in una vendemmia scarsetta) o i due nella vendemmia di due anni fa (oggi molto più interessante)? Ci fideremo del nostro palato oppure daremo credito alle gerarchie (peraltro molto mutevoli: avete mai calcolato un indice di coerenza tra le valutazioni ricevute?) delle Guide? Non sarebbe più utile che apprendere dei criteri valutativi che ci consenta di scegliere i vini più adatti a noi e alle nostre abitudini di consumo del vino? Sà¬, da noi si pubblicano solo Guide e pochissimi libri di inquadramento. Non sarà  un caso che la conoscenza dei vini nel nostro paese non cresca significativamente, al di là  delle apparenze, nonostante si pubblichi un numero di Guide superiore a quello della Francia. Altrimenti non capiterebbe (capita, capita), che in una degustazione “professionale” di vini della Borgogna, qualcuno, dopo aver saltato tutti i villages e i premiers cru, perché li ritiene non interessanti, chieda al produttore che un Chevalier-Montrachet è fatto “con il Sauvignon, vero?”.

  4. Caro Guglielmo fai bene a tornare sull’argomento perchè una discussione in tal senso potrebbe veramente aprire molti occhi. hai ragioni da vendere e il fatto che le guide italiane perdano sempre più proseliti è anche (e soprattutto?) in quello che dici. Ci vorrebbe coraggio e un editore lungimirante anche solo per un progetto sul web che vada nella direzione di “non pescare i pesci per chi ha fame ma insegnargli a pescare”. In effetti il mondo delle guide propone pesci ma pochi insegnamenti per chi vuol fare il pescatore, per chi vuole approfondire questo mondo per poi andare avanti col suo palato. Forse è un mercato troppo di nicchia, forse manca il coraggio, forse tutti e due, ma una cosa è sicura: le guide servono sempre a meno, specie se solo in italiano, specie se fatte con mentalità  italica. Chiudo come prima: è un discorso difficile….. ma provare a farlo è l’unica strada per il futuro.

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