Pisa Food & Wine Festival: sagra o manifestazione?4 min read

Dal 12 al 14 dicembre, alla Stazione Leopolda di Pisa, si è svolta la terza edizione del  Pisa Food&Wine Festival,  kermesse enogastronomica che ha visto coinvolti una cinquantina di produttori di vino, formaggi, salumi, olio, miele, e pane  provenienti da tutto il territorio intorno a Pisa.

 

Molto carina la location, con un unico ma grosso neo in quello che potrei definire “l’alternanza di generi”, per cui mentre degustavi un vino sentivi l’aroma di formaggio o di tartufo o di qualche altro prodotto presentato dal produttore a fianco.

 

Anche lo spazio riservato allo show cooking, novità di questa edizione, era separato dal resto dell’esposizione solo da alcune piante per cui gli effluvi della cucina durante le esibizioni raggiungevano, non sempre graditi, le narici degli espositori ma soprattutto dei visitatori magari in quel momento impegnati proprio a degustare un vino. Insomma, se si vuole che il vino sia protagonista lo si deve trattare come tale.

 

Fitto il programma delle degustazioni e degli incontri tematici, che si tenevano su prenotazione in una saletta al piano superiore.

 

Per quanto riguarda i vini, oltre alle cantine che hanno deciso di essere presenti con un responsabile aziendale, c’era la possibilità di degustare altri vini della zona presentati in un unico banco da un sommelier FISAR della delegazione di Pisa. Senza niente togliere alla professionalità del collega, peraltro in difficoltà a proporre i (fortunatamente) pochi vini bianchi e rosati assolutamente fuori temperatura per totale assenza di ghiaccio o glacette,  ho trovato più interessante incontrare e conoscere i produttori presenti.

 

Tra le aziende che conosco da tempo e che certo non hanno bisogno di presentazione c’è sicuramente Caiarossa, mentre tra le aziende “emergenti” sono rimasta colpita, per motivi diversi, da tre produttori di Volterra e dalla collaborazione tra loro.

 

Il primo che incontro è Francesco Pepi. Un ragazzo poco più che trentenne di cui ho apprezzato  la vitalità, la simpatia, la passione e l’entusiasmo. Mi racconta che dopo la laurea in agronomia ha deciso, con l’aiuto dei genitori, di comprare 3 ettari  di terra da coltivare a vite per poi produrre vino. Sceglie di impiantare cloni di Sangiovese, Montepulciano, Ciliegiolo e Colorino acquistati all’università di Pisa su due ettari e di dedicare il terzo al Vermentino. Dà poi un nome che sa di antico all’azienda, Terre de’ Pepi,  ed inizia a produrre un Rosso IGT Toscana di tutto rispetto. Al naso frutti rossi e note floreali, in bocca un tannino morbido ed elegante.

 

Il secondo produttore, sempre giovane, è Alessio Bernini, che mi racconta invece di aver deciso di abbandonare la carriera di avvocato per dedicarsi alla gestione di un agriturismo (Podere il Mulinaccio) e alla produzione di olio e vino. Produce un vino rosso a base Sangiovese che vende principalmente agli ospiti dell’agriturismo, al quale ha dato il nome del figlio Cosimo. Mi racconta che c’è una grande collaborazione tra le piccole aziende di Volterra e che Francesco (Pepi) e Mario (Busato, che incontrerò poco dopo) sono amici prima che colleghi: tra loro si scambiano pareri, suggerimenti e consigli senza alcuna gelosia e concorrenza.

 

Alla fine incontro Mario Busato, appunto,  che dopo aver lasciato il Belgio ha deciso, d’accordo con la moglie, di acquistare e gestire un agriturismo dal nome fiabesco, Il Rifugio dei Sogni, producendo anche vino e olio.

I vini hanno nomi ed etichette molto particolari che dobbiamo alla fantasia  ed alla matita della signora la quale “battezza” i vini e disegna le etichette. Qualche esempio: Anima, un cabernet sauvignon in purezza; Goccia Volterrana, un uvaggio di sangiovese, canaiolo e cabernet sauvignon; Incanto, un rosato da cabernet sauvignon; Alter Ego, uno chardonnay in purezza.

 

La mia giornata si conclude con la partecipazione ad una degustazione guidata di vini biologici e biodinamici. Interessante il metodo: due degustazioni, entrambe di tre vini, un biologico, un biodinamico, un cosiddetto “convenzionale”. Entrambe cieche. Ma mentre della prima ci hanno detto quale tipologia ci veniva servita e quindi potevamo trovare pregi e difetti e fare confronti, della seconda non ci hanno detto quale vino era prodotto convenzionalmente, quale biologicamente e quale invece era biodinamico. Interessanti anche gli interventi dei relatori e il dibattito che ha seguito la degustazione. Una segnalazione su tutte: la stravaganza, nell’accezione più positiva del termine, dell’agronomo enologo Filippo Ferrari, sostenitore agguerrito del biologico e biodinamico.

 

Esco stanca ma soddisfatta, ancora avvolta da un mix di profumi ed aromi che si mescolano nell’aria come nelle migliori feste di paese. Ecco, forse il salto di qualità che potrebbe fare la manifestazione è quello di svestire i panni poco adatti di sagra per indossare quelli di rassegna enogastronomica, iniziando intanto col dividere e distribuire gli spazi espositivi con altri criteri. Arrivederci all’anno prossimo per  la quarta edizione.

 

Tiziana Baldassarri

Ho due grandi passioni: il mare ed il vino. La prima mi fa vivere, la seconda gioire. Dopo il diploma di aspirante al comando di navi mercantili ho lavorato nella nautica sia in terra che in mare per poi approdare a scuola, dove sono assistente tecnico mentre dopo il diploma di sommelier ho partecipato attivamente alla vita di FISAR  facendo servizi, curandone i corsi come direttore e ricoprendo cariche istituzionali.

Ma la sublimazione assoluta della passione enologica è arrivata con l’arruolamento nell’esercito di winesurf dove degusto divertendomi  e mi diverto degustando, condividendo sia con gli altri “surfisti” sia con coloro che ci seguono, le onde emozionali del piacere sensoriale.


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